- L’Italia ha bisogno di almeno 120 milioni di dosi: è questa la cifra base perché l’intera popolazione, con due iniezioni a persona, sia coperta contro il virus. Al momento l’unico siero in commercio è quello di Pfizer, in attesa di Moderna la cui approvazione potrebbe arrivare il 6 gennaio.
- Il nostro paese è direttamente coinvolto nella produzione di due vaccini: quello di AstraZeneca, con l’università di Oxford e l’Irbm di Pomezia, e quello dell’italo-svizzera ReiThera.
- Il primo, però, ha subito rallentamenti e per l’Ema non sarà approvato entro gennaio. Il secondo, invece, è ancora alla Fase 1 di sperimentazione e secondo Locatelli (Css) arriverà «in estate». Troppo tardi, se vogliamo rispettare dosi e tempi del piano vaccinale.
L’Italia ha bisogno di almeno 120 milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19: è questa la cifra base perché l’intera popolazione, con due iniezioni a persona, sia coperta contro il virus. Al momento, l’unico siero che ha superato tutte le fasi di sperimentazione, di approvazione e immissione sul mercato è quello messo a punto da Pfizer-Biontech, somministrato in tutta Europa a partire dal 27 dicembre con quote ripartite – eccezion fatta per la Germania che parallelamente ha siglato un accordo bilaterale con l’azienda – secondo gli accordi presi in seno all’Unione europea. L'Italia riceverà nel complesso 26,92 milioni di vaccino Pfizer-Biontech, di cui 8,749 milioni nel primo trimestre. Ma per arrivare all’obiettivo, tracciato ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza, di avere 13 milioni di immunizzati entro il 1° aprile, sarà necessario l’apporto di altri vaccini. Quello di Moderna, per la cui approvazione l’Ema si riunisce il 6 gennaio, ma non solo. Ed è qui che entra in ballo il vaccino italiano.
Il nostro paese è direttamente coinvolto nello studio di due vaccini. Il primo, il più noto, è quello messo a punto dalla britannica AstraZeneca e dall'Università di Oxford, in collaborazione con l’Irbm di Pomezia. Il secondo, invece, è tutto italiano ed è dell’azienda bio-tecnologica ReiThera. Per cause diverse, tuttavia, la loro approvazione e la conseguente immissione in commercio è ancora molto lontana. Intoppi e ritardi che rischiano di mettere a repentaglio il piano vaccinale: se non arriveranno tutte le dosi promesse nel tempo previsto, infatti, a un certo punto la somministrazione del siero rallenterà inevitabilmente.
Astrazeneca
Da AstraZeneca dipenderà quasi il 60 per cento delle dosi previste per i primi tre mesi del 2021. L’azienda britannica fornirà, secondo gli accordi, 40 milioni di dosi all’Italia in tutto il 2021, 400 milioni a tutta Europa (sia Pfizer che Moderna, invece, ne garantiscono 300 milioni a livello comunitario). Si tratta, dunque, di una fetta importantissima di antidoto contro il Covid-19, su cui il nostro paese ha da tempo scommesso. Tuttavia, le ultime notizie che arrivano dall’Ema non fanno ben sperare.
Stamattina, infatti, il vicedirettore esecutivo dell'Agenzia europea per i medicinali, Noël Wathion, intervistato dal quotidiano belga Het Nieuwsblad ha detto che è «improbabile» che il vaccino venga raccomandato per l'approvazione nel mese di gennaio. «Al momento – ha aggiunto – AstraZeneca ha fornito solo dati sui propri studi clinici all'Agenzia e questi non sono sufficienti» per concedere un'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata. Wathion, infine, ha spiegato che AstraZeneca deve ancora presentare una domanda formale, altra condizione necessaria per dare il via libera al vaccino.
L’annuncio dell’Ema è stata una vera e propria doccia gelata, soprattutto se consideriamo che solo pochi giorni fa – anche in vista di una imminente approvazione in Regno Unito – l’amministratore delegato di AstraZeneca, Pascal Soriot, aveva espresso ottimismo in un’intervista al Sunday Times, spiegando che il siero è «efficace al 95 per cento ed è in grado di eliminare al 100 per cento» i sintomi gravi che portano ai ricoveri per Covid-19.
La sperimentazione del vaccino di AstraZeneca, in questi mesi, ha avuto parecchi rallentamenti. Prima, dopo pochi giorni dall’inizio dei test, un volontario aveva presentato effetti collaterali ritenuti gravi e pertanto c’era stato un primo stop. A novembre, poi, si è scoperto che l’efficacia del siero varia a seconda del quantitativo iniettato: per errore, infatti, ad alcuni partecipanti è stata iniettata una quantità leggermente inferiore e, sorprendentemente, il risultato era stato una maggiore protezione. Un “errore positivo” su cui l’Ema ha deciso di chiedere ulteriori dati e documenti ad AstraZeneca, rallentandone l’iter. L’efficacia del vaccino, nei test, è stata al 90 per cento esclusivamente tra gli under 55 (70 per cento per gli over): una fascia di popolazione troppo ristretta, motivo per cui l’Ema ha chiesto di lavorare ulteriormente sulla formula.
Il vantaggio del vaccino Astrazeneca, rispetto ad esempio a quello di Pfizer-Biontech, è che è più facile da trasportare e meno costoso. A differenza della formula americana, che va conservata a -70 gradi per mantenere la sua efficacia, quello britannico-italiano può essere mantenuto alla temperatura di frigorifero per almeno sei mesi. Di conseguenza, il trasporto sarebbe molto più agibile e non si configurerebbero i problemi logistici di queste settimane. Anche il costo è decisamente inferiore: si parla di massimo 2,80 euro a dose, contro i 12 euro di Pfizer e i 14,68 di Moderna.
ReiThera
Il secondo vaccino, stavolta made in Italy, è quello dell’azienda bio-tecnologica italo-svizzera ReiThera e si chiama GRAd-COV2. Tuttavia, il siero è ancora nella Fase 1 della sua sperimentazione: l’ultimo aggiornamento sullo studio clinico del siero, condotto insieme all’Istituto Spallanzani di Roma, ha dato esiti incoraggianti. Ma si tratta, ancora, di uno stadio embrionale dell’iter, visto che nella Fase 1 il farmaco viene somministrato a poche decine di persone.
«Lo studio di fase 2/3 potrebbe essere avviato a gennaio e il tempo stimato per avere i primi risultati dipenderà dalla velocità di arruolamento dei volontari e dall’andamento dell’epidemia. È difficile fare stime precise delle tempistiche», ha detto Antonella Folgori, amministratore delegato di ReiThera, in un’intervista a StartUp Italia.
Qualche giorno fa, sul vaccino italiano è intervenuto anche il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli: «Tutti i vaccini hanno requisiti di sicurezza ma anche di efficacia, quelli di Pfizer e quello di Moderna sono elevati. Quello italiano ha finito la Fase 1 e i dati sono promettenti per sicurezza e risposta immunologica senza differenza fra anziani e giovani e molto buona e superiore rispetto a quella dei soggetti guariti». Poi, Locatelli ha fatto una previsione: «Entro l'estate potremmo avere anche il vaccino italiano».
Il farmaco di AstraZeneca, dunque, arriverà almeno a febbraio. Quello di ReiThera ancora dopo, almeno in estate. Ma mentre si allunga l’orizzonte temporale per l’uscita di nuovi vaccini contro il Covid-19, che permettano a tutti i paesi europei e non solo di immunizzare il maggior numero di cittadini puntando all’immunità di gregge (70 per cento della popolazione), il Coronavirus continua a correre.
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