Le due nuove varianti si diffondono a grande velocità. Gli anticorpi sono meno efficaci per effetto delle ultime mutazioni e il virus attacca più facilmente i polmoni
Anche in Italia, come nel resto del mondo, da qualche settimana stanno aumentando in maniera preoccupante i contagi di Covid, alimentati dalle nuove varianti. Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità relativo alla settimana dal 31 agosto al 6 settembre riferisce che i nuovi casi di Covid sono passati dai 14.863 della scorsa settimana ai 21.309 di questa, pari a un più 44 per cento, mentre l’incidenza settimanale dei casi ogni 100mila abitanti da 25 è salita a 36.
I tassi di malattia grave – che richiedono il ricovero in ospedale o in terapia intensiva, o portano al decesso del paziente – sono stabili o in lieve crescita in tutte le fasce di età. I ricoveri in ospedale causati dal Covid sono saliti di poco – questa settimana rappresentano il 3 per cento dei ricoveri totali contro il 2,7 per cento di quella precedente -, e così pure i ricoveri per Covid in terapia intensiva - 0,6 per cento rispetto allo 0,4 per cento della scorsa. Aumentano nettamente i decessi, che sono stati 94 rispetto ai 65 di una settimana fa.
L’indice di contagio, Rt, è pari all’1,12, sopra la soglia epidemica di 1, il che significa che l’epidemia è in espansione. Gran parte di questi nuovi contagi sono dovuti alla rapida diffusione della nuova variante EG.5.1, che è in breve tempo è diventata dominante ed ora rappresenta il 41,9 per cento dei casi.
La situazione in Italia è da tenere sotto controllo con attenzione. Le due varianti ora in circolazione - la variante EG.5.1, denominata Eris, e la variante BA.2.86, denominata Pirola – si stanno diffondendo a gran velocità perché sono entrambe altamente immuno-evasive, ma paiono provocare una malattia meno grave del passato, soprattutto grazie al fatto che gran parte degli infetti sono ormai vaccinati.
Mutazioni pericolose
Gli scienziati lo avevano previsto. Quando, poche settimane fa, è comparsa la variante BA.2.86, che discenda da BA.2 ma rispetto a questa ha accumulato 34 nuove mutazioni nella sua proteina spike, gli scienziati si erano preoccupati. Ma si erano allarmati molto di più quando è comparsa la variante Eris, a maggio scorso.
In realtà, il vero nome di EG.5.1 sarebbe XBB.1.9.2.5.1, che indica che questa variante è figlia della sottovariante di Omicron denominata XBB. XBB ha accumulato una trentina di mutazioni che hanno dato origine ad una serie di sotto-varianti, fino a EG.5, che dopo una ulteriore doppia mutazione ha generato EG.5.1, cioè Eris.
La doppia mutazione di EG.5.1, denominata L455F + F456L, è piuttosto preoccupante perché interessa due aminoacidi adiacenti all’interno del dominio di legame con il recettore della proteina Spike- quello che il coronavirus utilizza per legarsi alle cellule umane per poi infettarle. Normalmente le mutazioni riguardano solo un aminoacido alla volta della proteina Spike, il che modifica poco la sua struttura, e quindi il virus che possiede quella proteina Spike può ancora essere riconosciuto ed aggredito dagli anticorpi e dai linfociti T indotti dai vaccini di vecchio tipo.
Invece, la variante EG.5.1 possiede due mutazioni in due aminoacidi adiacenti della proteina Spike, che modificano in misura maggiore la sua struttura: perciò, questo nuovo virus che la porta sulla membrana potrebbe non essere riconosciuto ed inattivato dagli anticorpi e dai linfociti T indotti dai vaccini di vecchio tipo. In altre parole, un virus con una doppia mutazione ravvicinata può sfuggire al vaccino meglio di un virus con una mutazione singola.
Ci dobbiamo preoccupare di queste due nuove varianti – BA.2.86 e soprattutto EG.5.1.? Negli ultimi giorni sono usciti sei nuovi studi che ci aiutano a comprendere meglio la situazione.
Partiamo dalla buona notizia. Il primo studio è stato postato online sotto forma di preprint (il che significa che non è stato ancora esaminato da scienziati indipendenti e anonimi che devono valutare la bontà del lavoro e non è stato ancora accettato da nessuna rivista scientifica), e si intitola «Sicurezza ed immunogenicità di vaccini a mRNA contenenti XBB.1.5».
Vaccino pronto
Un gruppo di ricercatori che lavorano per la compagnia farmaceutica Moderna, guidati da Spyros Chalkias, ha testato su un centinaio di volontari il nuovo vaccino contenente la proteina spike di XBB.1.5 prodotto dalla loro azienda, in commercio negli Usa tra due settimane, e hanno dimostrato che esso induce un ottimo livello di anticorpi in grado di neutralizzare le varianti XBB.1.5 e BA.2.86, che circolavano fino a poco tempo fa, ma anche le varianti EG.5.1, ora prevalente, e FL.1.5.1. Quindi, se avremo bisogno di fare un richiamo contro il nuovo virus, abbiamo già pronto un vaccino.
Un gruppo di scienziati guidati professor Yunlong Cao, dell’Università di Pechino, ha studiato le proprietà di EG.5.1 e ha trovato che la doppia mutazione a livello del dominio di legame col recettore della proteina Spike – che il coronavirus utilizza per legarsi ai recettori ACE2 presenti sulle cellule delle nostre vie aeree e dei nostri polmoni per infettarle – ne ha modificato la struttura in maniera profonda aumentando la sua affinità per il recettore ACE2, e così EG.5.1 ha acquisito la capacità di legarsi più saldamente alle nostre cellule del naso, cosa che la rende molto più contagiosa, e di infettare più facilmente le nostre cellule polmonari, cosa che la rende capace di attaccare i polmoni e di provocare una malattia più seria.
Inoltre, EG.5.1 ora riesce a sfuggire agli anticorpi e all’immunità indotta dai vaccini di vecchio tipo molto più delle varianti precedenti. Il gruppo di Cao ha dimostrato che la variante BA.2.86 - e presumibilmente anche EG.5.1- sfuggono anche agli anticorpi prodotti dall’infezione con XBB, che circolava fino a pochi mesi fa: ciò significa che chi ha avuto il Covid di recente potrebbe non essere protetto contro EG.5.1 e riammalarsi di nuovo.
Anticorpi spiazzati
Un altro gruppo di scienziati dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, guidati da Ben Murrell, nel preprint dal titolo «Sensibilità di BA.2.86 alle risposte anticorpali prevalenti», mostra che la nuova variante BA.2.86 ora circolante sfugge agli anticorpi monoclonali prodotti finora e alla immunità naturale acquisita grazie a vaccini o infezioni precedenti.
Altri ricercatori dell’Ospedale Beth Israel di Boston in un loro preprint dimostrano che la variante BA.2.86, anche se possiede una proteina spike piena di nuove mutazioni, non pare essere tanto immuno-evasiva da destare preoccupazione, mentre la variante FL.1.5.1 – e probabilmente anche EG.5.1 ad essa affine –riescono a sfuggire quasi del tutto agli anticorpi neutralizzanti indotti da vaccini o da infezioni precedenti. Il gruppo di ricercatori dell’Università di Tokyo, guidato da Key Sato, ha pubblicato lo studio che dipinge gli scenari più pessimistici.
Nel loro preprint, intitolato «Trasmissibiltà, infettività, e resistenza immunitaria della variante del SARS-CoV-2 BA.2.86», affermano: «I nostri risultati suggeriscono che la variante BA.2.86 sia una delle varianti più altamente immuno-evasive mai comparse». E la variante EG.5.1 lo è ancora di più. La variante BA.2.86 è in grado di sfuggire agli anticorpi ma fortunatamente non sembra avere una grande infettività; invece la variante EG.5.1 ha una grande capacità di sfuggire agli anticorpi ed è pure molto infettiva.
Infine, i ricercatori guidati da Alex Sigal, dell’Università di Durban, in Sud Africa, hanno trovato che la variante BA.2.86 non sembra così immuno-evasiva quanto è parsa ad altri gruppi.
Invece, EG.5.1, cioè Eris, preoccupa molto di più. Se ne sono accorti negli Usa, dove si registrano circa 580.00 nuovi casi al giorno, quasi tutti provocati da Eris. Noi in Italia dobbiamo sorvegliare attentamente la situazione, ma possiamo stare tranquilli perché, se fosse necessario, abbiamo già i vaccini pronti per inocularci un richiamo, cosa che dovrebbero fare assolutamente tutte le persone a rischio e sopra i 65 anni di età.
© Riproduzione riservata