Cibo scadente e maleodorante, servizi sanitari, legali e di mediazione culturale assenti. I finanzieri hanno indagato il gestore del Cpr e l’amministratrice della società che si è aggiudicata l’appalto pubblico
Da questa mattina sono in corso una serie di perquisizioni nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Milano in via Corelli. I finanzieri del Comando provinciale di Milano hanno perquisito la sede e acquisito documenti. Ipotizzano frodi nelle pubbliche forniture e turbativa d’asta per mano della società che gestisce il centro. Sono state notificate anche le informazioni di garanzia sia per responsabilità personali che amministrative. Al momento sono due gli indagati: Alessandro Forlenza e Consiglia Caruso, rispettivamente gestore del Cpr e amministratrice della società Martinina Srl. Secondo gli inquirenti chi gestiva il centro lo faceva al risparmio non adempiendo alle condizioni dell’appalto aggiudicato il 10 ottobre del 2022.
I servizi mancanti
Secondo i finanzieri, Forlenza e Caruso simulavano la presenza di una serie di servizi pattuiti in sede contrattuale con la prefettura di Milano per gestire il Cpr, che in realtà erano assenti o comunque eseguiti in maniera insufficiente. Era assente, per esempio, il servizio di mediazione culturale e di supporto legale. Secondo quanto si legge nei documenti della guardia di finanza «L’informazione legale, a detta del direttore, viene fornita direttamente da lui, e non ci sono stati mostrati opuscoli di rito (né la carta dei diritti né quello sulla protezione internazionale)».
A livello sanitario la situazione era disastrosa: mancavano i medicinali, il presidio sanitario era «gravemente deficitario», le visite specialistiche venivano eseguite raramente, «perché il gestore non pagava il ticket», si legge nei documenti, e il servizio psicologico era insufficiente. Le visite di idoneità al trattenimento, necessarie per capire se le condizioni psicofisiche di una persona siano o meno compatibili con la comunità ristretta, risultano dalle carte «assolutamente carenti: ospiti affetti da epilessia, epatite, tumore al cervello, gravi patologie psichiatriche».
I gestori lucravano anche sul cibo, spesso «maleodorante, avariato o scaduto» secondo la guardia di finanza. Inoltre, l’unica pulizia del centro che veniva eseguita era quella per le parti comuni.
I finanzieri contestano ai due indagati anche la produzione di documenti contraffatti presentati in sede di offerta tecnica per l’aggiudicazione dell’appalto. Tra questi figuravano, tra gli altri, presunte convenzioni con il Centro islamico italiano, protocolli con la comunità pastorale, contratti con società di distributori automatici.
Un’inchiesta di Altreconomia, pubblicata lo scorso 15 novembre, aveva rivelato infatti che Martinina Srl, nell’offerta tecnica presentata alla Prefettura nella gara di appalto, aveva allegato protocolli con organizzazioni della società civile con firme che sarebbero state false. Accordi che avrebbero dovuto garantire «attività ludico-ricreative, per “impegnare le giornate degli ospiti e rendere più piacevole il trascorrere del tempo”, cineforum, laboratori di teatro, musicali, sport. Addirittura “campagne di prevenzione della salute”», scriveva Altreconomia. Nel protocollo con la cooperativa sociale Befree, che si occupa di sostegno delle vittime di violenza e di tratta e che dichiara di non aver firmato alcuna intesa, il nome del legale rappresentante era errato, così come il codice fiscale. La firma presente nel patto con la società sportiva Scarioni 1925 era dell’ex presidente, morto nel febbraio 2020. Altre associazioni e organizzazioni hanno poi dichiarato di non aver mai siglato alcun accordo.
L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione ha inviato inoltre una segnalazione all’Anac «chiedendo di attivare i propri poteri in materia di vigilanza sui contratti pubblici», per rilevare se ci siano stati «inadempimenti del contratto di appalto, servizi non erogati» e per capire le responsabilità per «mancato controllo» della Prefettura, responsabile legale della struttura con obblighi di vigilanza.
Il piano del governo
L’operazione di questa mattina pone dubbi sulla fattibilità del piano dell’esecutivo guidato dalla premier Giorgia Meloni che ha l’obiettivo di dare vita a un Cpr per ogni regione per la gestione dei migranti. Le indagini giudiziarie più volte hanno mostrato come siano delle strutture dove alle problematiche legate al rispetto dei diritti delle persone si sommano questioni di natura economica e finanziaria con società private che provano a lucrare sul sistema della detenzione amministrativa.
Il Cpr di Milano è tra le strutture che il governo ha intenzione di ristrutturare nei prossimi mesi per dare seguito al suo piano. Intanto sono iniziati i lavori per riassestare il centro di permanenza per il rimpatrio di Torino. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha detto che per ora il Viminale ha individuato dieci siti dove far sorgere le strutture nonostante le opposizioni dei sindaci locali.
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