La malattia circola in Italia da molti anni e l’istituto superiore di sanità la monitora e, anche se i casi sono in aumento, per gli esperti sottolineano che nella maggior parte dei casi è innocua
L’ultima vittima della Febbre del Nilo, la malattia derivata dall’infezione del virus West Nile, che si diffonde con la puntura della zanzara, è un bresciano residente a Cigole. Era uno dei due pazienti più gravi dei quattro casi registrati nell’area attorno a Brescia ed era ricoverato in ospedale.
Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, che monitora settimanalmente l’andamento del contagio da West Nile, nell’ultima settimana sono saliti a 144 i casi complessivi registrati della malattia da giugno scorso. Cinquanta in più rispetto ai 94 registrati la settimana scorsa. Rispetto alla settimana scorsa, quando i decessi erano stati sette, con i morti di questa settimana si arriva a 11 decessi.
Su 144 casi:
- 87 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva: 22 in Emilia-Romagna, 50 in Veneto, 8 in Piemonte, 5 in Lombardia e 2 in Friuli-Venezia Giulia.
- 23 sono i casi identificati in donatori di sangue: 3 in Lombardia, 11 in Veneto, 6 in Emilia-Romagna, 3 in Piemonte.
- 33 casi di febbre: 1 in Piemonte, 3 in Lombardia, 27 in Veneto, 2 in Emilia-Romagna e 1 caso sintomatico in Veneto
Le vittime invece sono state: sei in Veneto, due in Piemonte, e uno in Lombardia e in Emilia-Romagna. Registrati anche due casi asintomatici di Usutu virus in Italia in Friuli-Venezia Giulia.
L’origine della malattia
West Nile è stato isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda. La malattia è diffusa praticamente in tutto il mondo anche se non è particolarmente contagiosa, infatti si prende solo tramite la puntura della zanzara “Culex” e non tramite il contatto con un contagiato. In Italia, il ministero della Salute ha attivato un piano di sorveglianza sulla malattia a partire dal 2002. I primi casi si erano registrati nell’estate del 1998, tra i cavalli nell’area di Padule di Fucecchio, in Toscana.
Roberto Cauda, direttore dell’unità malattie infettive del Policlinico Universitario Agostino Gemelli e ordinario di malattie infettive presso l’Università Cattolica di Roma, sottolinea come la malattia in realtà «è una patologia che nella stragrande maggioranza dei casi non presenta forme gravi», Il medico ribadisce che è comunque necessario tenerla sempre monitorata. E sottolinea che «bisogna chiarire che non stiamo parlando di una malattia grave come Covid-19» e può rappresentare una minaccia solo per persone con un sistema immunitario molto debilitato e patologie mediche pre-esistenti.
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