- Aitala è presidente della sezione istruttoria, l’ufficio che valuta le prove presentate dalla procura e cristallizza quelle che rischiano di scomparire. L’interesse del Cremlino di sabotare questa istruttoria è provato.
- A Domani spiega come nasce e si conduce un’indagine sui crimini internazionali. Sul conflitto in corso in Ucraiana non può sbilanciarsi. Ma sul ruolo dei mercenari presenti anche in quell’area dice: «Servono a porre uno schermo fra i governi e gli autori materiali delle violenze, in modo tale da non ricondurre le seconde a una strategia cinica dei primi».
- L’ultima indagine in corso, invece, sui crimini di guerra commessi dai russi in Ucraina dopo l’invasione di febbraio scorso si innesta su un procedimento avviato nel 2014, dopo la rivolta di piazza Maidan a Kiev e l’inizio del conflitto nella regione del Donbass tra le forze armate ucraine e le milizie filorusse delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Ora con l’aggressione decisa da Putin l’inchiesta ha subito un’accelerazione. C’è da dire però che l’istruttoria attuale così come quella iniziata otto anni fa riguarda eventuali crimini commessi da chiunque in Ucraina, sia da parte ucraina oltreché da parte russa a partire dal 2014.
Dal 2018 è uno dei diciotto giudici della corte penale internazionale dell’Aia, eletto per un mandato di nove anni. Dovrà valutare insieme ad altri due giudici le prove dei crimini internazionali commessi in Ucraina dall’esercito russo invasore per conto di Vladimir Putin. Rosario Aitala parla poco in generale, riservato da sempre, fin dall’inizio della sua carriera in magistratura.
Ha lavorato su mafie e terrorismi, collaborato con molti organismi internazionali, è stato consigliere per gli affari internazionali di Pietro Grasso, all’epoca in cui era presidente del Senato, insegna alla Luiss. Oggi, però, la sua riservatezza è accentuata dalla delicatezza del materiale trattato, delle troppe antenne russe pronte a interferire sulle indagini sui massacri perpetrati contro i civili in Ucraina.
Aitala è presidente della sezione istruttoria, l’ufficio che valuta le prove presentate dalla procura e cristallizza quelle che rischiano di scomparire. L’interesse del Cremlino di sabotare questa istruttoria è provato. I servizi segreti olandesi hanno scovato un infiltrato russo tra i tirocinanti in procinto di prendere servizio presso l’organismo giudiziario. Ufficialmente un brasiliano, lo spione era stato per oltre dieci anni un agente dormiente del famigerato Gru, le pericolose spie militari di Putin, ed era stato attivato dopo l’apertura delle indagini.
A Domani spiega come nasce e si conduce un’indagine sui crimini internazionali. Sul conflitto in corso in Ucraiana non può sbilanciarsi. Ma sul ruolo dei mercenari presenti anche in quell’area dice: «Servono a porre uno schermo fra i governi e gli autori materiali delle violenze, in modo tale da non ricondurre le seconde a una strategia cinica dei primi».
Non è la prima volta che la corte si occupa di crimini russi o filorussi.Lo ha fatto per il conflitto in Georgia del 2008. A marzo 2022, a pochi giorni dall’inizio della guerra di invasione russa, il procuratore ha chiesto alla corte tre mandati di cattura per altrettanti separatisti russi ai vertici del potere. Svelando anche il ruolo di un generale delle forze armate russe.
L’ultima indagine in corso, invece, sui crimini di guerra commessi dai russi in Ucraina dopo l’invasione di febbraio scorso si innesta su un procedimento avviato nel 2014, dopo la rivolta di piazza Maidan a Kiev e l’inizio del conflitto nella regione del Donbass tra le forze armate ucraine e le milizie filorusse delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Ora con l’aggressione decisa da Putin l’inchiesta ha subito un’accelerazione. C’è da dire però che l’istruttoria attuale così come quella iniziata otto anni fa riguarda eventuali crimini commessi da chiunque in Ucraina, sia da parte ucraina oltreché da parte russa a partire dal 2014.
Giudice Aitala, ci conferma che l’indagine riguarda tutti i crimini commessi dal 2014 a oggi e da chiunque?
Non commento procedimenti in corso.
D’accordo, ma quand’è che interviene la Corte internazionale?
Quando gli stati non vogliono o non possono procedere. O perché riluttanti, per esempio quando sono coinvolti apparati statali. Lo stato non può processare sé stesso, diceva Sciascia. O quando uno stato non è in grado di condurre indagini e processi per via di conflitti o non può garantire la sicurezza e la serenità dei processi: è il caso della maggior parte dei procedimenti della Corte in cui sono gli stessi stati a chiederci di indagare, penso al Mali, la repubblica Centroafricana, la Costa d’Avorio, l’Uganda. Ancora, quando il procedimento dello Stato territoriale è intrapreso strumentalmente, per proteggere qualcuno dalla Corte o è condotto da giudici non indipendenti».
La guerra non è un crimine in sé? A pagare sono i civili.
Per il diritto internazionale la guerra a certe rigorose condizioni non è di per sé illegale, deve rispettare regole formatesi nel tempo per fissare le modalità con cui i conflitti possono essere condotti – per esempio il divieto delle armi batteriologiche e chimiche o l’uso dei bambini soldato – e le categorie di persone e di beni protetti dalla violenza armata. Le violazioni più gravi costituiscono crimini di guerra. È un crimine colpire deliberatamente persone estranee alle ostilità e beni come abitazioni, ospedali, istituzioni di carattere culturale, i monumenti».
Su quali crimini potete indagare?
Oltre ai crimini di guerra, la corte ha giurisdizione sui crimini contro l’umanità, le atrocità commesse da governi e milizie anche contro la propria popolazione. La categoria è nata ai tempi del tribunale di Norimberga per perseguire i nazisti per le vessazioni e lo sterminio degli ebrei tedeschi. Poi c’è il genocidio, l’intento di distruggere un gruppo nazionale, etnico o religioso. Infine c’è l’aggressione: la guerra illegale, mossa contro le regole del diritto internazionale, contro la carta delle nazioni unite. Sull’aggressione alcuni stati, fra cui Stati Uniti, Francia e Regno Unito, hanno voluto limitare la giurisdizione della corte. Così hanno reso quasi impossibile perseguirla».
Spesso, però, non potete intervenire.
La giurisdizione ordinariamente riguarda i crimini commessi nel territorio di uno dei 123 stati “parte” della Corte o anche altrove da loro cittadini, ma diventa universale – si estende a qualsiasi luogo e persona - quando è il consiglio di sicurezza dell’Onu a volerlo. Finora è successo in due casi: Darfur e Libia. Per la Libia i mandati di cattura non sono stati mai eseguiti. Per il Darfur, 400 mila morti, c’erano dei mandati di cattura emessi 13 anni prima, quando sono arrivato abbiamo condotto un’attività complessa che ha portato all’arresto di uno dei capi delle milizie accusate di aver commesso per conto del governo sudanese le atrocità contro i civili. Il processo è in corso».
Come funziona il mandato di arresto dei sospetti criminali?
Il procedimento entra nel vivo quando vengono eseguiti gli arresti. Il mandato di cattura è già una ricostruzione rigorosa dei fatti. Restituisce una prima verità alle vittime e alla storia. Cerchiamo le prove con nostri investigatori attraverso la procura. Ma c’è bisogno della collaborazione degli stati in cui si indaga che non di rado si rifiutano. Molte indagini vengono effettuate sulla diaspore dei profughi».
Quali dei responsabili perseguite?
La Corte non processa gli esecutori, ma i dirigenti militari e politici che hanno ordinato, concepito e organizzato le atrocità. È un lavoro paziente: una volta accertato il livello di comando militare-operativo, è possibile eventualmente arrivare alle responsabilità politiche. Il giudizio penale ha bisogno di tempo, serenità e rigore giuridico: la giustizia sommaria è barbarie».
Quanto dura un’indagine sui crimini di guerra?
Troppo, ma di recente abbiamo dimezzato i tempi. Nel caso del Darfur in meno di un anno dall'arresto abbiamo valutato qualcosa come 100mila pagine di prove. Grazie anche a un team di giuristi, i più talentuosi proprio due italiani.
Sulla Russia pare siate a buon punto, a metà dell’opera?
Non commento.
Sulla guerra in Siria in cui Russia e Stati Uniti sono coinvolti avete indagato?
Purtroppo non abbiamo giurisdizione.
Da non crederci. Perché?
Avremmo bisogno di una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu, che non è mai arrivata. La prospettiva è l’impunità per i terroristi e i criminali governativi. E nessuna giustizia per le vittime.
La Siria è il paese in cui si sono incrociati gli interessi di grandi potenze come Russia e Usa, che poi impediscono la giurisdizione della corte.
La Siria è uno dei grandi buchi neri della giustizia internazionale. Alcuni terroristi dello Stato Islamico di nazionalità europea sono detenuti in Siria e Iraq e a volte sottoposti a processi iniqui. I loro paesi non hanno intenzione di processarli sul proprio territorio, hanno paura che siano assolti o che dopo la pena minaccino la sicurezza interna. Però potrebbero cedere la giurisdizione sui propri cittadini alla corte, che garantirebbe loro un giusto processo. Non si risolverebbe il problema di dare giustizia alla Siria, ma si potrebbe scrivere una prima pagina giudiziaria.
Si è parlato molto dei mercenari russi anche nella guerra in Ucraina. Qual è il vantaggio di schierarli?
Non parlo di situazioni specifiche. I mercenari di oggi fanno parte di organizzazioni specializzate nei lavori sporchi, quasi sempre crimini, senza coinvolgere ufficialmente i governi. La legge italiana punisce i mercenari e i “combattenti stranieri” che si uniscono alle organizzazioni terroristiche, ma credo sia necessario e urgente ampliare le norme per incriminare anche coloro che combattono in conflitti all’estero per motivazioni ideologiche perché interferiscono con la politica estera che deve essere prerogativa delle istituzioni. L’ipotesi è allo studio del ministero della Giustizia e del dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno.
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