Contratti milionari con il ministero della Difesa, segreti militari, algoritmi complessi. L’affare della cybersicurezza vale oggi svariati miliardi di euro. Anche perché l’Italia è tra i paesi più esposti agli attacchi hacker. Un allarme che imporrebbe la massima collaborazione. Eppure, da quanto risulta a Domani, è in corso una feroce guerra commerciale tra le aziende del settore, che sta agitando il comparto dei servizi segreti e la politica.

Al centro della battaglia c’è un giocatore nuovo: la Deas, società che negli ultimi anni è letteralmente esplosa, prendendo appalti d’oro dalla pubblica amministrazione. Sedi tra Milano e Roma, è un «gioiellino», assicura chi ha avuto rapporti con la società specializzata in difesa da intrusioni informatiche e in cui lavorerebbero ex hacker dalle grandi capacità tecniche.

Ma il successo, come sempre, produce molti nemici. I maligni, infatti, raccontano che la rapida ascesa sarebbe il frutto – più che del merito – di rapporti privilegiati tra Deas e esponenti della Difesa e dell’intelligence.

Dal Veneto a Roma

«Diamo fastidio a chi ha monopolizzato per anni il settore», dice a Domani Stefania Ranzato, imprenditrice rampante, si sarebbe detto un tempo, oggi socia unica e amministratrice di Deas. Ci accoglie nello studio del suo avvocato a pochi passi dalla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio a Roma. «Siamo seri e preparati. Insomma, siamo fighissimi, dovreste scrivere questo di noi».

Ranzato guida un piccolo impero da 20 milioni di fatturato. In tre anni è arrivata in cima al comparto sicurezza e intelligence. Delle sue origini padovane ne fa un vanto: «Tosi (ragazzi in dialetto veneto, ndr), il mio problema è che non frequento i salotti romani, sono un’outsider, donna. E per giunta di provincia, dove torno appena posso per rilassarmi con le mie amiche». Una underdog alla Giorgia Meloni (pure la premier e il sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano si sono incuriositi della rapida ascesa della Deas) che ha fatto carriera puntando non sulla politica, ma sulla cybersicurezza.

La crescita di Deas, un milione di capitale sociale, è frutto anche degli appalti ottenuti dal ministero della Difesa, oggi guidato da Guido Crosetto. Negli uffici del dicastero gli elogi si sprecano. L’ascesa, tuttavia, inizia prima dell’insediamento del co-fondatore di FdI, in concomitanza con l’ingresso di Ranzato nell’associazione confindustriale del settore difesa e armamenti, Aiad di cui Crosetto è stato presidente fino al giuramento da ministro. «Conosco Crosetto come conosco tutto il consiglio di amministrazione dell’Aiad», dice Ranzato a Domani che gli chiede dei rapporti con il politico.

Ora tra il 2023 e il 2024 Deas ha ricevuto pagamenti in quattro tranche per un totale di 5,4 milioni di euro da Teledife, la sigla della direzione informatica, telematica e tecnologie avanzate del ministero della Difesa. L’oggetto è generico: «Servizi di sviluppo software e assistenza framework» (2,2 milioni di euro) e il «potenziamento funzioni comando e controllo» (altri 3,3 milioni di euro).

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Secondo quanto riferiscono fonti qualificate della Difesa, le cifre pagate sarebbero servite per potenziare la sicurezza cibernetica, tra cui una struttura strategica della Marina militare. Un appalto arrivato dopo la vittoria di un’apposita gara dello Stato maggiore, come avviene per lavori molto delicati e talvolta secretati. La versione di Ranzato sui soldi ottenuti da Teledife è però diversa: «Si tratta di contratti relativi all’accordo Quadro Servizi Sac 2 di Consip».

Chi dice la verità e chi mente? Meglio restare sui numeri e all’unico dato certo: i 5,4 milioni pagati da Teledife a Deas. Se i rumors sostengono che l’azienda di Ranzato abbia la stima di Crosetto e di pezzi da novanta dei servizi come l’attuale vice direttore del Dis Giuseppe Del Deo, dalla Difesa spiegano che queste procedure di affidamento vengono svolte nelle direzioni della Difesa, e che nulla passa per l’ufficio di gabinetto né nelle stanze del ministro «che non si occupa dell’assegnazione dei lavori».

Milioni dalla Marina

Oltre ai denari di Teledife, un’altra certezza di Deas sono gli ottimi rapporti instaurati con la Marina Militare, oggi guidata dal capo di Stato maggiore Enrico Credendino. La spa si è infatti occupata della realizzazione del Polo cibernetico all’interno di una struttura della Marina, a Roma. In pratica Deas in alcuni uffici della Marina ha installato il «laboratorio per la sicurezza nazionale», l’unico ospitato in un contesto militare. «Un unicum», «esempio di partnership pubblico privato», come pubblicizzato, a luglio 2022, dalla stessa Deas.

A una certezza, però, segue un altro mistero. Nella caserma romana Deas sostiene di avere un «laboratorio di valutazione». Tuttavia, l’azienda di Ranzato, pur godendo di molte certificazioni, non è nell’elenco dei cosiddetti “Laboratori di valutazione e sicurezza” (Lvs) abilitati presso l’organismo Ocsi. Difficile districarsi in questa giungla di sigle da spy story. In estrema sintesi: i Lvs forniscono valutazioni su programmi della Difesa non classificati. Solo undici di queste strutture vantano il “patentino” Ocsi. Deas non risulta tra queste. L’assenza di questa specifica certificazione non ha ostacolato la collaborazione con la Marina.

Nell’anno in cui Deas ha realizzato il polo cibernetico a Roma, ha svolto per la Marina lavori per due milioni di euro, nell’ambito di un accordo quadro, per lo sviluppo di una piattaforma contro gli attacchi cyber. Nel 2021 (con i precedenti vertici dello stato maggiore) attraverso la direzione di intendenza della Marina, ha invece ottenuto affidamenti per circa 480mila euro. Sui rapporti con la Marina, Ranzato precisa che «ha conosciuto Credendino solo dopo il suo insediamento, in un incontro istituzionale». Dal mare ai cieli il passo è breve, almeno per Deas. Nel 2024 si è aggiudicata una commessa (sempre con Mepa) da 110mila euro con l’Aeronautica.

Denaro e cattiveria

Prima dei successi con Deas, Ranzato aveva fondato la Cyber Intuition. Avventura non fortunata: perdite costanti, un rosso di quasi 400mila euro in due anni. La storia cambia nel 2018 con la Deas. Un po’ di rodaggio, poi la svolta tra il 2022 e il 2023, quando i ricavi degli appalti pubblici di Deas compiono un balzo notevole. Nell’ultimo bilancio il fatturato raggiunge i 20 milioni, mentre l’utile sale a 8 milioni, quasi quadruplicato rispetto al 2022. «Mi sono circondata da giovani in gamba, andando a cercare le persone che erano andate a lavorare all’estero», dice Ranzato. Che poi sferra un attacco ai competitor: «Hanno scatenato una guerra perché vogliono colpirmi. C’è tanta cattiveria».

La tensione è dovuta ai miliardi (inclusi i 700 milioni del Pnrr) che girano attorno alla cybersicurezza, assegnati con appalti e affidamenti diretti dalla pubblica amministrazione, Difesa e intelligence compresi. Settori questi ultimi dove per via della segretezza necessaria spesso prevale il rapporto fiduciario con la azienda.

Una guerra esplosa da qualche mese, che trova sponde negli apparati di sicurezza, primi committenti delle imprese. Ognuna spalleggiata da cordate politico-istituzionali differenti. E che si combatte anche dentro l’Aiad, associazione di categoria confindustriale del settore difesa e armamenti di cui il ministro della Difesa è stato presidente prima dell’incarico di governo.

Quando Ranzato fa riferimento ai concorrenti si riferisce con ogni probabilità ad altre grandi aziende affiliate ad Aiad. In particolare a un gruppo di società che, come rivelato da Domani a ottobre 2022, hanno avuto come consulente proprio Crosetto. In particolare, parliamo di Elettronica Spa, che controlla Cy4gate specializzata in cybersicurezza. Elettronica ha beneficiato dei consigli di Crosetto retribuendolo – tra il 2018 e il 2021 – con quasi 200mila euro.

Ora Elettronica e Cy4gate, riferiscono fonti qualificate della Difesa, avrebbero visto la scalata di Deas come un pericolo per i loro affari. Cy4gate dall’entrate in scena di Ranzato ha assistito a una diminuzione costante del valore del proprio titolo in borsa: dagli oltre 13 euro ad azione nel settembre 2021 al tonfo sotto i 4 euro registrato alla borsa di Milano il 15 novembre scorso.

Sui rapporti con Ranzato e ad altre domande inviate da questo giornale, Crosetto ha preferito rispondere con un no comment. Eventuali interlocuzioni del ministro con l’imprenditrice si limitano a questioni di lavoro, assicurano però dalla Difesa. Nessun rapporto privato o personale insomma.

Cercasi compratore

La storia non è finita. Perché i bilanci e le ricche commesse pubbliche hanno convinto Ranzato a provare a capitalizzare vendendo la società: la Deas è finita negli ultimi mesi sul tavolo dei vertici delle partecipate di Stato. A Domani risulta che è stata proposta in primis a Fincantieri, con cui Deas collabora, ma dai piani alti dell’azienda di stato è arrivato un deciso rifiuto. Anche perché informalmente gli sherpa dell’imprenditrice ipotizzano un prezzo altissimo, superiore ai 100 milioni di euro.

L’idea di comprare la Deas è poi venuta a Maticmind, società fondata da Carmine Saladino (che ha ancora il 15 per cento) e partecipata oggi da Cdp Equity (altro 15 per cento) e dal fondo Cvc (che ne detiene il 70). Un’azienda specializzata in cybersicurezza che Crosetto conosce bene. Il ministro è amico di Saladino e, come ha rivelato Il Fatto, ha vissuto nella casa romana dell’imprenditore per qualche tempo. Non solo: attorno a Maticmind si muovono figure vicine al meloniano. Come Giancarlo Innocenzi Botti, che di Maticmind è stato consigliere d’amministrazione e che ha voluto proprio Crosetto testimone di nozze.

Botti è stato anche socio del figlio del ministro fino al 2023, in una società in cui spuntava anche il padre dell’imprenditore Saladino con il ruolo di rappresentante di una donna che stava per entrare in affari con loro.

Da quanto risulta a Domani, al pari di Fincantieri, l’operazione Deas-Maticmind non è andata in porto: mentre Cvc era pronta a fare un’offerta a Ranzato, due mesi fa Cdp avrebbe espresso parere negativo bloccando l’operazione, non convinta dai fondamentali di Deas.

In uno stadio più avanzato è invece la proposta d’acquisto di Deas portata sulla scrivania di Roberto Cingolani e Lorenzo Mariani, vertici di Leonardo, da Alessandro Daffina, capo di Rothschild Italia. Il colosso ha avviato una due diligence mesi fa per valutare la fattibilità di una possibile acquisizione intorno ai 90-100 milioni di euro. All’interno della società, però, tutti si sono convinti che il merge non si deve fare, perché solo una piccola parte del core business di Deas sarebbe utile a Leonardo. Assai probabile che Ranzato non riesca a piazzare il colpo della vita nemmeno stavolta. Pazienza: gli affari di Deas, grazie alle commesse di pubblico e privato, vanno comunque a gonfie vele.

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