Sempre meno medici di base e pediatri di libera scelta. Consultori chiusi o svuotati di personale e strumentazione. La salute è un problema di tutta la cittadinanza ma nelle periferie delle nostre metropoli funziona ancor più a rilento, impietosamente dimenticata dal governo e dalle istituzioni, soprattutto per soggetti fragili come anziani, bambini, persone senza fissa dimora e migranti.

Nonostante l’abbandono in cui versano interi quartieri, in questi luoghi, di cui gran parte della politica si ricorda solo in campagna elettorale, nascono esperienze di mutuo aiuto anche in ambito sanitario. Uno dei temi più sentiti e sofferti.

Milano

Nella città di Milano, nel 1987, è nato l’ambulatorio medico Naga, che si occupa di prestare assistenza medica alle persone migranti senza documenti di soggiorno in corso di validità.

Il servizio dell'ambulatorio è coadiuvato dalla presenza della medicina di strada, che lavora nelle aree più periferiche e degradate della città, offrendo visite mediche con una clinica mobile e rendendo accessibile il diritto alla salute anche per i cittadini e le cittadine migranti che vivono in condizioni in cui è più difficile accedere alle cure.

Il dottor Fabrizio Signorelli è il direttore sanitario dell’ambulatorio. «La funzione non è semplicemente di ambulatorio – dice – facciamo anche azione politica: lavoriamo auspicandoci di sparire nel momento in cui questo servizio, rivolto ai cittadini irregolari, venisse garantito dalle strutture pubbliche come non avviene, invece, in Lombardia».

La legge italiana prevede cure mediche per tutte le persone sul territorio nazionale, «ma quello che osserviamo nella nostra realtà è che per scelte ormai decennali da parte dell’amministrazione regionale, non sono mai stati istituiti degli ambulatori dedicati alle persone irregolari, dunque a tutte quelle persone che non possono avere il medico di base».

Le patologie che vedono in ambulatorio «sono dettate dalla condizione sociale: le persone migranti vivono spesso in situazioni di marginalità, in situazioni abitative fatiscenti e complesse, quindi sono patologie legate al degrado sociale».

Quando mancano casa e lavoro, spesso la salute fisica langue: «Ci rivolgiamo a persone che sono tenute fuori dalla società, il disagio sociale si manifesta con particolari problematiche patologiche, anche di tipo depressivo, che sono più frequenti in persone che vivono nella marginalità e che avrebbero bisogno di maggior supporto, in tutte le loro esigenze di salute».

Roma Est

A Roma, nel quartiere Quarticciolo, grazie all’apertura dell’Ambulatorio popolare Roma Est, si è ricominciato a parlare di salute. Questo progetto si occupa di orientamento ai servizi di salute presenti sul territorio e di medicina generale, con uno sportello psicologico, uno sportello nutrizionale e uno sportello pediatrico.

Francesco De Michele, psichiatra e membro dell’ambulatorio, racconta la genesi di questa iniziativa: «Insieme all’associazione Quarticciolo ribelle, abbiamo cominciato un lavoro in un quartiere dimenticato da istituzioni e politica. Proviamo a rispondere alle esigenze della popolazione che chiede salute, ma in cambio ha solo svuotamento di servizi. Cerchiamo di aiutarli nella burocrazia ma anche di ascoltare i bisogni di salute che rimangono inevasi: ci siamo resi conto, con una giornata di formazione sulla cultura alimentare dove hanno partecipato più di cinquanta famiglie, che ci sono grossi problemi legati all’alimentazione, che la salute odontoiatrica non esiste e che il 20 per cento dei bambini del quartiere non ha un pediatra di base».

Tutti questi servizi, come ricorda De Michele, «dovrebbero essere garantiti dal Servizio sanitario nazionale», ma così non è. Dunque l'ambulatorio chiede conto alle strutture pubbliche cittadine «andando a parlare con l’Asl, con il centro di salute mentale e con altre realtà cittadine».

Chi arriva in ambulatorio ha bisogno di attenzione, tempo e ascolto. «Gli anziani, ad esempio, lamentano il sovraffollamento dei medici di base. Arrivano studentesse che non lo hanno e non sanno come muoversi, migranti di prima e seconda generazione che portano da noi le figlie e i figli e poi, in un clima di fiducia, capiamo che anche loro hanno bisogno di cure».

C’è un abbandono sociale, culturale e sanitario da parte della politica «a cui noi, insieme ad altre associazioni, proviamo a rispondere a partire da chi vive il quartiere, anche attraverso il lavoro della palestra popolare». Attraverso il lavoro sul campo, hanno notato anche un aumento delle malattie croniche, che «hanno una possibilità più alta di svilupparsi nei quartieri periferici».

Il ruolo dell’ambulatorio, però, non è solo quello di offrire servizi ma di aprire vertenze sulla mancata salute pubblica, come nel caso del consultorio pubblico di quartiere di Via Manfredonia. Nel piano generale di taglio ai consultori è stato svuotato anno dopo anno di medici e strumentazioni (con una sola ginecologa che lavora lì una volta alla settimana su appuntamento e senza ecografo) ed è al centro delle vertenze del quartiere come racconta Alessia Pontoriero dell’Ambulatorio popolare Roma Est: «Ci hanno raccontato che rischiava di chiudere per l’assenza di utenti ma abbiamo raccolto tantissime richieste di visite, pap-test, visite senologiche che il consultorio non può offrire perché hanno tagliato tantissimi servizi. Dovrebbero assumere personale e comprare macchinari ma non lo fanno. La battaglia sul consultorio sarà quella di continuare a sollecitare, anche tramite Pec, il servizio sanitario; per rafforzare quel servizio».

Napoli

Ludovica Visone è una studentessa di medicina e attivista dell’Ambulatorio popolare Villa Medusa di Napoli, nel quartiere di Bagnoli. L’ambulatorio, dice, si trova in un quartiere di periferia «che ha ospitato l’industria siderurgica fino agli anni ‘90, dove solo trent’anni dopo sono iniziate delle operazioni di bonifica. Un territorio non riqualificato, sia dal punto di vista ambientale sia sociale».

Un quartiere con un alto indice di disoccupazione, soprattutto giovanile, dove i servizi per la popolazione sono scarsi: «A Bagnoli ci sono stati moltissimi casi di tumore, in particolar modo di mesotelioma pleurico provocato dall’amianto. Inoltre, alcuni anni fa, in quartiere hanno chiuso sia Asl che consultorio: proprio per questo nasce l’ambulatorio popolare, per rispondere al bisogno di salute delle persone residenti».

Ci sono tre fermate di metropolitana che collegano il quartiere di Bagnoli ai primi distretti di salute pubblica: «Ci sono residenti e persone anziane senza mezzi propri, con un trasporto pubblico che non funziona bene, persone migranti e senza fissa dimora» che rischiano di non potersi curare per la lontananza o la mancanza di servizi adeguati.

L’ambulatorio ha portato avanti numerose vertenze sulla salute pubblica, tra cui quella per la riapertura dell’Asl e del consultorio: «È nato da queste necessità nel 2023, offrendo visite e consulenze in forma gratuita: medicina generale, visite ginecologiche, allergologiche, gastroenterologiche, epatologiche; unite a consulenze tramite uno sportello psicologico e uno sportello sulla nutrizione; oltre a giornate di screening gratuiti».

Mediche e medici, a titolo gratuito, offrono la loro professionalità per le persone che vivono a Bagnoli, superando l’approccio meramente assistenzialista, come spiega Visone: «Siamo una realtà in lotta perché siano riconosciute le cure pubbliche. Ci battiamo per aprire le medicine territoriali chiuse, non vorremmo dover supplire il Servizio sanitario nazionale, infatti ci occupiamo anche di indirizzare la cittadinanza alla sanità pubblica, dove è possibile, ma c'è una effettiva difficoltà nell’accedervi».

Le difficoltà maggiori del quartiere, riguardano soprattutto «chiusura dei servizi, difficoltà economiche e mancata comunicazione su screening fondamentali. La salute è anche una questione di classe, in molti non possono permettersela».

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