«Nonostante le numerose modifiche normative, solo una piccola parte delle lavoratrici e dei lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica». Lo dice Giulia Gori, portavoce di Ero Straniero, la campagna promossa da una rete di associazioni che chiedono una riforma sulla gestione dei flussi migratori in Italia.

Secondo l’ultimo monitoraggio effettuato, nel 2024 chi è riuscito a regolarizzarsi e a trovare un lavoro attraverso il decreto flussi è stato solo il 7,8 per cento: su quasi 120mila quote di ingresso assegnate lo scorso anno, 9.331 domande si sono davvero trasformate in permessi di soggiorno e impieghi stabili. Per la grande maggioranza dei cittadini stranieri che utilizzano questa procedura (uno dei pochi strumenti previsti dalla legge per poter entrare in modo regolare in Italia), questo significa rimanere a lungo senza i documenti e il posto di lavoro promessi.

Delle persone che hanno presentato domanda per le quote disponibili nel 2023, l’87 per cento non ha ancora ottenuto un permesso di soggiorno. Le cause sono legate alla complessa procedura che chi assume e chi arriva deve affrontare, ma anche alle storture che il decreto e le sue riforme generano.

Tempi lunghi

In molti casi, infatti, i lunghi tempi di attesa tra la richiesta di assunzione e l’arrivo effettivo del lavoratore in Italia generano un cortocircuito diffuso in tutti i settori, tra cui quello agricolo: «Il datore che, per esempio, ha bisogno di lavoratori per la raccolta delle fragole non può attendere i ritardi burocratici che si verificano nella concessione dei documenti. E finché i lavoratori arrivano, le fragole sono marcite. Così i lavoratori agricoli arrivano quando è troppo tardi e si ritrovano senza lavoro», spiega Gori.

Se l’aspirante lavoratore ottiene il nulla osta per raggiungere l’Italia e riesce a ricevere il visto dall’ambasciata italiana, ha sei mesi di tempo per trasferirsi. Entro otto giorni dal suo arrivo è poi tenuto ad attivare, insieme al proprio datore, il contratto di soggiorno in prefettura, avviando così la procedura per ottenere il permesso di soggiorno che consente di formalizzare l’assunzione.

Tuttavia un decreto di semplificazione, introdotto per ridurre i tempi di attesa per iniziare a lavorare, dà la possibilità di attivare il contratto di lavoro anche solo tramite il nulla osta. «Molte persone straniere però in questo modo non ricevono mai il permesso di soggiorno – osserva Gori – Tanti datori infatti non formalizzano più la richiesta di contratto di lavoro o la rimandano, e questo lascia i lavoratori in uno stato di irregolarità».

Lavoratori truffati

In altri casi, l’arrivo in Italia tramite il decreto flussi è il risultato di una truffa ai danni degli aspiranti lavoratori. Trafficanti mascherati da finte aziende attivano false chiamate di lavoro dall’Italia gestendo l’arrivo dei cittadini stranieri a fronte di un grosso debito economico.

Il settore agricolo è il principale ricettore di manodopera sfruttata proveniente da questa tratta internazionale di esseri umani, racconta il sociologo e ricercatore Eurispes Marco Omizzolo: «Sono centinaia le persone immigrate che si sono ritrovate senza impresa perché inesistente o con il relativo imprenditore che non voleva più assumerli, dopo aver percepito illegalmente migliaia di euro».

Secondo Omizzolo il decreto flussi presenta un ulteriore problema: «Disincentiva le denunce da parte delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri, perché stabilisce che il permesso di soggiorno può essere dato solamente se questi contribuiscono a individuare i responsabili dell’attività di sfruttamento in un percorso assai lungo e rischioso per la vittime di caporalato».

Il lavoro domestico

Una buona notizia in parte c’è. Dal 2023 il decreto include anche delle quote di ingresso specifiche per il lavoro domestico. Gli ultimi dati raccolti da Ero Straniero attraverso gli accessi civici ai ministeri coinvolti rivelano che con questa misura riesce a regolarizzarsi un numero più alto di lavoratori.

Spesso coloro che accedono a queste quote sono tuttavia lavoratori già impiegati dalle famiglie e già presenti sul territorio, che riescono a essere assunti legalmente tramite il decreto flussi. «Il paradosso è che l’attuale sistema impedisce a chi lavora da tempo in nero in Italia di regolarizzarsi» dice Gori. In base a questo meccanismo, di fatto, badanti e collaboratori domestici sono quindi costretti a uscire dal paese e rientrare per ottenere un permesso di soggiorno che altrimenti rimarrebbe solo un miraggio.

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