Cresce il numero dei contagi di febbre Dengue in Italia. Gli ultimi dati forniti dall’Istituto superiore di sanità raccontano di 236 casi nel 2023, numeri, secondo l’Iss, «in linea con quanto atteso in questa stagione, considerando l’aumento dei viaggi internazionali dopo l’emergenza Covid-19 e le condizioni climatiche favorevoli». 

La novità è che, da fine agosto, sono stati registrati 36 casi autoctoni: le persone infette si sono ammalate sul territorio nazionale e non, come avviene in genere, nel corso di viaggi in luoghi in cui la malattia è endemica. 

Si è cominciato a parlare di casi autoctoni di Dengue dal 18 agosto, con le prime due infezioni a Roma e in provincia di Lodi. Tutti i soggetti infetti sono guariti o in via di guarigione. 

La febbre Dengue

La febbre Dengue è trasmessa agli esseri umani attraverso punture di zanzare che abbiano punto soggetti già infetti, non esiste contagio attraverso il contatto diretto tra soggetti umani. 

La “febbre spaccaossa”  si può manifestare con febbre molto alta, che compare tra i due e i sette giorni dopo la puntura, dolori articolari, nausea e mal di testa, ma può anche degenerare in febbre emorragica, che richiede l’ospedalizzazione e può essere fatale perché comporta emorragie gravi in diverse parti del corpo. 

Nella maggioranza dei casi le persone infette guariscono in poche settimane: non esiste una cura specifica, la Dengue è in genere trattata con riposo e antipiretici. Il numero di casi e di focolai autoctoni è cresciuto negli ultimi decenni. Ogni anno si ammalano da 100 a 400 milioni di persone in tutto il mondo; come segnalato dall’Organizzazione mondiale della sanità ormai circa la metà della popolazione mondiale è esposta al rischio di Dengue. 

I cambiamenti climatici hanno un ruolo fondamentale: la distruzione degli ecosistemi, la tropicalizzazione del clima, l’affermazione della zanzara tigre come principale specie delle nostre zone e la distruzione degli habitat di diversi predatori come pipistrelli, anfibi o altri insetti, hanno contribuito all’aumento esponenziale della diffusione della malattia. 

Una soluzione strutturale?

Tutti i territori interessati da casi di Dengue sono stati sottoposti a disinfestazione, per eliminare eventuali focolai di zanzare infette, e sono state messe in campo misure per eliminare rischi in trasfusioni e trapianti; si tratta di soluzioni parziali, che intervengono sulla manifestazione del problema e non sulle sue cause.

La letteratura relativa all’Igiene Pubblica assegna all’educazione della popolazione alla prevenzione un ruolo essenziale per debellare le malattie infettive, facendone un perno fondamentale di ogni profilassi.

Un esempio illuminante è il lavoro di Angelo Celli e della sua squadra che, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, si sono dedicati al contrasto della malaria nelle campagne romane. Fondamentale per il loro lavoro è stata l’educazione della popolazione contadina, istruita sui corretti comportamenti igienico-sanitari da adottare per evitare di ammalarsi.

Il livello di istruzione medio e le condizioni igieniche in cui vive gran parte della popolazione non sono paragonabili allo stato in cui versavano i soggetti in questione, ma insieme alle condizioni di vita sono mutati gli agenti patogeni e le minacce cui siamo esposti.

Per Celli e per sua moglie, Anna Fraentzel, fondamentale era stata la scolarizzazione della popolazione rurale, che ha fornito strumenti per comprendere il fenomeno con il quale si stava confrontando e quali misure adottare per tutelarsi. 

Questo approccio è raccomandato anche nel Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi (Pna) 2020-2025: «Le autorità competenti implementeranno interventi informativi per la popolazione affinché i cittadini adottino comportamenti proattivi di eliminazione dei siti di riproduzione larvale (...). Tali attività potranno essere rafforzate dal Ordinanze sindacali in cui verranno dettagliate le misure preventive specifiche per ogni categoria di soggetto e le sanzioni applicabili». 

Al momento non ci sono iniziative simili in campo se non per iniziativa delle singole Asl che, con gli esigui strumenti a disposizione, stanno cominciando a fare informazione.

L’aumento vertiginoso dei contagi trova, inoltre, la sua causa strutturale nei cambiamenti climatici: gli squilibri degli ecosistemi stanno favorendo la diffusione del morbo attraverso quella del suo vettore.

Da questo punto di vista, l’intervento istituzionale potrebbe essere indiretto, attraverso politiche volte alla mitigazione dei cambiamenti climatici e un ruolo maggiormente incisivo dell’Italia nei luoghi internazionali di decisione. 

Ma il negazionismo più o meno esibito di esponenti del nostro governo, così come l’atteggiamento scettico del nostro ministro dell’Ambiente sulle responsabilità antropiche che lo determinano, e di conseguenza sul cambio di passo che diventa sempre più urgente, non fanno ben sperare.

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