Se Claudio Descalzi fosse “solo” l’amministratore delegato della principale società di idrocarburi italiana le dichiarazioni contro l’elettrico e le politiche europee potrebbero non sorprendere. Ma l’ad di Eni ha, si sa, un ruolo istituzionale di peso, e da lui e dalla società che guida dipende molta della politica estera italiana, e non solo.

Alla Giornata dell’economia di Forza Italia, il 5 ottobre a Milano, Descalzi è intervenuto sulla transizione energetica e in particolare sulla decisione di eliminare progressivamente i motori endotermici, a combustione interna. «Se ci focalizziamo sull’automotive, si tratta di una questione importante ma che ci fa arrabbiare», ha detto, perché la traiettoria tracciata dalla Commissione europea è «insulsa e ridicola».

Descalzi non vuole essere «antieuropeo», aggiunge, «ma sono antistupidità perché la stupidità uccide e ci sta uccidendo, e noi dobbiamo subirla alla luce di ideologie ridicole, dettate da una minoranza dell’Europa, non da una maggioranza. E dobbiamo continuare a digerirle e chinare il capo morendo lentamente», ha detto parlando in modo concitato. Non riesce a trattenersi, dice, «è più forte di me».

L’Unione europea si è posta il 2035 come limite per lo stop ai motori a combustione interna, che sono considerati altamente inquinanti. E, per Descalzi, l’Europa «non potrà mai paragonarsi» alla Cina e agli Stati Uniti, perché si compete «con regole del gioco completamente diverse». Pechino ha diversificato il proprio mix energetico, ha proseguito l’ad, e la loro competizione negli ultimi anni si è posta l’obiettivo di «essere sovrani dal punto di vista energetico», mentre quella europea di «ridurre le emissioni». «Perché crescono più di noi? Non stiamo giocando allo stesso gioco», ha concluso.

La «minoranza» di Descalzi

Politiche frutto di «ideologie ridicole», ma soprattutto imposte da quella che definisce una minoranza, che però comprende la maggior parte dei paesi europei. Da ultima la Germania, che pochi giorni fa, con il segretario di Stato agli Affari economici Sven Giegold, ha ribadito – nonostante i tentativi del ministro Adolfo Urso – che Berlino «non vuole indebolire le regole climatiche» e, seppur notando il rischio che l’industria dell’Ue possa non reggere la competizione con i veicoli elettrici prodotti da altri paesi, non è disposta a mettere in discussione lo stop al motore a combustione interna né chiede «nuovi biocarburanti, che non sono climaticamente neutrali». A condividere il tentativo del governo italiano al Consiglio Ue Competitività per ora sono solo cinque paesi. «Persino l’Ungheria di Orbán ha risposto picche», aveva commentato l’europarlamentare Cinque stelle Valentina Palmisano.

Il concetto di democrazia suggerito da Descalzi non è piaciuto al portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli: «Se i cittadini europei votano ed eleggono i loro rappresentanti nel Parlamento europeo, e questi costituiscono una maggioranza sulla base della quale vengono approvate direttive e prese decisioni, per l’amministratore delegato di Eni queste sono “minoranze” che votano “ideologie ridicole”». Lo ha scritto Bonelli in una nota, in cui chiede se debbano invece essere considerate scelte intelligenti di una maggioranza, quelle delle «élite rappresentate anche da lui, che vogliono continuare a bruciare fonti fossili».

Per Bonelli ci sono élite economiche «che si oppongono alla transizione ecologica per non cambiare il modello energetico e industriale» per «mantenere i loro immensi profitti», incuranti dei danni provocati alle prossime generazioni.

Il ministro “aggiunto”

Le affermazioni colpiscono per i toni usati dall’ad dell’ottavo gruppo petrolifero mondiale, di una società partecipata al 30 per cento dallo stato e capace di incidere fortemente sulle scelte politiche, soprattutto di politica estera.

Basti pensare, per citarne alcuni, al viaggio in Algeria con la premier Giorgia Meloni, a quello in Egitto che ha anticipato la visita del ministro degli Esteri Tajani, al ruolo che riveste nel piano Mattei per l’Africa lanciato dal governo, e in generale alla rete costruita all’estero che lo rende una sorta di ministro degli Esteri aggiunto.

Bisogna poi considerare il peso che Eni e il suo numero uno rivestono in Confindustria. Descalzi è componente del Consiglio Generale e dell’Advisory Board, si legge sul sito della multinazionale, che ogni anno versa circa 5 milioni nelle casse della confederazione.

Eni, nonostante comunichi sforzi verso la transizione energetica, continua a investire sui combustibili fossili. E, così, le dichiarazioni di Descalzi sono perfettamente in linea con quanto diceva Urso qualche settimana fa al Forum Ambrosetti di Cernobbio: «Non si può seguire la follia ideologica e quasi religiosa del “tutto elettrico”».

Mentre associazioni ambientaliste denunciano da anni come sia Eni a condizionare le politiche energetiche nazionali, non il contrario.

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