Fratelli d’Italia medita il blitz per la riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa. In commissione giustizia al Senato, infatti, è iniziato con la fase delle audizioni l’esame delle varie proposte di legge presentate sul tema, tra cui il disegno di legge di Alberto Balboni, presidente della commissione affari costituzionali. Ma c’è un dettaglio tecnico non secondario.

Il dibattito è previsto in sede redigente in commissione a Palazzo Madama, che significa un’abbreviazione del percorso con la compressione dei tempi di confronto in aula.

Diffamazione formato FdI

Nei fatti il grosso del lavoro sarà svolto in commissione con l’assemblea che può limitarsi a votare sul provvedimento nel suo complesso, senza valutarlo come avviene con la procedura in sede referente, quella considerata ordinaria, che prevede una più ampia attività istruttoria. Insomma, la maggioranza con FdI capofila, sembra averte particolare fretta di arrivare all’approvazione, sollevando un sospetto: far passare la proposta di Balboni, mettendo all’angolo tutte le altre.

Il motivo? Intestarsi una pseudo battaglia sulla libertà di informazione, sostenendo di aver modificato il quadro normativo sulla diffamazione. Ma in realtà limitandosi a un lifting, con una legge a immagine e somiglianza di Meloni.

Il punto più sbandierato è quello della cancellazione del carcere per i giornalisti, attualmente ancora previsto dal codice penale. Dietro il titolo, in apparenza favorevole ai cronisti, c’è però la sostituzione della pena con una sanzione economica che funge da deterrente, soprattutto per i giornalisti freelance, a scrivere notizie sgradite o realizzare delle inchieste.

La pena pecuniaria va da 5mila a 10mila euro che può lievitare dai 10mila ai 50mila euro nel caso in cui sia attribuita all’estensore dell’articolo un fatto specifico. Inoltre, viene imposta, per evitare la querela, la «pubblicazione gratuita e senza commento, senza risposta e senza titolo, con l’indicazione ‘Rettifica dell’interessato’», che può avvenire «sia su iniziativa del direttore sia su iniziativa del responsabile dell’offesa, delle rettifiche e delle smentite dei soggetti di cui sono state pubblicate».

La volontà di fare in fretta si manifesta anche nei tempi: Balboni ha annunciato l’iniziativa lo scorso 1 marzo e dopo appena un mese l’iter è stato avviato con una procedura diversa da quella tradizionale. «Con questa destra bisogna sempre aspettarsi di tutto», fanno sapere dal Partito democratico, manifestando tutte le preoccupazioni su possibili strappi.

Proposte alternative

Sul tavolo, infatti, ci sono altri tre testi, depositati da parlamentari del Pd. Il primo porta la firma di Walter Verini, che ha riproposto il tema già lanciato nella scorsa legislatura, a cui se ne sono aggiunti altri, uno firmato da Franco Mirabelli e un altro ancora da Andrea Martella.

Il relatore, Gianni Berrino (FdI), ha congiunto un altro ddl, presentato da Ada Lopreiato (Movimento 5 stelle), che mira a modificare solo il punto delle liti temerarie, quindi intervenendo sulla sede civile come aveva provato a fare nella scorsa legislatura Primo Di Nicola, eletto con il M5s e poi passato con Impegno civico. Una simile iniziativa è stata intrapresa alla Camera dalla vicepresidente del Pd, Chiara Gribaudo.

Il ddl di Fratelli d’Italia, invece, non interviene sulla questione delle liti temerarie, strumento per imbavagliare l’informazione: la minaccia di una richiesta danni monstre finisce per avere un effetto intimidatorio sul giornalista. Ed è questo uno dei punti su cui le opposizioni chiedono un’integrazione per estendere la modifica della disciplina. Il testo, infatti, di Lopreiato riprende le modifiche fatte al ddl Di Nicola, prevedendo che il querelante, in caso di rigetto della domanda, versi almeno un quarto della richiesta iniziale.

Verini, che pure propone un intervento organico sul codice penale, include una revisione delle liti temerarie che si consumano in sede civilistica, stabilendo una soglia inclusa tra il 5 e il 10 per cento del valore della richiesta iniziale di risarcimento danni, con un tetto massimo di 50mila euro, mentre nel testo di Martella la somma individuata è di almeno un terzo di quella in «oggetto della domanda risarcitoria». Al netto delle cifre, resta centrale l’intento di modificare questa legge.
La decisione della sede redigente, assunta in commissione giustizia a Palazzo Madama, dovrebbe essere propedeutica alla stesura di un testo-base condiviso per proseguire spediti verso il via libera.

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