Il 21 settembre a Roma si terrà la decima edizione della manifestazione nazionale del Disability Pride Italia, per tutto il giorno in piazza del Popolo sarà attivo il Disability Village e alle 16 partirà una marcia che sfilerà per il centro della città
La storia del Disability Pride Italia si intreccia con la biografia di Carmelo Comisi. A quattordici anni in seguito a un incidente stradale, diventa tetraplegico e comincia a vedere il mondo con occhi diversi, notando le difficoltà che le persone con «disabilità avevano a ritagliarsi uno spazio in una società abilista». Sente il bisogno di creare uno luogo di autonarrazione delle persone con disabilità: «Le organizzazioni già esistenti non mi piacevano, non avevano apportato grandi cambiamenti dal punto di vista culturale e sociale».
Da New York a Palermo, ecco come nasce il Disability Pride in Italia
Nel 2015 Carmelo decide di dare vita all’Handypride a Ragusa, contemporaneamente scopre che a New York un gruppo di persone con disabilità stava organizzando il Disability Pride, l’idea gli piace, li contatta e si accordano per crearne uno in Italia per l’anno successivo. Nel 2016 a Palermo nasce il primo evento del Disability Pride Italia: «All’inizio non era un corteo ma una rassegna culturale di tre giorni ai cantieri culturali della Zisa, eravamo pochi e non avevamo i numeri per fare una marcia», racconta.
La manifestazione funziona, l’anno successivo il Pride viene organizzato a Napoli dove acquisisce più visibilità, poi nel 2018 viene portato a Roma. Carmelo si trasferisce nella capitale e inizia a collaborare con il circolo Mario Mieli con cui organizza eventi durante il Pride month.
Quello romano è un comitato informale: «Ci sono già tante associazioni che fanno attivismo» dice Daniele Lauri, uno dei membri che ne fanno parte. «Noi siamo cani sciolti, ognuno di noi lavora sul suo territorio».
«Siamo persone con corpi e menti non conformi che attraversano il salotto buono di Roma»
La storia di attivismo di Daniele è nata a partire dallo “Yeti”, un caffé libreria aperto al Pigneto oltre dieci anni fa, «per favorire l’integrazione delle persone con disabilità avevamo messo una rampa. Il comune ci ha denunciati e la battaglia è durata dieci anni, alla fine l’abbiamo avuta vinta ma è stata lunga».
Il Disability Pride vuole cambiare la narrazione delle persone con disabilità: «I movimenti di lotta esistono fin dagli anni ‘60 e venivano portati avanti dalle famiglie delle persone con disabilità, ma l’accento era posto sempre sul dolore». Noi invece facciamo il contrario: «siamo persone con corpi e menti non conformi che attraversano il salotto buono di Roma (si parte da piazza del Popolo) manifestando con gioia e facendo rumore». La musica è una parte fondamentale: «Ad accompagnarci c’è la Samba precaria, è importante fare baccano». Ovviamente si pensa anche a chi potrebbe non tollerare il rumore eccessivo :«Portiamo tappi per le orecchie per le persone neurodivergenti» conclude Daniele.
L’obiettivo del Pride infatti è mettere al centro il corpo delle persone con disabilità e renderle protagonista, farle uscire dal manto d’invisibilità che le avvolge per far rivendicare con orgoglio la loro esistenza. Per Comisi la lotta delle persone con disabilità è «la nuova lotta di classe dei paesi avanzati».
Il progetto Sensuability: «Il piacere non è un diritto, ma un’esigenza vitale»
Tra le attiviste coinvolte nel Disability Pride Network c’è Armanda Salvucci, fondatrice di Sensuability, un progetto che ha l’obiettivo di abbattere gli stereotipi con linguaggi artistici, nato da un casus belli: «Una regista aveva indetto un casting per una fiction in cui cercava un “nano che faceva tenerezza"».
Quando si parla di persone con disabilità magari si cita l’affettività, ma mai il piacere: «Non è un diritto, ma un’esigenza vitale non è qualcosa che può essere sottratto o che bisogna conquistata. Ma il punto è che se si tratta di sessualità bisogna parlare di corpo che è il grande assente dal discorso sulle persone con disabilità».
Quest’anno, in occasione del Disability Pride Veneto, Salvucci ha organizzato una mostra: “Sensuability ti ha detto niente la mamma?” Sono state scelte venti stampe realizzate dai partecipanti delle diverse edizioni del Concorso “Sensuability & Comics” e dagli illustratori e fumettisti famosi, che affrontano in chiave ironica e talvolta irriverente il tema della sessualità e disabilità. L’obiettivo è di ridisegnare un nuovo immaginario erotico che comprenda corpi non perfetti ma che possono essere estremamente sensuali. Per Salvucci è fondamentale attivare la fantasia e «spostare il discorso dal piano della sessualità, concentrato sui genitali, a quello dell’erotismo».
Le prime lotte e la visione pietistica delle «marce del dolore»
Se il Disability Pride esiste da meno di un decennio la lotta delle persone con disabilità in Italia è cominciata almeno negli anni ‘60. «All’inizio c’erano le marce del dolore - racconta Enrichetta Alimena, autrice di: "Lotta per l’inclusione, Il movimento delle persone con disabilità motorie negli anni Settanta in Italia” e attivista del Pride Disability Network - con cui migliaia di persone con disabilità convenute a Roma rivendicavano il diritto di uguaglianza e di riconoscimento della categoria». Quelle manifestazioni oggi sono rinnegate dagli attivisti «perché offrivano un’immagine pietistica delle persone con disabilità. Anche i vecchi attivisti oggi non ne parlano con piacere».
La differenza tra il Disability Pride e i movimenti del passato
Alimena ha una formazione da storica e mentre molti suoi colleghi studiavano il ‘68, intendendolo come anno cruciale per lo sviluppo dei movimenti studenteschi, femministi e di rivendicazione dei lavoratori, si è domandata se durante quel periodo tumultuoso qualcuno si fosse mosso per i diritti delle persone con disabilità. Così ha incrociato le marce per il dolore, e le prime manifestazioni svoltesi a Roma.
«Oggi - spiega - c’è un discorso diverso, legato al protagonismo delle persone con disabilità, c’è una grande differenza tra il Disability Pride e i movimenti del passato, anche perché delle conquiste ci sono state, e ora quello che si chiede è la rappresentazione e la rivendicazione degli spazi».
La voglia di passare dal contesto accademico a quello dell’attivismo è dovuta alla prima partecipazione di Enrichetta al Roma Disability pride: «Ciò che mi ha spinto a partecipare è stata l’idea che ci fosse un grande ritrovo fisico in queste manifestazioni. Si fanno incontri pazzeschi».
Al Roma Disability Pride Enrichetta ha conosciuto Sirio: «Un bambino di nove anni che ha una grave disabilità. I suoi genitori hanno creato dopo la sua nascita la Fondazione Tetrabondi con cui ogni anno organizzano la manifestazione di sport inclusivo: “Ognuno a modo suo”».
Quest’anno Enrichetta sarà in Calabria e non potrà partecipare al Disability Pride di Roma, «ma il suo auspicio è che il movimento sia sempre più unito».
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