Il progetto di Non sono emergenza, con le foto di Riccardo Venturi e il documentario di Arianna Massimi. Aumenta il disagio tra i giovani: benessere psicologico in calo (soprattutto tra le ragazze) e cresce l’isolamento sociale, con più di 60mila hikikomori in Italia
Tra ansia, depressione e forme crescenti di isolamento, negli ultimi anni si sono accesi sempre più riflettori sui malesseri delle nuove generazioni. In questa direzione prende il via Non sono emergenza, una campagna di comunicazione che indaga il disagio degli adolescenti, in collaborazione con l’osservatorio Con i bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Con la partecipazione delle “comunità educanti” e con le storie e l’ascolto diretto di ragazzi e ragazze, supportate dai dati sul fenomeno elaborati insieme a Openpolis.
Non sono emergenza
Le storie prima di tutto. Raccontate con le immagini di Riccardo Venturi, vincitore di due World press photo, e tramite un documentario di Arianna Massimi. C’è la storia di Marianna, una ragazza che ha sofferto e in parte soffre ancora di una forte depressione. A differenza di molti altri, non si chiude in sé stessa ma ne parla con i suoi amici più intimi. Insieme a loro, capisce che l’ansia e la depressione di cui soffre è un male comune, condiviso. Quasi un male della sua generazione, di cui non deve vergognarsi.
Quello di Marianna è un malessere che accomuna anche Rosa, 17 anni, ragazza sensibile con un carattere introverso, come si nota dalle immagini e dai racconti. Anche a causa del lockdown la sua situazione si aggrava e si chiude in casa. Giorni, mesi, anni. In una sorta di autoisolamento dal quale fatica ad uscire, nonostante il sostegno della famiglia e della scuola. Rosa, come un fiore spezzato, riesce a parlare solo con chi come lei, si sente di aver subito un danno, una ferita.
Quello di Venturi e Massimi è un viaggio da nord a sud, iniziato un anno fa e ancora in corso, che è al centro della campagna Non Sono Emergenza. Con il tema del disagio degli adolescenti come principale denominatore comune e tramite un percorso di incontro e ascolto di ragazzi e ragazze: per superare una visione emergenziale e critica sul mondo giovanile, fare emergere le dimensioni del fenomeno nel suo complesso e promuovere il protagonismo delle nuove generazioni.
Qualche numero
La campagna somma alle immagini artistiche una selezione ed elaborazione dei dati disponibili. E sono numeri – quelli che raccontano il disagio giovanile nelle sue diverse forme – che crescono di anno in anno, con un’accelerata dalla pandemia in poi.
L’Istat studia il benessere psicologico costruendo un indice che varia tra 0 e 100. E secondo gli ultimi dati, dal Covid la situazione è peggiorata: l’indice di salute mentale medio tra i 14-19enni nel 2021 è calato a 70,3 da 73,9 nella rilevazione dell’anno precedente, per risalire a 71 nel 2023. Con un divario di genere che vede un minor benessere psicologico per le ragazze (con un indice di 67,4 per le giovani di 14-19 anni nel 2023) rispetto ai ragazzi (74,3).
Ulteriori segnali di malessere emergono dalle rilevazioni di Iss, l’Istituto superiore di sanità, nell’ambito dell’indagine sulle dipendenze comportamentali nella generazione Z (i nativi digitali, nati tra la fine degli anni ’90 e il 2012). Dall’indagine è emerso che si stimano in 65.967 gli studenti tra 11 e 17 anni – i cosiddetti hikikomori – con tendenza all’isolamento sociale (l’1,6 per cento del totale). E sempre secondo l’Iss, si può stimare che quasi 100mila ragazze e ragazzi (il 2,5 per cento degli 11-17enni) presentino caratteristiche compatibili con la presenza di una dipendenza da social media.
Un disagio – quello dell’isolamento sociale – che nei numeri si declina da una parte nella diminuzione della frequentazione stabile di amici e, dall’altra, nella crescente difficoltà nell’instaurare una relazione costruttiva con genitori e adulti. Il 54 per cento degli adolescenti crede che gli adulti non comprendano i ragazzi, trovando d’accordo il 45 per cento dei genitori.
Superare una visione emergenziale
I dati su cui si poggia la campagna escono fuori dal recinto emergenziale e restituiscono una realtà – quella delle nuove generazioni – che non è solo ombre, ma anche luci. Ad esempio, quasi due giovani su tre si dichiarano molto preoccupati per il cambiamento climatico (molto più della media della popolazione, pari al 53 per cento). La quota di 18-19enni che hanno preso parte ad associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace è quasi doppia rispetto al resto della popolazione. E appare in crescita la quota di chi, tra 14 e 17 anni, presta attività gratuite in associazioni di volontariato (6,4 per cento nel 2022, a fronte del 3,9 dell’anno precedente).
«Il mondo degli adulti ha difficoltà a comprendere le ragioni di questo disagio diffuso, presente già da prima della pandemia ma cresciuto durante quel periodo drammatico», dice Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini. «Non possiamo uscirne etichettando semplicisticamente come emergenza un’intera generazione o definire gretini chi si impegna per la salvaguardia del pianeta, cioè il loro futuro. Ci sono tanti ragazzi che fanno cose insieme, si aiutano e aiutano nei momenti di bisogno, fanno sport, volontariato e costruiscono comunità a scuola e fuori. Ascoltiamoli! Hanno da insegnare a noi tutti in un mondo complesso che è e sarà il loro».
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