Qual è il paese più vincente nello sport al mondo? Per la risposta non serve un genio, senza pensarci troppo tutti sceglieranno la soluzione più facile, che poi è quella giusta: gli Stati Uniti. Un po’ più complicato è il secondo quesito. Chi è che vince di più in rapporto al numero degli abitanti? La risposta stavolta non è scontata e va a premiare la Slovenia di Tadej Pogacar, con il suo bel carico di punti fra Giro, Tour e Mondiale. Sono i verdetti delle classifiche, a tre quarti del cammino del 2024, pubblicate dal sito greatestsportingnation.com, una miniera statistica che mette insieme una gamma di risultati di oltre 150 eventi sportivi più importanti da sport a sport, ne sono censiti 80, dalle Olimpiadi in giù.

C’è una graduatoria, mettiamola così, di quantità, e qui gli Usa (6607 punti) sono decisamente in fuga su Francia (4299) e Cina (3314). Ce n’è poi una ponderata, in cui il complesso dei risultati si confronta anche con le forze a disposizione: insomma, è chiaro che una cosa sono i poco più di due milioni di abitanti della Slovenia, un’altra i 333 degli Stati Uniti. In questa seconda partita, si prende dunque in considerazione la variabile popolazione. E la Slovenia è in vantaggio nello sprint vincente con la Norvegia (1 punto per ogni 4419 abitanti per contro 1 ogni 4636, terza la Nuova Zelanda a 5848) dei vari Ingebrigtsen, Warholm e Haaland, regina degli ultimi due anni e che naturalmente mette sul piatto la sua potenza negli sport invernali.

Quanto all’Italia, c’è un incoraggiante quinto posto (davanti a noi pure la Germania, ma avevamo chiuso il 2023 al settimo posto) nella Global Cup, quella appunto in cui non conta il numero di abitanti, mentre nella Per Capita Cup, siamo passati dalla ventisettesima alla ventitreesima posizione. Per scomporre i dati, siamo primi nella pallavolo, secondi nel tennis e nella scherma, quarti nel tiro (a volo e a segno, l’arco è a parte), quinti nel nuoto, sesti nella ginnastica artistica, settimi nell’atletica. Niente male. Nel ranking maschile, dove siamo quarti, viaggiamo più avanti rispetto al settimo posto di quello femminile. Completano i primi 10 posti, in ordine di punteggio, Australia, Giappone, Gran Bretagna, Canada e Olanda. Olanda che compare, quarta, nell’altro ranking, quello in cui contano i numeri della popolazione, dove c’è pure l’Australia, settima.

Il parametro del reddito

Poi, però, cambiano diverse cose se chiamiamo in causa un altro parametro. Le classifiche di greatersportingnation.com si fermano alle due classifiche. Noi proviamo a tirare in ballo anche il reddito pro capite dei singoli paesi prendendo in considerazione i dati della Banca Mondiale del 2022. Se limitiamo ai primi 30 posti della Global Cup l’analisi, per evitare che risultati maturati con troppi pochi punti possano consentire un piazzamento ai vertici, stavolta la regina è la Serbia di Novak Djokovic (che è decima nella classifica senza la variabile economico-sociale). Allargando ai primi 50 ecco la sorpresa Kirghizistan, che con le sole lotta e boxe raggiunge la cima.

La Slovenia indietreggia – nel ranking dei primi trenta finisce quarta, seconda è la Giamaica, terza la Georgia del napoletano Kvaratskhelia, che conta sul trittico judo-lotta-sollevamento pesi, mentre compare nelle prime posizioni anche la Croazia, ottava (sesta è l’Ungheria, settima la Lettonia) limitando l’inchiesta alle top 30. Morale della ricognizione: a distanza di più di trent’anni dalla sua scomparsa dalla geografia politica, la Jugoslavia che fu resta un marchio di fabbrica dello sport che vince e la divisione delle forze sembra aver generato una moltiplicazione di successi piuttosto che una sua contrazione.

Certo quel “vivere in tuta” che è stato un pezzo dell’identità della nazione frantumata da una spietata sequenza di conflitti negli anni 90, viene declinato ormai in modi molto diversi. Per dire, la Slovenia oltre a sbancare il ciclismo – con Pogacar c’è anche la Vuelta di Primoz Roglic che fa punteggio – accumula punti con volley e pallamano, se la cava negli sport invernali e aggiunge al tutto un giovane sport olimpico come l’arrampicata sportiva dove Janja Garnbret ha bissato a Parigi l’oro di Tokyo. La Serbia di Djokovic va più sul classico, resta ancorata alla vecchia storia jugoslava, e il suo giardino di casa è fatto soprattutto di basket, volley e ovviamente pallanuoto, dove nella finale olimpica maschile ha avuto ragione della Croazia, altri ex jugoslavi. Che a loro volta hanno nel loro paniere hanno anche le arti marziali e il canottaggio. La Croazia, che nel passato ha anche guidato la classifica della Per Capita Cup anche grazie ai suoi risultati calcistici, ha perso posizioni preziose ma nel complesso è sempre là.

La corsa a inventare classifiche che possano mettere dentro più sport possibile, e più sport possibili, non è nuova. In questo caso, gli statistici di Greatest Sporting Nation, che sono a disposizione per integrare il numero delle discipline sportive considerate (ci sono olimpiche e non olimpiche, ma bisogna rispettare il criterio di un mondiale con i cinque continenti e almeno dieci nazioni nella fase finale), hanno scelto una classifica che premia non solo le medaglie ma anche i piazzamenti fuori dal podio – dieci punti al primo, otto al secondo, fino a un punto per l’ottavo, trovando anche una soluzione per quanto riguarda gli sport di squadra il cui peso viene moltiplicato da tre a otto – a seconda della frequenza dell’avvenimento, (un Mondiale ogni quattro anni vale il massimo) rispetto ai risultati conseguiti nelle gare individuali. Poi c’è qualche scelta che potrà pure non andare giù a qualcuno: nel ciclismo non sono considerate le classiche monumento mentre fanno punti le grandi maratone internazionali, ma l’abbondanza di dati è comunque tale da dare una sufficiente robustezza e credibilità alle classifiche.

Da Shanghai al Lombardia

E sarà un caso ma proprio i leader sportivi di Slovenia e Serbia rischiano di essere protagonisti di questo fine settimana sportivo. Se Novak Djokovic è tuttora in lizza nel Masters 1000 di Shangai visto che ieri ha conquistato la semifinale battendo il ceco Mensik, Tadej Pogacar è atteso all’ennesimo palcoscenico da favorito, quello del Giro di Lombardia di oggi. Sono passati troppi anni, era il 1991, da quando il playmaker sloveno Jure Zdovc, a poche ore dalla semifinale dell’Europeo di basket, disse ai vari Kukoc e Divac di quello squadrone, un sofferto «io torno a casa» di cui non si è mai pentito. Dopo ansiosi scambi telefonici con casa (precisamente con i dirigenti del suo club, l’Olimpia Lubiana) dov’era cominciata la più breve delle guerre dell’ex Jugoslavia, durò dieci giorni. La maggior parte dei protagonisti, per non dire quasi tutti (Djokovic aveva quattro anni), non erano neanche nati ai tempi del conflitto e non sono mai stati cittadini di quel paese ormai rimasto solo sui libri di storia. Ma quella matrice, quell’origine, continua a dire la sua. E in questi mesi o anni, fra una classifica e l’altra, non c’è niente da fare: bisogna fare i conti con i figli di quella controversa storia dal tragico epilogo.

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