Ci sono fatti che sembrano non avere attinenza, appaiono a un primo sguardo scollegati tra loro. Eppure, se si mettono in fila, provocano dubbi e domande.

Fatti accaduti a distanza di poche ore e in luoghi diversi. Uno a Casoria, paesone in provincia di Napoli, e l’altro a Dubai, città di dorate latitanze. Punti distanti eppure così vicini. Martedì scorso è stata diffusa la notizia di una sparatoria lungo la circonvallazione esterna di Napoli, nel territorio di Arpino, frazione del comune di Casoria.

Ignoti a bordo di uno scooter hanno affiancato una autovettura sparando contro i due occupanti: uno, già noto alle forze dell’ordine, è stato ferito a un braccio, l’altro è stato colpito in modo grave. Quello noto alle forze dell’ordine si chiama Kevin Di Napoli, sconta in comunità gli arresti domiciliari, da tempo ha ripreso a combattere raccontando di aver cambiato vita.

In quella passata era un picchiatore al servizio di Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, capo degli Irriducibili della Lazio, figura di spicco dello spaccio di droga a Roma, morto ammazzato il 7 agosto del 2019. Di Napoli è fuori pericolo, più gravi le condizioni di Raffaele Scotti, dipendente della comunità. Si è trattato di una rapina o di un agguato? Toccherà ai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna dare una risposta, ma la seconda pista non è affatto esclusa, anzi.

Da Casoria a Dubai

Che c’entra Casoria con Dubai? Nella città emiratina, l’annuncio ufficiale è arrivato nelle ultime ore, è stato arrestato Dorian Petoku, di mestiere trafficante di droga, boss in fuga da quando, lo scorso novembre, aveva abbandonato la comunità dove era ristretto.

Questo giornale si era occupato di entrambi quando avevamo rivelato che l’autorità giudiziaria romana, contro il parere della distrettuale antimafia capitolina, aveva pensato bene di mettere nella stessa comunità sia Di Napoli sia Petoku, oltre ad altri due vecchi amici, riunendo quello che le retate avevano diviso. Alla fine Petoku è scappato, una ventina di giorni dopo i nostri articoli e l’inizio della collaborazione di Fabrizio Capogna, altro narcos in ascesa.

Una fuga comoda, probabilmente attraverso il Montenegro e in auto o su voli sotto falsa identità, prima di arrivare a Dubai. In comunità aveva continuato a fare affari, a incontrare la compagna, a vedere gente con precedenti legata a clan napoletani e alla malavita calabrese. Non solo, le autorità italiane, in ossequio alle leggi, avevano fatto in modo di concedergli anche una giornata al mare.

Sulla scorta di un intenso programma di riabilitazione per la documentata dipendenza da cocaina, la stessa che traffica da anni, la corte d’Appello della capitale, presidente Bruno Scicchitano, lo aveva autorizzato ad «allontanarsi dalla sede della comunità San Pio ove è ristretto agli arresti domiciliari nei giorni di martedì e giovedì nei mesi di luglio e agosto 2023 per recarsi presso il tratto di mare antistante la comunità di San Pio nell’ambito dell’attività pedagogiche e ricreative esterne comprese nel programma di recupero», recitava l’ordinanza datata luglio 2023.

Ma il mare non è bastato a Petoku che, alla fine, ha deciso di scappare. Chi lo ha aiutato nella fuga e chi lo ha tradito ora che è finito nuovamente in cella?

Gli incontri

Un fatto è certo, Petoku, detto Dory, a Dubai potrebbe aver incontrato Arben Zogu. Chi è? È il capo della colonna romana della mafia albanese. Colonna perché sembrano cellule terroristiche, si muovono a blocchi, fedeli, compatte, appaiono e scompaiono e lasciano poche tracce. Soprattutto, non sopportano il doppio gioco.

«È andato dal cugino, dal cugino», era la voce che circolava nei mondi criminali romani. A fare cosa? A mettere insieme i pezzi, gli affari, le prossime mosse. Zogu è libero, in Italia non può tornare dopo le condanne ricevute, è stato espulso dal nostro paese nel luglio 2023, i suoi a Roma e dintorni continuano a comandare. A lui la curva Nord degli Irriducibili, guidata da Piscitelli, dedicava ogni domenica uno striscione allo stadio per ricordarne ruolo e potere.

Forse, per capire chi è davvero Zogu, detto anche “il nano” per la bassa statura, bisogna leggere un’intercettazione che lo riguarda, parole pronunciate da un amico della banda. «Strega (Piscitelli, ndr) si salvava perché avevano paura del nano (...) Perché non tiene rivali (...) Solo chi conosce bene lui sa a cosa può arrivare (...) Riesce a fa schierare 100 kamikaze (...)».

In pratica Piscitelli non è stato ucciso prima grazie alla protezione di Zogu. Proprio l’omicidio di Diabolik ha scatenato una strisciante guerra tra gli albanesi e i napoletani di Michele Senese, uomo dei Moccia da anni trapiantato a Roma. E ci sarebbero gli uomini di Senese, e lo stesso capoclan, dietro l’assassinio di Piscitelli. Un dato che viene confermato da lettere minatorie che sarebbero partite dall’Albania indirizzate proprio agli affiliati della banda di Senese. In particolare il collaboratore di giustizia Fabrizio Capogna ha riferito l’autore delle missive: Arben Zogu.

C’è anche un altro episodio che coinvolge gli stessi personaggi. Proprio Dorian Petoku, insieme ad altri due connazionali, avrebbero picchiato per ritorsione Esteban Calderon, accusato di essere il killer di Piscitelli. Il fatto è accaduto in carcere a Rebibbia nel gennaio 2022. Casoria, Dubai e Roma, città lontane con un filo rosso che racconta di crimine e affari.

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