Come in un romanzo di Le Carré la storia che ha come protagonista il gruppo di “spioni” di Milano è densa di misteri. Hacker, consulenti informatici, ex poliziotti, manager legati a doppio filo alla politica e misteriose figure che si muovono tra generali e ufficiali degli apparati dell’intelligence.

Ognuno con un ruolo specifico tanto da rispondere a vario titolo di concorso in accesso abusivo a sistema informatico, associazione a delinquere, corruzione. Gli inquirenti che in queste ore stanno lavorando per cercare il bandolo della matassa si sono trovati davanti a un intrigo. Anche di tipo internazionale.

Basti pensare che Andrea De Donno, l’indagato che per la centrale di via Pattari 6 si sarebbe occupato da consulente esterno dei servizi di intercettazione e che si vantava di avere tra i suoi clienti «la Lega» di Matteo Salvini, ha società in Svizzera e affari negli Emirati Arabi, per non parlare delle relazioni societarie di primissimo rilievo, che arrivano fino al generale Mauro Obinu, l’ufficiale dei carabinieri in congedo assolto con l’ex generale Mori dall’accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia e già dirigente della presidenza del Consiglio dei ministri in servizio all’Aisi, i servizi segreti interni.

A oggi De Donno sembra sparito nel nulla: il suo telefono è inattivo e dalla Blusec, l’azienda di Lugano in cui è amministratore delegato e che per chi indaga «fungerebbe da strumento di investigazione privata illecita attiva sul territorio italiano», nulla trapela, anzi alle richieste di parlare con De Donno hanno opposto un netto rifiuto.

Le ombre, insomma, si infittiscono in questa vicenda dove i servizi segreti si muovono sullo sfondo, come confermano gli atti giudiziari. È uno degli indagati a citare in una conversazione registrata anche la presenza di una “squadra rivale”, la Fiore, descritta come centrale di spionaggio romana dai forti legami con gli apparati di intelligence italiani e stranieri e su cui i pm capitolino hanno aperto un fascicolo. Emerge anche la presenza di altre aziende che offrono servizi di business intelligence avviate da ex 007 in pensione.

Il cervellone di via Urss

Ora dalle nuove informative dei carabinieri di Varese emergono nuovi dettagli. Uno di questi riguarda un palazzone che, vuoi le coincidenze vuoi la sorte beffarda, si trova a Torino, al civico 216 di corso dell’Unione Sovietica.

Quel grande immobile è sede del Csi Piemonte, il Consorzio per il sistema informativo, uno dei «più grandi data center italiani dove sembrerebbero essere presenti informazioni riconducibili alla Pubblica amministrazione». Immaginate corridoi iper tecnologici con file e file di server, cioè archivi digitali enormi.

Questo è il Csi citato in più di un passaggio all’interno delle carte giudiziarie. Presso il Csi Piemonte sarebbe «ubicato il backup/disaster recovery». In altre parole il gruppo di spioni si sarebbe infiltrato nei sistemi del consorzio, a cui viene «demandata la gestione dei dati su server in Cloud».

Dati su dati, compresi quelli sanitari, finiti nella centrale nascosta di spionaggio schermata da Equalize, controllata al 95 per cento dall’indagato Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano (molto vicino al governatore leghista Fontana), e al 5 dall’ex poliziotto del caso Gucci Carmine Gallo, finito ai domiciliari.

Gli spioni al servizio di Pazzali hanno più volte fatto riferimento a dei loro «ragazzi» che operano nei database di stato in quanto manutentori. Sarebbe anche grazie a loro, dicono alcuni degli indagati, che riescono ad accumulare documenti riservatissimi custoditi nei centri dati del ministero dell’Interno.

«Lo Sdi (dove sono riportate informazioni riservatissime sui cittadini italiani, ndr) viene progettato dai ragazzi di Bologna e dai ragazzi di Colchester che sono i miei... e poi è detenuto nei server fisici di Torino... quindi il Ministero dell'Interno ha questa struttura e noi abbiamo culo...e chi ha fatto la struttura e c'ha la manutenzione per altri quattro anni e siamo a posto».

Parole, per ora, e ipotesi investigative. Negli atti si legge che «durante le attività tecniche il riferimento degli indagati a Torino e a un server ivi presente contenente dati riservati esfiltrabili è stato continuo». E in un’intercettazione Samuele Calamucci, tra gli arrestati, si lascia andare: «Noi abbiamo un server fisico che è qua… E poi il data center. Ho fatto delle unità di backup, una nella sede di Londra che abbiamo e un altro in Lituania, ti dico la verità perché era il posto più economico per comprare i server».

Citate negli atti ma estranee ai fatti anche due società, la Aditinet Consulting spa e la Novanext srl, subappaltate di Csi, che nel 2021 si sono aggiudicate una gara d’appalto europea per l’acquisizione dei servizi di manutenzione hardware e software per apparati di rete e sicurezza. Contattate da questo giornale, solo Aditinet ha risposto. E tramite l’ad Paolo Marsella, ha dichiarato di «non avere e non avere mai avuto nel passato nessun tipo di rapporto né tecnico né commerciale con la società Equalize».

Intanto Domani ha scoperto che tra i fornitori del Csi Piemonte di Torino c’è Municipia spa, la società attiva nella gestione e riscossione dei tributi per gli enti locali con sede a Trento. Allo stesso tempo Municipia è a sua volta nella lista di clienti-fornitori di Equalize.

Da gennaio 2022 a novembre 2023 la spa avrebbe elargito circa 30mila euro alla società di Pazzali e Gallo. Inoltre Municipia è spesso citata nelle informative del nucleo investigativo dei carabinieri. È, ad esempio, tra le società e i soggetti a cui il gruppo di via Pattari vuole proporre la piattaforma di dati leciti e no denominata “Beyond”.

Servizi segreti

Se di sicurezza si parla, inoltre, non può non riscontrarsi una certa preoccupazione negli uffici di via Pattari a Milano. Il timore era quello di essere scoperti dalle forze dell’ordine. Ma è sempre l’ex super poliziotto a rassicurare i “soci”. «I-phone quindici è impenetrabile!», chiosa Gallo che rievoca il passato. «Io mi ricordo quando mettevamo ancora le microspie nei vasi dei fiori, è ovvio, ogni 48 ore di notte andavamo a cambiarle perché la batteria... E trovavamo sempre un panettiere che apriva alle due di notte e si metteva fuori... E tu stavi là e dovevi trovare sempre una soluzione per distrarlo, quindi no, no, no, questi sistemi qua sono usciti da poco col trojan e poi costa tantissimo il trojan! Devi giustificare una cosa gravissima. Cioè devi giustificare terrorismo», conclude Gallo. E a proposito di ricordi il socio di Pazzali in Equalize fa riferimento, anche ai servizi segreti.

Legami che Domani ha già raccontato, a partire dalle intercettazioni dell’hacker Calamucci che oggi si arricchiscono di nuovi particolari in riferimento al materiale di cui il gruppo sarebbe entrato in possesso. «Abbiamo parte dell’archivio di Giulio Andreotti, non so se hai presente», dice l’arrestato. E poi c’è ancora Gallo che ammette appunto di «aver fatto parte dei servizi». Una dichiarazione che per gli inquirenti «è tutt’altro priva di fondamento». Ma la sua doppia appartenenza risulta «incredibile».

Il motivo? «Gallo – si legge nelle carte – non ha mai abbandonato i contatti con la Polizia di Stato e la sua funzione di intelligence sembrerebbe essere legata proprio al ruolo "interno" agli uffici giudiziari della Procura di Milano».

L’ex poliziotto racconta, poi, ai colleghi anche del suo rapporto con Giuliano Tavaroli, l’ex sottufficiale dei carabinieri di Milano ed ex responsabile della sicurezza di Pirelli prima e Telecom poi, coinvolto nello scandalo Telecom-Sismi, per cui ha patteggiato una pena di 4 anni e mezzo. «Eravamo amici… mi ha fatto un sacco di favori devo dire quando era alla Tim. E io poi a lui e via», dice Gallo che racconta che entrambi «erano nei servizi». E c’è chi tra gli “spioni” di via Pattari un momento dopo si lascia andare: «Tavaroli con Pirelli e le intercettazioni ne hanno fatto di porcate... cioè è finito pure in carcere però ne è uscito e ha i milioni di euro, noi lo facciamo per quattro noccioline».

A parlare è Massimiliano Camponovo, indagato. Nel primo interrogatorio ha detto di temere per la sua «incolumità». Dice, anche, di aver percepito che dietro al sistema Gallo-Pazzali ci fosse «qualcosa di oscuro». Una dimensione ancora più segreta.

© Riproduzione riservata