- La morte di Silvio Berlusconi potrebbe dare impulso all’indagine senza fine della procura di Firenze sui presunti mandanti esterni alle stragi del 1993 che uccisero dieci innocenti, tra questi due bambine. Non fu solo mafia, questa è l’unica certezza, ma i padrini politici di quella campagna stragista restano un mistero, gli indagati sono sempre loro, Marcello Dell’Utri e il Cavaliere.
- Ora però il primo dovrà difendersi da solo, perché la scomparsa di Berlusconi porta con sé anche la fine dell’indagine sul fondatore di Mediaset.
- Marcello Dell’Utri è stato per anni foraggiato con vitalizi e regalie da Berlusconi: un ringraziamento per la pluridecennale amicizia e anche per il prolungato silenzio in merito agli affari sulla rotta Palermo-Milano.
La morte di Silvio Berlusconi potrebbe dare impulso all’indagine senza fine della procura di Firenze sui presunti mandanti esterni alle stragi del 1993 che uccisero dieci innocenti, tra questi due bambine. Non fu solo mafia, questa è l’unica certezza, ma i padrini politici di quella campagna stragista restano un mistero, gli indagati sono sempre loro, Marcello Dell’Utri e il Cavaliere. Ora però il primo dovrà difendersi da solo, perché la scomparsa di Berlusconi porta con sé anche la fine dell’indagine sul fondatore di Mediaset.
L’ultimo mistero
Un’indagine che negli ultimi mesi ha avuto anche un’appendice con protagonista Salvatore Baiardo, già condannato per aver favorito la latitanza dei fratelli Graviano. Baiardo sarebbe in possesso di una foto che ritrarrebbe Berlusconi con lo stragista, Giuseppe Graviano, e il generale dei carabinieri, Francesco Delfino, risalente ai primi anni novanta. Un’appendice che si collega anche alla chiusura anticipata del programma Non è L’Arena di Massimo Giletti.
Un dato è certo, con la morte dell’ex presidente del Consiglio si chiude per sempre l’indagine a suo carico per la scomparsa del presunto autore del reato. L’ex primo ministro era indagato per concorso in strage con l’aggravante di aver favorito la mafia, un’ipotesi investigativa che ha sempre fatto inorridire gli indagati. Inorridire non solo per l’accusa gravissima, ma anche perché inchieste simili erano già state aperte in passato con lo stesso esito: l’archiviazione. Berlusconi per anni è rimasto incagliato in questo sospetto senza mai potersi difendere in un processo, neanche questa volta i magistrati sono riusciti a concludere la fase preliminare con una richiesta di rinvio a giudizio.
I sospetti di legami con la mafia originano dai rapporti accertati tra cosa nostra e Dell’Utri, quest’ultimo condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, sentenza nella quale Berlusconi è ampiamente citato e dove viene riportato un altro dato riscontrato: i finanziamenti dell’ex presidente del Consiglio alla mafia siciliana prima quella di Stefano Bontate, successivamente quella di Totò Riina. Ma le stragi sono un’altra storia.
Stragi
Una storia di trent’anni fa. È infatti nel lontano 1994 che, per la prima volta, Berlusconi e Dell'Utri finiscono nell'indagine di Caltanissetta sull'uccisione del magistrato, Giovanni Falcone. L'archiviazione arriva due anni dopo «per la friabilità del quadro indiziario». Ma è solo la prima inchiesta, mentre in Sicilia archiviano, a Firenze iniziano un nuovo filone per l'attentato ai via dei Georgofili, nel quale morirono 5 persone, il 27 maggio 1993. Gli indagati? Sempre l’ex presidente del consiglio e il fidato collaboratore.
Alla fine del dicembre 2007 l’inchiesta è stata archiviata e così anche il secondo tentativo falliva. Ancora prima, a Palermo, un’altra indagine per associazione mafiosa e riciclaggio, aveva riguardato Berlusconi e Dell’Utri indicati come come “M” e “MM” in compagnia di "MMM", Vittorio Mangano, che era stato per qualche anno stalliere nella villa berlusconiana di Arcore, a tempo pieno invece faceva il mafioso della famiglia palermitana di Porta Nuova. Qualche anno più tardi, sia Dell’Utri che Berlusconi definirono Mangano come eroe per non aver parlato con i magistrati.
Soldi e bombe
Un’altra svolta arriva con il pentimento di Gaspare Spatuzza che ha riscritto la storia della strage di via D’Amelio, dove furono uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta. Il boss ha riferito agli inquirenti anche dei rapporti tra i politici e i suoi padrini, gli stragisti di Brancaccio, Filippo e Giuseppe Graviano. Proprio quest’ultimo, dal carcere, parlando con il suo compagno di ora d’aria, ha fatto riferimento anche ai contatti con Berlusconi, concetto che ha ribadito anche durante il processo ‘ndrangheta stragista istruito dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo. Così, ed è la quarta volta, è stata riaperta un’indagine sull’ex primo ministro, con l’ipotesi di concorso in strage.
La procura ha raccolto elementi, ha acquisito relazioni, ha ascoltato testimoni per verificare l’ingresso di capitali mafiosi nelle società dell’ex cavaliere alla base del suo impero. I pubblici ministeri Luca Turco e Luca Tescaroli vogliono anche verificare l’eventuale ruolo di garanti esterni nelle stragi del 1993 finalizzate a terrorizzare il paese e avviare la fase nuova.
L’indagine doveva chiudersi entro il dicembre 2022, ma ha subito un nuovo stop e una ripartenza. La svolta all’orizzonte farà a meno dell’indagato più ingombrante. L’unico indagato resta Marcello Dell’Utri, per anni foraggiato con prebende, vitalizi e regalie da Berlusconi: un ringraziamento per la pluridecennale amicizia e anche per il prolungato silenzio in merito agli affari sulla rotta Palermo-Milano.
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