Il servizio sanitario paga la dose a tutte le categorie a rischio, ma anche gli altri sono invitati a proteggersi. Però nessuno sa in quanti aderiranno e dunque non ci sono scorte sufficienti
- Per evitare che il numero di sintomatici (da influenza) intasi le strutture che devono gestire il Covid bisogna ampliare la copertura vaccinale anche alle fasce non a rischio, proprio quelle che includono la maggior parte dei lavoratori ai quali è affidata la ripresa economica del Paese.
- Ministero della Salute e la maggior parte delle Regioni non hanno previsto con largo anticipo la necessità di aumentare le scorte per la popolazione non a rischio.
- Formalmente le Regioni hanno ceduto alle farmacie solo l’1,5 per cento delle dosi acquistate (circa 250.000), prevedendo di ampliare tale dotazione se nel corso della campagna vaccinale dovessero rendersi disponibili altre dosi.
L’imminente stagione invernale sarà caratterizzata dalla convivenza tra virus influenzali e Sars-CoV-2, lanciando due ardue sfide al Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La prima è l’indifferibile potenziamento dell’attività di testing dei soggetti con sintomi simil-influenzali, di fatto sovrapponibili tra influenza e Covid-19.
Per la diagnosi differenziale è indispensabile sottoporre il paziente a tampone, auspicabilmente rapido, per identificare e isolare in tempi brevi i casi di Covid, senza paralizzare con quarantene cautelative attività scolastiche e produttive al primo starnuto o linea di febbre.
La seconda sfida consiste nella massiccia estensione della vaccinazione antinfluenzale che quest’anno, oltre a ridurre le complicanze dell’influenza stagionale e contenere l’eccesso di mortalità, riveste un obiettivo strategico di salute pubblica: ridurre il numero di persone sintomatiche che rischiano di sovraccaricare i servizi sanitari territoriali e i pronto soccorso.
Le domanda incerta
Per centrare questo ambizioso obiettivo bisogna ampliare la copertura vaccinale anche alle fasce non a rischio, proprio quelle che includono la maggior parte dei lavoratori ai quali è affidata la ripresa economica del Paese.
A inizio giugno, il ministero della Salute ha emanato una circolare raccomandando il vaccino per tutti i soggetti, senza controindicazioni, a partire dai sei mesi di età, con offerta attiva e gratuita per le fasce a rischio.
Anche se il vaccino viene offerto a carico del servizio sanitario nazionale ad alcune categorie della popolazione, tutte le persone sono caldamente invitate a vaccinarsi. Chi non rientra nei gruppi a rischio deve acquistare, a proprie spese, il vaccino in farmacia.
A fronte di queste raccomandazioni, tuttavia, sono emerse le preoccupazioni di Farmindustria, oltre che delle associazioni di settore (Federfarma, FOFI, Assofarm), che hanno confermato l’indisponibilità di vaccino antinfluenzale nelle farmacie.
L’Agenzia Italiana del Farmaco, dal canto suo, ha spento l’incendio sul nascere assicurando che le oltre 17 milioni di dosi acquistate dalle Regioni rispondono ampiamente al fabbisogno, visto che nella scorsa stagione influenzale ne sono state distribuite 12,5 milioni con una copertura del 54,6% negli over 65.
Tuttavia, se è vero che questo aumento delle scorte permetterà di estendere le coperture vaccinali nelle categorie a rischio, non è stato preso in considerazione il potenziale incremento di domanda del resto della popolazione, molto difficile da stimare.
Ostaggio di un tampone
Oggi infatti c’è una maggiore sensibilizzazione alla vaccinazione, sia da parte di persone che non vogliono rimanere ostaggio di un tampone ai primi sintomi influenzali, sia da parte dei datori di lavoro, preoccupati di improvvise quarantene che potrebbero paralizzare le attività produttive.
Formalmente le Regioni hanno ceduto alle farmacie solo l’1,5 per cento delle dosi acquistate (circa 250.000), prevedendo di ampliare tale dotazione se nel corso della campagna vaccinale dovessero rendersi disponibili altre dosi.
La Fondazione GIMBE ha recentemente condotto uno studio con l’obiettivo di mappare le scorte di vaccino antinfluenzale delle Regioni, stimandone parallelamente la disponibilità per la popolazione generale, ovvero quella non appartenente alle categorie a rischio. In particolare è stato verificato se le dosi acquistate da ciascuna Regione sono sufficienti a garantire la copertura minima raccomandata del 75 per cento delle persone a rischio per età (bambini tra 6 mesi e 6 anni e adulti over 60) e stimare il numero di dosi eventualmente disponibili per le persone interessate ad acquistare il vaccino in farmacia.
Oggi solo 12 Regioni si sono aggiudicate un quantitativo adeguato di dosi per raggiungere l’obiettivo di copertura minimo del 75 per cento. In queste Regioni, la disponibilità di dosi residue che potrebbero essere rilasciate alle farmacie è molto variabile: da Puglia e Lazio, rispettivamente poco più e poco meno di un milione di dosi, a Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Marche, che ne dispongono meno di 10.000. Invece le rimanenti 7 Regioni e 2 Province autonome, con le scorte disponibili non riusciranno neppure a raggiungere la copertura del 75 per cento della popolazione target per età.
Da un lato, diverse Regioni si sono attivate per recuperare dosi ulteriori di vaccino, quindi la disponibilità potrebbe aumentare. Dall’altro però, avendo tenuto conto solo del fattore anagrafico, le dosi residue potrebbero essere sovrastimate. Infatti, prima di “liberare” le dosi di vaccino per il resto della popolazione, hanno il diritto ad essere vaccinate gratuitamente tutte le persone appartenenti alle altre categorie a rischio (minori di 60 anni con patologie croniche, donne in gravidanza, operatori sanitari e altri lavoratori a rischio, etc.)
Previsioni mancate al ministero
Ma come siamo arrivati a questo punto? Innanzitutto, Ministero della Salute e la maggior parte delle Regioni non hanno previsto con largo anticipo la necessità di aumentare le scorte per la popolazione non a rischio. In secondo luogo, l’aumentata domanda sui mercati internazionali, insieme al ritardo con cui sono stati indetti i bandi di gara, ha impedito ad alcune Regioni di aggiudicarsi il 100 per cento delle dosi richieste. Infine, le farmacie non sono riuscite ad approvvigionarsi autonomamente per mancata disponibilità del vaccino sul mercato.
Purtroppo, la difficoltà di accesso per la popolazione generale al vaccino antinfluenzale potrebbe costituire un problema rilevante: in molte Regioni, infatti, solo la decisione di escludere una o più categorie a rischio (per esempio i bambini) dall’offerta attiva e gratuita o quella di accontentarsi di una copertura vaccinale inferiore al 75 per cento, permetterà di rilasciare ulteriori dosi alle farmacie per l’acquisto individuale.
Alcune strade per risolvere, almeno in parte, i dilemmi etici posti da una programmazione inadeguata del fabbisogno, ci sarebbero: da meccanismi di solidarietà tra Regioni che dispongono di maggiori quantità di vaccini ad approvvigionamenti diretti del ministero tramite circuiti internazionali e, soprattutto, a un’adeguata organizzazione regionale con tempestiva chiamata attiva delle fasce a rischio, così da rilasciare in tempo utile alle farmacie le dosi non utilizzate.
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