Cambia la legge sui tetti di spesa per i libri di testo, che dal 2025 saranno «adeguati al tasso di inflazione programmata», come stabilito dalla legge 106 del 29 luglio scorso. Su Tempo Pieno avevamo segnalato la paradossale discrasia tra l’aumento dell’inflazione e il tetto sui prezzi dei libri di testo.

Da molti anni gli editori aspettavano che il tetto – rimasto fermo al 2013 e sistematicamente sforato dai Collegi dei docenti – fosse adeguato al tasso di inflazione programmata. Ora la legge 106/2024, modificando il decreto legge n. 71 “Sport e scuola”, ha permesso finalmente di voltare pagina.

La nuova norma, contenente “Misure urgenti in materia di welfare studentesco”, ha aggiunto poche parole all’articolo 15, comma 3, lettera c del decreto-legge 112/2008, precisando appunto che «i tetti di spesa di cui alla presente lettera sono adeguati al tasso di inflazione programmata».

Un’altra modifica importante è che sono stati aggiunti 3 milioni al fondo di 133 milioni di euro per la gratuità totale o parziale dei libri di testo, in favore degli alunni di famiglie povere in obbligo scolastico, stabilito inizialmente dalla legge 135/2012.

Il divario tra regioni

«Il collegamento dei tetti di spesa per i libri scolastici all’inflazione programmata dal 2025 e l’aumento di tre milioni di euro del fondo a favore degli studenti meno abbienti per l’acquisto dei libri scolastici – dice il presidente dell’Associazione italiana editori (AIE) Innocenzo Cipolletta – sono un primo passo importante compiuto da governo e parlamento per garantire un effettivo diritto allo studio».

Lo sblocco dei tetti di spesa, con l’adeguamento all’inflazione, però, genera un altro problema, nel contesto italiano, perché la spesa per la scuola nel nostro paese è, in percentuale rispetto alla spesa generale, la più bassa d’Europa. In Belgio, Olanda e Svezia l’insegnamento e le relative spese didattiche, salvo alcune eccezioni, sono pressoché gratuite in tutto il periodo dell’obbligo. I 3 milioni in più previsti per il 2025-2026, dalla legge 106/2024, riguardano invece solo famiglie con Isee bassi, che oltretutto variano a seconda della regione di appartenenza.

Dunque per conoscere i requisiti d’accesso e gli importi del sostegno pubblico è necessario consultare il sito istituzionale della propria regione. Alcuni esempi: in Piemonte il voucher scuola è riservato a studenti fino a 21 anni con Isee non superiore a 26.000 euro; nel Lazio agli allievi delle scuole secondarie con un reddito Isee inferiore a 15.493,71 euro; mentre in Puglia il contributo è destinato a studenti con Isee non superiore a 11.000 euro, 14.000 per famiglie numerose con tre o più figli.

Come si può capire ogni regione incrementa il fondo, stabilito dallo Stato con l’art. 27 della legge 448/1998, segnando, però, una differenza di 15 mila euro tra Piemonte e Puglia. Una disparità che balza agli occhi soprattutto di questi tempi in cui si parla tanto di autonomia differenziata e di referendum per abrogarla.

Sulle spalle delle famiglie

E le altre famiglie con un Isee superiori, ma comunque non benestanti, come potranno permettersi i libri scolastici nel 2025, quando il tetto sarà adeguato all’inflazione, per cui il prezzo complessivo dei libri aumenterà? Il vicepresidente di Aie e presidente degli editori scolastici, Paolo Tartaglino, ritiene che si potrebbero aiutare le famiglie estendendo le detrazioni fiscali, già operanti per la sanità, anche all’istruzione.

L’Aie ha calcolato che la detrazione fiscale sull’acquisto dei libri scolastici costerebbe allo Stato 80-90 milioni di euro.

«Non è una battaglia la nostra», sottolinea Tartaglino, «ma un’istanza. Abbiamo un dialogo aperto con il governo, che si mostra sensibile alla questione. Sappiamo che esistono problemi finanziari per il reclutamento dei docenti, ma il mancato sostegno per l’acquisto dei libri nuoce a tutta la scuola, non solo agli editori».

Rinunciare ai libri

Secondo i dati forniti da Tartaglino, i tetti sui libri di testo hanno portato a non adottare diversi manuali nel corso degli anni. «Il libro meno adottato, dopo quello di religione, è quello di geografia – dice Tartaglino – ma secondo me è ancora più grave che in alcune scuole secondarie di primo grado non si adotti più l‘antologia, arrivando al 5 per cento della percentuale complessiva di libri non adottati. A volte l’antologia è il solo libro di lettura che si trova nelle famiglie italiane».

Tenendo presente che, secondo i dati Istat dello scorso dicembre, solo il 39,3 per cento della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nell’ultimo anno, per motivi non strettamente scolastici o professionali, in diminuzione rispetto all’anno precedente.

Un bonus problematico

Anche quando gli investimenti ci sono, tuttavia, in Italia riusciamo ad avere problemi. «Abbiamo calcolato che per accedere al bonus libri – dice Tartaglino – servono in media dodici passaggi, determinando una procedura, con operazioni delicate online, che è complessa per tutte le famiglie ma ancora di più per quelle con basso reddito. Inoltre, non c’è abbastanza informazione. Questo fa sì che i soldi non siano richiesti». Infine, anche quando vengono richiesti, in alcune regioni o arrivano in ritardo o arrivano in quantità minore. «In Piemonte – nota Tartaglino – il sistema funziona, ma in altre regioni no».

Non esiste una banca dati che consenta di stabilire il differenziale sull’uso del bonus libri tra le varie regioni, mentre i criteri di trasparenza e di buon governo imporrebbero che il ministero dell’Economia e quello dell’Istruzione monitorassero la situazione nazionale. «Finora il tetto di spesa sui libri di testo è servito – conclude Tartaglino – a contenere il costo dei manuali, ha calmierato i prezzi, tanto che nella scuola secondaria di primo grado un libro costa in media 19,4 euro».

Ma ora il rischio è di passare dalla mancata indicizzazione all’inflazione, con le sue storture paradossali, alla stangata sulle famiglie del ceto medio lasciate senza protezione.

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