Evai Kaili e Francesco Giorgi, indagati in Belgio, avevano diversi business in corso. E avevano contattato un’ex parlamentare italiano per concludere un affare in Kuwait. Le nuove carte dell’indagine
Incarichi pubblici e affari privati. Mentre lavoravano per le istituzioni pubbliche, lei come vice presidente del Paramento europeo e lui da assistente parlamentare, Eva Kaili e Francesco Giorgi si davano molto da fare anche per aiutare imprese private. Da oltre un anno i due sono indagati dalla Procura di Bruxelles con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio, ma in questo caso in teoria non c'entrano i soldi che, secondo l'accusa, sarebbero stati a Giorgi e ad Antonio Panzeri dal Qatar, dal Marocco e dalla Mauritania per ottenere favori all'interno delle istituzioni europee. Qui si tratta di consulenze offerte alle imprese: aziende private, spesso greche, interessate a vendere all'estero, in Paesi sui quali i due erano attivi per impegni politici. Come il Kuwait, dove la coppia italo-greca ha cercato la collaborazione di Paolo Alli, ex deputato italiano e già presidente dell'Assemblea Parlamentare della Nato.
L'inchiesta condotta da Domani e dai suoi partner della rete Eic (European Investigative Collaborations), basata su documenti riservati ottenuti dal quotidiano Le Soir, parte da alcuni ritrovamenti fatti dal polizia belga. Il 9 dicembre del 2022, quando hanno arrestato Giorgi, gli hanno sequestrato anche un computer portatile, con all'interno alcuni contratti relativi a consulenze. Nel pc c'era una cartella chiamata "business", con diverse sottocartelle denominate "Nitrato", "Q8" e “Covid test".
In preparazione all'udienza della polizia del 27 aprile 2023, Giorgi ha scritto una nota difensiva sull'argomento, scoperta durante una seconda perquisizione effettuata il giorno dell'interrogatorio. Nella nota il compagno di Kaili spiega che voleva lasciare il Parlamento europeo dopo le elezioni del 2024, per mettersi in affari e fondare «una società commerciale internazionale» con suo padre, Luciano. I contratti trovati sul pc di Giorgi sono però datati 2021 e 2022, quando l'italiano era ancora assistente parlamentare: per svolgere consulenze private, avrebbe dovuto chiedere il permesso all'ufficio di presidenza.
Interrogato da Eic, il Parlamento si è rifiutato di dirci se lo abbia fatto. Formalmente, comunque, Giorgi non compare mai sui contratti trovati sul suo pc: il nome è sempre quello di suo padre Luciano. È stato però lo stesso Francesco a dire di essere il responsabile di quelle scritture. Gli accordi di riservatezza con i potenziali clienti «sono stati firmati da me con la firma di mio padre, che conosceva solo in modo molto generale. Ma non è stato coinvolto perché si fidava di me», ha scritto nella nota difensiva, assicurando che nessuno dei tentati affari è andato a buon fine.
Bonifiche in Kuwait
Una delle aziende private a cui Giorgi ha fornito i suoi servizi si chiama V Group, fa capo al noto imprenditore Vyron Vasileiadis e nel 2022 era interessata al Kuwait. Come abbiamo raccontato, proprio in quel periodo Giorgi e Kaili si stavano impegnando per far approvare in Ue un provvedimento favorevole al Kuwait (oltre che al Qatar), e cioè la liberalizzazione dei visti per entrate nello spazio Shengen.
Basata al Pireo, 330 dipendenti e un patrimonio di oltre 130 milioni di euro, V Group si occupa di varie attività tra cui la gestione di rifiuti e le bonifiche. Durante gli interrogatori, Kaili e Giorgi hanno spiegato agli investigatori com'è andata. Tutto inizia quando, nei primi mesi del 2022, lei viene contattata dal titolare della società greca per un problema da risolvere in Kuwait. Kaili mette in contatto l'impresa con l'ex parlamentare italiano Alli, trasformatosi intanto in consulente aziendale con parecchie conoscenza in Kuwait. E mette entrambi in collegamento pure con il suo compagno. Risultato? Giorgi prepara un contratto di consulenza con l'impresa greca, intestandolo al padre Luciano.
Si tratta di un “accordo confidenziale” (in gergo tecnico “Non disclosure agreement”), datato 10 maggio 2022 e firmato digitalmente dalle due parti. Prevede lo scambio di informazioni confidenziali: V Group s'impegna a versare al papà di Giorgi il 6 per cento della somma che incasserà da eventuali contratti riguardanti il Kuwait. Secondo i metadati estratti dagli inquirenti, l'accordo è stato creato dal computer intestato a Giacomo Alli, figlio di Paolo e socio con quest'ultimo della Orbis Consulting, e modificato da Francesco Giorgi.
Alli, dalla Nato al lobbismo
Alli è stato parlamentare italiano dal 2013 al 2018. Ex segretario particolare di Roberto Formigoni, è entrato in Parlamento con il Popolo delle Libertà, dopo la scissione è passato con Angelino Alfano. Ha raggiunto l'apice della carriera politica nel 2016 con l'elezione a presidente dell'Assemblea Parlamentare della Nato ( l'organismo che funge da raccordo tra la Nato stessa e i parlamenti nazionali dei Paesi membri). Nel 2019, non eletto, ha iniziato la sua attività privata: oggi è azionista, insieme al figlio Giacomo, della Orbis Consulting, società italiana di consulenza per le imprese, che tra i Paesi in cui è attiva cita sul suo sito proprio il Kuwait. Alle domande inviate per questo articolo, né Paolo né Giacomo Alli hanno risposto.
Giorgi ha raccontato agli investigatori che il titolare di V Group aveva «difficoltà a partecipare ad una gara in Kuwait per la bonifica di un terreno inquinato. Mi sono offerto di aiutarlo. Ho firmato una nda (non disclosure agreement, ndr) e l'ho messo in contatto con Paolo Alli, ex parlamentare italiano e lobbista specializzato in Kuwait, perché non avevo contatti nel Paese. Ci sono state discussioni, ma a causa delle difficoltà nel trovare un interlocutore affidabile in Kuwait, non c'è stato alcun seguito». Una portavoce del titolare della V Group ci ha scritto che «nessuna società rientrante negli interessi del signor Vassiliadis ha partecipato a una gara» in Kuwait, «né ha stipulato contratti o accordi» con Giorgi e Kaili.
Esplosivo in Mauritania
Le due cartelle “Nitrato” e Covid Test” si riferiscono invece a dei potenziali affari da realizzare con la Mauritania, Paese al centro delle presunte tangenti così come il Qatar e il Marocco. Giorgi e Panzeri sono infatti assunti alla fine del 2018 dal governo della Mauritania per svolgere attività di lobbying segreta all'interno delle istituzioni europee. Alla polizia Panzeri ha detto di aver ricevuto complessivamente 100mila euro in contanti, la stessa cifra ricevuta da Giorgi, e che il loro interlocutore era l'ambasciatore del Paese africano a Bruxelles, Abdellahi Kebd. Giorgi invece ha raccontato alla polizia di aver incassato 50mila euro da Kebd affittandogli fittiziamente uno dei suoi appartamenti a Bruxelles. Di sicuro i rapporti tra il diplomatico e l'assistente parlamentare non sono finiti qui.
Nella nota sequestrata, Giorgi indica che l'ambasciatore Kebd gli ha offerto di vendere nitrato di ammonio, un potente esplosivo, alla Snim (Compagnia nazionale industriale e mineraria) della Mauritania, perché «il suo governo voleva diversificare i fornitori». Sul pc è stato ritrovato un bando di gara per una fornitura di nitrato d'ammonio indetto nel febbraio 2020 dalla Snim, nonché le fatture e le bolle di trasporto di una delle società vincitrici, la marocchina Cadex, che tra maggio e giugno 2020 ha effettivamente venduto alla Snim un totale di 8.000 tonnellate di nitrato di ammonio per 335 euro la tonnellata.
Nella nota difensiva sequestrata Giorgi precisa di non avere nulla a che fare con queste due vendite, e che è stato l'ambasciatore Kebd a fornirgli questi documenti «a scopo esplicativo». Ammette però di aver cercato di soddisfare la richiesta dell'ambasciatore, chiedendo alla compagna se «avesse qualche contatto» nel Paese ed entrando per suo tramite in comunicazione con un imprenditore greco con sede in Georgia, soprannominato “Sandros”.
«Ciao Sandros & Francesco – scrive Kaili l8 novembre 2020 in un messaggio inviato ad entrambi - Francesco è un consulente di fiducia di diversi governi. Forse dovreste parlare al telefono e capire come lavorare insieme».
Il 12 novembre 2020 Giorgi prepara un accordo di riservatezza intestato a suo padre, ma le cose non sembrano andate buon fine. Sei giorni dopo invia un ultimo messaggio a Sandros: «Sono sorti dei problemi...devono essere chiariti per sapere se c'è ancora qualche interesse da parte degli importatori». Snim non ci ha risposto, così come Giorgi e Kaili. Sandros ha ammesso invece di aver cercato nitrato d'ammonio per conto di Giorgi, ma ha assicurato che l'affare non si è concluso.
Covid test
Infine, ci sono i test covid. Nel febbraio 2021, sempre utilizzando il nome del padre, Giorgi ha firmato un accordo di riservatezza anche con la società greca Prognosis Biotech. Obiettivo: fornire controlli antigenici Covid alla Mauritania e al Qatar. Il 15 febbraio Prognosis ha redatto un'offerta all'attenzione del Ministero della Sanità mauritano, rendendosi disponibile per produrre fino a 2 milioni di test al mese con «tempi di consegna abbastanza rapidi».
La società greca non ha risposto alle domande di Eic per sapere se la vendita è stata realizzata. Nella sua nota difensiva, Giorgi dice che anche in questo caso tutto è rimasto solo sulla carta. La sua versione, però, contraddice quella di Kaili. Lei ha dichiarato agli investigatori che quella dei test covid in Mauritania è stata una sua idea: in seguito a un contatto con un intermediario di cui non ha voluto fare il nome, ha parlato con «uno dei fondatori» di Prognosis, che era alla ricerca di opportunità di esportazione, e in seguito ha chiesto al compagno Francesco Giorgi «di occuparsene». Nella nota sequestrata dalla polizia, invece, Giorgi ha scritto che voleva «aiutare il padre a rilanciare l'attività della sua azienda (specializzata nel commercio di dispositivi/test medici)», di aver chiesto così aiuto Kaili che lo ha messo in contatto con Prognosis. Qualsiasi sia la versione corretta, quello dei test covid è solo uno dei tanti affari privati tentati da Giorgi e Kaili mentre ricoprivano incarichi pubblici.
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