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I movimenti milionari della cassa nera amministrata dal capo di Forza nuova e dai suoi collaboratori arrivano fino alla Sicilia e alla cordata di imprenditori che nel 2019 voleva salvare la squadra in crisi. Poi è arrivato il fallimento e l’inchiesta giudiziaria.
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C’è però in questa storia un fatto finora inedito: la scalata alla squadra di calcio siciliana si interseca al flusso di denaro movimentato dai trust, associazioni e società riconducibili al giro di Fiore, al centro delle inchiesta di Domani e ora, anche, della magistratura.
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Con l’arrivo della pandemia e le restrizioni del governo, ha preso forma il progetto di infiltrazione neofascista tra i movimenti contro i vaccini, il lockdown e in ultimo il Green pass. Dietro questa avanzata dei nostalgici del ventennio, camuffati e senza croci celtiche ostentate, c’è un tesoro finanziario accumulato negli anni dal leader dei fascisti italiani, Roberto Fiore.
Stefano Pistilli è un distinto manager, e anche imprenditore, amico del capo dei neofascisti italiani. Faceva parte della cordata di capitani coraggiosi che avevano rilevato il Palermo calcio. La gioia per i tifosi è durata giusto il tempo di una conferenza, poi è arrivato il fallimento lampo e l’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto due partner dell’amico di Roberto Fiore, il leader di Forza Nuova arrestato per l’assalto alla Cgil. C’è però in questa storia un fatto finora inedito: la scalata alla squadra di calcio siciliana si interseca al flusso di denaro movimentato dai trust, associazioni e società riconducibili al giro di Fiore, al centro delle inchiesta di Domani e ora, anche, della magistratura.
Per seguire il filo della vicenda ambientata tra Londra, Roma e Palermo, è necessario partire dall’inizio. Con l’arrivo della pandemia e le restrizioni del governo, ha preso forma il progetto di infiltrazione neofascista tra i movimenti contro i vaccini, il lockdown e in ultimo il Green pass. Dietro questa avanzata dei nostalgici del ventennio, camuffati e senza croci celtiche ostentate, c’è un tesoro finanziario accumulato negli anni dal leader dei fascisti italiani, Roberto Fiore, che dalla latitanza negli anni ‘80 una volta rientrato in Italia nel 1999 ha messo a sistema le sue relazioni inglesi facendole fruttare, tramutandole in relazioni finanziarie.
La mappa del tesoro neofascista è fatta di numeri di conti correnti esteri, sigle societarie, fondazioni cattoliche. I soldi fanno il giro d’Europa, da Londra a Roma, rientrano nella capitale inglese. In alcuni casi, come raccontato nelle precedenti puntate dell’inchiesta “La cassa nera”, il denaro è servito a sostenere associazioni cattoliche in prima linea contro le restrizioni imposte dal governo per limitare i danni del virus.
Roberto Fiore, come rivelato da Domani, è sotto indagine per truffa nel Regno Unito, e per riciclaggio (in Italia) dopo che è emerso il metodo della triangolazione dei fondi collegati a trust benefici di matrice cattolica, associazioni culturali e società, riconducibili al leader di Forza Nuova che il 9 ottobre scorso ha guidato il corteo No Green pass fin sotto alla sede della Cgil, trasformatosi poi in un vero attacco al palazzo del sindacato.
Della girandola di fondi esteri che passano da un conto corrente a un altro alla velocità della luce sappiamo inoltre che l’altra mente del sistema, oltre a Fiore, è Mario Zurlo, anche lui con un passato nella destra eversiva italiana, nel gruppo dei Nucleri armati rivoluzionari, i cui vertici sono stati condannati per la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Il flusso di denaro travasato da una banca a un’altra supera i 4 milioni. Al vertice del triangolo (estero-Italia-estero) ci sono i trust fondati da Fiore a metà degli anni ‘90: Saint Michael Archangel e Saint George Educational.
Il denaro parte e arriva qui, ma anche a una società londinese chiusa nel 2019: Lions Marketing Ltd. Nell’assetto societario erano presenti due cari amici e camerati di Fiore, Mario Zurlo e Stefano Pistilli. Quest’ultimo è considerato anche la pedina usata dal leader neofascista per presidiare il vasto mondo dei cattolici conservatori riuniti sotto le insegne Pro-Life e World congress of families.
La banda del pallone
Al termine dei due anni, dal 2016 fino alle fine del 2018, in cui il tesoro dei neofascisti è stato movimentato tra Londra e Roma accade che una cordata di imprenditori giunge a Palermo per rilevare la squadra di calcio della città. Di questo nucleo imprenditoriale fa parte Stefano Pistilli, nel maggio 2019 quando l’affare sembra ormai concluso viene accolto da uno striscione degli ultras palermitani, notoriamente di estrema destra: «Pistilli-Arkus benvenuti». Arkus è la società di cui l’amico e partner d’affari di Fiore è azionista tramite la Gepro Ltd di Londra, che ha chiuso i battenti solo pochi mesi fa, a marzo 2021. Con Pistilli avrebbero dovuto investire nel Palermo calcio i fratelli Tuttolomondo, Salvatore e Walter. Era tutto fatto, la conferenza stampa ufficiale con cui i Tuttolomondo avevano annunciato gli investimenti aveva tranquillizzato i tifosi più scettici. «Oltre ai 5 milioni che ci siamo impegnati a versare entro il 3 giugno, stiamo già mettendo 10 milioni raccolti con le nostre forze». Di certo Pistilli all’epoca aveva le spalle coperte grazie al tesoretto accumulato con la società Lions Marketing Ltd, l’azienda londinese dismessa nel novembre 2019, a pochi mesi di distanza dalla chiusura dell’affare sul Palermo calcio.
Lions Marketing è la società che ci riporta agli affari del leader dei neofasciti italiani. O meglio, al fiume di milioni che sono finiti nel mirino degli investigatori inglesi e italiani. Perché è da questa anonima azienda, con sede a due passi dal celebre stadio Stanford Bridge del Chelsea, che passa quasi un milione degli oltre quattro movimentati in soli due anni dalla trio Fiore-Zurlo-Pistilli. Lions Marketing, come raccontato da Domani, è la meta finale del tour continentale dei soldi degli ex sovversivi neri.
I soldi arrivano dai trust collegati a Fiore, dalle associazioni e dalle imprese riconducibili all’ex Nar Zurlo, che è intimo di altri due personaggi che hanno segnato la storia criminale della capitale: Massimo Carminati e il suo fedelissimo Riccardo Brugia, in passato militanti dei Nar come Zurlo e di recente condannati nell’inchiesta Mafia Capitale (il reato di mafia è caduto). Carminati è conosciuto con il soprannome di “er Cecato” proprio per una ferita dopo un conflitto a fuoco ai tempi della militanza nel gruppo terroristico.
Passato e presente si mescolano di continuo in questa trama di tesori nascosti, ricchi conti correnti, soldi spostati da un capo all’altro dell’Europa. I trascorsi in particolare di Salvatore Tuttolomondo, per esempio, riportano le lancette del tempo all’epoca in cui a Roma dominava la famigerata banda della Magliana, che ha ispirato cinema e letteratura. Tuttolomondo, infatti,era stato coinvolti in un fallimento di una finanziaria (per lui poi è intervenuta la prescrizione) insieme a Enrico Nicoletti, storico cassiere della banda della Magliana e legato agli ambienti della P2 di Licio Gelli.
Ora, i fratelli Tuttolomondo sono in attesa di capire se verranno rinviati a giudizio a Palermo, dopo che la guardia di finanza ha chiuso le indagini sulla fallimento del Palermo calcio. I due fratelli erano stati anche arrestati e avevano chiesto di celebrare l’eventuale dibattimento fuori dalla Sicilia, dove, dicono, si sentono minacciati dopo aver illuso i tifosi rosanero. La cassazione però ha respinto il ricorso presentato dai legali dei Tuttolomondo, che attendono la fine dell’udienza preliminare per sapere se saranno processati o prosciolti.
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