Non solo Fedez. Anche Emis Killa, Lazza, Gue Pequeno, Cancun e Tony Effe. È lunga la lista degli artisti su cui l’ex capo ultrà della Sud a san Siro, Luca Lucci, riversa le proprie ambizioni imprenditoriali. Nelle carte dell’inchiesta della Procura di Milano che ha portato a diciannove arresti tra le curve di Inter e Milan, a emergere è la rete di relazioni che parte dal mondo del calcio e finisce a quello della musica.

«Il suo ruolo di capo della Curva Sud gli ha consentito di tessere, soprattutto con noti artisti italiani, relazioni di carattere lavorativo nel settore musicale: ciò gli ha consentito di aumentare, in maniera esponenziale, e con pochissimi controlli, i propri guadagni, avviando preliminari accordi tesi a gestire i concerti di tali artisti, sia sul territorio nazionale sia internazionale», scrivono i magistrati riferendosi a Lucci, l’uomo della stretta di mano a Salvini nel 2018.

E la Calabria è la regione in cui Lucci, con la Why event, e la mediazione di Islam “Alex” Hagag, pure lui tra gli arrestati del blitz eseguito da polizia e guardia di finanza, trova sin da subito terreno fertile. Corigliano Calabro, Gioia Tauro, Catanzaro Lido, Roccella Ionica sono alcune delle località in cui i due ultrà rossoneri organizzano gli eventi musicali degli artisti. Come? Principalmente grazie a quelle che gli inquirenti chiamano «entrature calabresi».

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È di fatto grazie alle relazioni di Hagag che vengono ottenute diverse «autorizzazioni» allo svolgimento dei concerti. «Roccella è una bella piazza», dice il tifoso milanista intercettato mentre fa riferimento agli accordi con la classe politica locale nonché all’aiuto di un certo «cugino Ciccio», che sarebbe intervenuto in suo favore per allontanare altri pretendenti in vista dell’organizzazione degli eventi nel borgo calabrese.

«...Però sai, per sicurezza comunque Ciccio gli ha detto: mi raccomando di non mettere i bastoni tra le ruote...di qua e di là, e buona. Basta. E poi gli han detto: Ormai hanno l'accordo... e loro gli hanno detto: Ormai hanno l'accordo con Roccella, e chiuso... chiusa lì... e basta, e noi non c'entriamo più niente…», dice non a caso Hagag in un’altra intercettazione.

Secondo le ricostruzioni dei giudici, il «cugino Ciccio” altro non sarebbe che Francesco Barbaro, nato a Platì nel 1989 e figlio di Rocco “U Sparitu”, «cioè di uno dei più importanti elementi della ‘ndrangheta del mandamento jonico», definito anche «il capo di tutti i capi» e «il più importante rappresentante delle cosche calabresi in Lombardia».

Tra i “contatti” di Hagag c’è anche Giovanni Galluzzo, figlio incensurato di Laura Procopio arrestata nel 2022 per droga con l’aggravante di aver favorito la locale di ‘ndrangheta di Rho, a Milano. D’altronde Laura Procopio è cugina del più noto Antonio, originario di Isca sullo Ionio, tratto in arresto nella stessa indagine perché ritenuto organico guarda caso alla “Locale di Rho”.

Curva Nord

Ma gli affari “a latere degli stadi” riguardano anche gli esponenti della Nord. «Bagarinaggio, l’acquisizione di biglietti poi rivenduti a prezzo maggiorato, l’accesso illecito allo stadio, l’organizzazione e la gestione di condotte violente verso altre tifoserie e le forze dell’ordine sono il dato comune alle diverse fasi storiche esaminate dalle indagini, con l’importante trait d’union rappresentato da Andrea Beretta», si legge nelle carte giudiziarie che si riferiscono anche al capo ultrà neroazzurro, che a settembre ha ucciso il rampollo di ‘ndrangheta Antonio Bellocco. I giudici parlano di «controllo assoluto sulla Curva Nord e su tutte le attività, parallele allo stadio, foriere di ricavi».

Diversi a questo proposito gli episodi menzionati nell’ordinanza di esecuzione delle misure cautelari. Dal bagarinaggio, per l’appunto, al concerto dei Coldplay fino al servizio di “guardania” a quello di Ultimo del 17 luglio 2023.

«Tale attività (quella di guardania, ndc) consisterebbe nel camminare avanti ed indietro per tutta la zona limitrofa ed adiacente allo stadio al fine di individuare ed allontanare i cosiddetti “magliettari” perlopiù originari della Campania in trasferta a Milano». Stesso servizio al concerto di Blanco di tre giorni dopo. «Gli voglio dare un morso. Un morso gli devo dare! Gli devo dare un morso!», dice un esponente della Nord, intercettato, nei confronti di un venditore campano scoraggiandolo nella vendita di gadget contraffatti.

Storie, insomma, di calcio, affari e malavita. Calate in un contesto di assoluta omertà. Il gip del resto scrive che è stato rilevato un «evidente clima di omertà quale dato costante dell’indagine, in quanto coloro i quali avevano subito atti violenti, spesso non avevano denunciato o, comunque, avevano reso dichiarazioni ampiamente reticenti per timore di ritorsioni».

È il caso, per citarne uno, del personal trainer Cristiano Iovino. Aggredito lo scorso aprile all’uscita del The Club da ultrà rossoneri, non presenterà querela. Nonostante questo, una testimone del pestaggio racconta agli inquirenti le minacce rivolte dal gruppo allo stesso Iovino: «Chiedi scusa...devi chiedere scusa, noi torniamo e ti ficchiamo una pallottola in testa…». Ma a calare è stato il silenzio.

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