Una donna di 38 anni è stata uccisa a coltellate nella notte tra venerdì e sabato dal marito 54enne davanti ai loro tre figli. L’uomo è in stato di fermo nella caserma dei carabinieri di Fano. Il femminicidio è avvenuto nell’abitazione di famiglia in provincia di Pesaro.

Il 2 settembre la donna aveva denunciato alle forze dell’ordine le violenze subite dal marito ma non aveva voluto presentare denuncia. Su segnalazione dei carabinieri la procura di Pesaro aveva attivato il “Codice rosso”.

Semenzato: «Il ricorso alla denuncia è un atto di consapevolezza»

«Il ricorso alla denuncia è un atto di consapevolezza su cui dobbiamo maggiormente lavorare, il perseguirla con convinzione e determinazione pure. Denunciare la violenza domestica può contribuire a creare una cultura che non tollera la violenza. Quando le persone denunciano stanno dicendo che questo comportamento non è accettabile e che le vittime non devono sopportarlo in silenzio. La raccolta di questa denuncia e l’intervento tempestivo devono essere condicio sine qua non. Oggi più che mai è fondamentale un nuovo patto di corresponsabilità: famiglia, scuola e società civile», ha detto Martina Semenzato presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.

Cecchettin: «Bisogna lavorare con i giovani»

«Giulia è diventata la Giulia di tutti per questo ne parlo ed agisco senza guardare alle critiche per una mia sovraesposizione», ha detto Gino Cecchettin, padre di Giulia, la giovane uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta, parlando al Lido di Venezia nel corso di “About women”.

«Il femminicidio - ha sottolineato - è l’ultimo dei passaggi, il più estremo; ma contro le donne ci sono tanti atti, tanti passaggi prima che si giunga a questo, e proprio su ciò si può agire nell'immediato». Cecchettin ha annunciato che nascerà una fondazione nel nome di Giulia: «Ma non guarderemo al presente, la pianta è troppo grossa per poterla modellare, punteremo sul futuro, perché sui giovani sì che si può lavorare. I giovani - ha spiegato - non sono amorfi o anaffettivi, sono sensibili, ci vuole una comunicazione puntuale, che porti valori, non disvalori come lo scoop di turno, guardando, invece, al dialogo, valorizzando quanto in loro c'è di valido».

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