- Nuovo incarico per l’ex commissario dell’ospedale di Verona, Francesco Cobello: dirigeva la struttura durante l’epidemia di citrobacter, il batterio killer dei neonati, oggi è a capo della scuola di formazione sanitaria del Veneto
- L’ispezione ministeriale a novembre 2020 riscontrò «criticità organizzative» dovute alla «mancanza di una forte governance della struttura sanitaria», evidenziando anche la carenza di formazione e aggiornamento del personale
- La procura di Verona indaga contro ignoti per responsabilità colposa per morte e lesioni in ambito sanitario. Cobello, entrato in sanità nel 2000 con Galan, ha sempre sostenuto che “il dg non ha competenze in ambito medico”
Dallo scandalo del batterio killer al coordinamento della formazione sanitaria del Veneto.
È la parabola dell’ex commissario dell’azienda ospedaliera di Verona, Francesco Cobello, che ha diretto l’ospedale scaligero finito nella bufera a causa dell’epidemia di citrobacter, un batterio che può causare infezioni devastanti nei neonati.
Ed è stato costretto a chiudere per mesi nel corso del 2020 il punto nascita e le terapie intensive neonatale e pediatrica, in seguito alla contaminazione di 91 bambini avvenuta negli ultimi tre anni, 9 dei quali hanno avuto conseguenze gravi o mortali.
Sotto osservazione
Cobello, pur non essendo mai stato accusato di nulla, ha lasciato il polo ospedaliero di Verona lo scorso febbraio, non riconfermato dalla regione Veneto. Ma ora è stato nominato, dopo aver vinto una selezione, direttore della Fondazione scuola di sanità pubblica, un ente strumentale della regione Veneto che si occupa di formazione e aggiornamento di tutti i professionisti del sistema socio-sanitario.
Il consiglio di amministrazione della scuola è presieduto da Santo Davide Ferrara, professore emerito di medicina legale all’Università di Padova, ed è composto dal direttore generale della sanità regionale Luciano Flor e da quelli delle aziende ospedaliere di Padova e Verona.
Il batterio
Il caso citrobacter è esploso nel giugno 2020 in seguito al clamore mediatico sollevato dal caso di Nina, bimba morta al Gaslini di Genova per un’infezione contratta all’ospedale Borgo Trento di Verona, come accertato da una perizia disposta dai magistrati liguri. Nei confronti del commissario Cobello la regione non ha mai preso alcun provvedimento, anche se una relazione ispettiva di Azienda Zero, l’ente di governance della sanità veneta, il 28 agosto 2020 evidenziava «la mancanza di comunicazione ad Azienda Zero e Regione Veneto degli eventi» e lamentava di aver appreso informazioni nella fase iniziale «esclusivamente da mezzi mediatici».
Per colpa di chi? La direzione generale sembrava indenne tanto che fu proprio Cobello, nel settembre scorso, a sospendere in via cautelare la direttrice sanitaria, la direttrice medica e il primario di pediatria: tutti reintegrati.
Meno tenera nei suoi confronti la relazione ispettiva firmata il 3 novembre scorso dal direttore generale del ministero della Salute, Andrea Urbani, che aveva riscontrato «criticità organizzative» dovute alla «mancanza di una forte governance della struttura sanitaria».
Per gli ispettori ministeriali «il direttore generale era informato già dal 6 dicembre 2019 della presenza di almeno un caso, quello della neonata trasferita poi al Gaslini», per cui non convinceva l’idea che Cobello fosse venuto a conoscenza dell’infezione solo a maggio 2020: «L’organizzazione complessiva dell’ospedale e i meccanismi di funzionamento – concludeva Urbani – sono compiti, non delegabili, della direzione generale».
Inchiesta in corso
Acquisite le relazioni ispettive della regione Veneto e del ministero della Salute, anche la procura di Verona ha aperto un fascicolo nei confronti di ignoti per responsabilità colposa per morte e lesioni in ambito sanitario.
Dagli ispettori di Roma erano arrivate critiche anche sull’aggiornamento dei programmi formativi dell’azienda ospedaliera di Verona: «È necessario aggiornare le procedure di Ipc (prevenzione e controllo delle infezioni, ndr) assicurando un progressivo coinvolgimento di tutto il personale sanitario nei corsi di aggiornamento periodici, con particolare riguardo al personale neoassunto».
Risponde Cobello
Non è imbarazzante per chi ora si trova a dirigere la scuola di formazione regionale del servizio sanitario? «Su questo argomento non ho nulla da dire», risponde a Domani il dottor Cobello, che oggi non vuole ricordare il caso citrobacter: «Ho già detto tutto. Vuole sapere se è opportuna la mia nomina? Non commento. Ho fatto una selezione e mi hanno nominato direttore, tutto qua».
Ai rilievi degli ispettori Cobello aveva risposto punto su punto, difendendo la condotta dell’ospedale: sul primo caso di infezione del 2019 i medici e i sanitari gli avevano trasmesso una relazione in cui «si esponeva l’assenza di criticità nella gestione degli eventi» e si escludeva la presenza di un’epidemia. «Si rammenta – proseguiva Cobello nella sua lettera – che il direttore generale non è un sanitario (né è tenuto a esserlo) e non ha competenze in ambito medico (né è tenuto ad averne)».
Cobello, laureato in economia e in scienze politiche, inizia negli anni Ottanta come funzionario dei lavori pubblici e del bilancio nei comuni di Venezia e Treviso. Il balzo in sanità nel 2000 con Galan, dopo un’esperienza come dirigente del settore risorse economico finanziarie della provincia di Treviso, negli anni in cui Luca Zaia è stato prima assessore all’agricoltura e poi presidente della provincia.
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