Quattro mesi fa Domani annunciava le dimissioni di Giovanni Russo dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e la sostituzione con Lina Di Domenico, vicina al potente sottosegretario meloniano. Nelle prossime ore dovrebbe essere ufficializzato l’avvicendamento
Al ministero della Giustizia era diventato un fantasma, assente negli appuntamenti decisivi, in ritardo sulle promesse fatte e silente quando sulle carceri italiane si allungava l’ombra delle violenze con arresti e retate.
Il magistrato Giovanni Russo, a due anni dall’insediamento, si è dimesso, dimissioni che sanciscono il suo fallimento e la vittoria di Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia e vero padrone di quel dicastero.
Russo e il meloniano non erano particolarmente in sintonia a partire da quel pasticcio su quel documento «a limitata divulgazione» relativo alle visite e alle frequentazioni dell’anarchico, Alfredo Cospito, ristretto al 41 bis. Quel documento ha inguaiato mandandolo a processo Delmastro Delle Vedove che, nei giorni scorsi, in aula aveva chiarito chi comanda dalle parti di via Arenula: «Io non avevo alcuna urgenza, era Giovanni Russo, capo del Dap, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che si mosse con urgenza per fare ottenere a me, sottosegretario, quanto richiesto. E mi sembra normale: Russo prende 250 mila euro all’anno, come minimo se gli chiedo una cosa da dieci giorni deve farmela ottenere».
I fallimenti
Ma non basta a spiegare le dimissioni solo il rapporto con Delmastro, ci sono anche le promesse tradite proprio del magistrato, in passato in carica alla direzione nazionale antimafia. Proprio Domani aveva documentato le parole vane di Russo che oltre un anno fa prometteva: «Io nel giro di un anno sarò in grado di offrire a più della metà dei detenuti del nostro paese un’attività lavorativa». Cosa è rimasto di quelle parole? I dati raccontano il fallimento, gli ultimi disponibili indicano nel 33 per cento i reclusi impegnati in attività.
«Nel recente passato sono stati annunciati diversi accordi, ma non hanno funzionato. I detenuti aumentano superando ormai quota 62mila a fronte di una capienza ufficiale di 51mila posti, cifra dalla quale bisogna sottrarre oltre 4 mila non disponibili. Il lavoro è sempre quello, poco e dequalificato, il carcere è stato luogo sperimentale dei contratti più atipici possibili con tempi di lavoro creativi», dice Susanna Marietti di Antigone, in prima linea per i diritti dei reclusi. C’è un altro numero che spiega il fallimento di Russo, il numero di suicidi in carcere sfiora i 90, cifra da paese incivile così come quello dei detenuti in carcere. Senza parlare del silenzio sulle uscite spericolate di Delmastro Delle Vedove che, presentando la nuova auto della penitenziaria, ha parlato di uno stato che non lascia «respirare chi sta dietro quel vetro oscurato». Dopo due anni di silenzi e fallimenti Russo si è dimesso, per lui è pronto un incarico come consigliere in qualche ministero.
Le carceri cadono a pezzi mentre il capo dimissionario cade sempre in piedi. Al suo posto dovrebbe arrivare Lina Di Domenico, come questo giornale aveva anticipato quattro mesi fa, che è vicina proprio a Delmastro Delle Vedove. Il sottosegretario ora si prende tutto.
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