- Silvio Berlusconi è morto, ma memoria e impero berlusconiano sono sotto attacco e così la figlia primogenita ha preso carta e penna.
- Una lettera indirizzata a Il Giornale, un tempo quotidiano di famiglia, che contiene la summa degli strali indirizzati dal padre ai pubblici ministeri, un bignami che è un promemoria anche per i partiti di maggioranza.
- Ma dietro le invettive della presidente di Fininvest e Mondadori c’è anche altro: un messaggio politico al partito azzurro e all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
Silvio Berlusconi è morto, ma la sua memoria e il suo impero sono sotto attacco. Così la figlia primogenita Marina ha preso carta e penna. Una lettera indirizzata al Giornale, un tempo giornale di famiglia, che contiene la summa degli strali indirizzati dal padre ai pubblici ministeri, un bignami che è un promemoria anche per i partiti di maggioranza.
Dietro le invettive della presidente di Fininvest e Mondadori c’è anche altro: un messaggio politico al partito azzurro e all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Si può riassumere così: bisogna salvare il soldato Marcello, mai nominato nella missiva, e la roba, intesa come l’azienda Fininvest e la sua onorabilità, bene supremo fin dalla discesa in campo dell’ex cavaliere.
Marina Berlusconi parla di rado e quando lo fa è dirompente. L’ultima volta che ha comunicato il suo pensiero lo ha fatto con un gesto, dall’apparenza innocuo, quando ha passeggiato mano nella mano con Marta Fascina, ultima compagna dell’amato padre nel giorno dei funerali di stato del quattro volte presidente del Consiglio. Quel gesto sanciva l’ingresso della silenziosa Fascina nel pantheon di famiglia o era solo una tregua nel giorno del dolore? Dopo quell’incrocio d’affetto e mani, ora arriva la lettera.
Un atto di guerra preventivo che segue il decreto di perquisizione eseguito, la settimana scorsa, a casa di Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia e compagno di ventura di Berlusconi fin dall’alba del suo impero imprenditoriale e politico. L’ex senatore azzurro è stato condannato a sette anni per collusione con la mafia, per quell’odioso reato di concorso esterno oggi picconato dal ministro Carlo Nordio e difeso da Meloni e compagni di partito. Per Dell’Utri i guai non sono finiti.
Secondo la procura fiorentina, che ha ordinato la perquisizione e lo indaga per concorso in strage, Dell’Utri avrebbe, con Berlusconi, sollecitato la mafia nella realizzazione della campagna stragista del 1993-1994 per preparare la strada alla discesa in campo.
Firenze, Roma, Milano, tre stragi e dieci morti ammazzati dal tritolo mafioso, una tesi aberrante per le difese, ma che i pubblici ministeri hanno messo nero su bianco. Dell’Utri, destinatario di 30 milioni di euro dopo l’apertura del testamento, è stato convocato per oggi dai magistrati, ma quasi certamente rinuncerà all’interrogatorio avvalendosi della facoltà di non rispondere aspettando le mosse della procura.
I prossimi passi potrebbero essere l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio. Le ipotesi accusatorie sono mostruose e hanno indotto Marina a vergare la dura missiva. Dell’Utri rischia un processo per reati gravissimi, nelle carte dell’indagine si torna a parlare dei rapporti economici tra gli stragisti Graviano e Berlusconi, e il governo che fa?
Difende il concorso esterno in associazione mafiosa, opportunatamente picconato da Nordio? Meloni e Fratelli d’Italia devono ricordare la grande sfida del padre fondatore del centrodestra: distruggere l’autonomia dei pm.
Meloni non parla
Lo scrive a chiare lettere, la primogenita dell’ex premier: «Sia ben chiaro, spetta solo a politica e istituzioni, nel rispetto del dettato costituzionale, affrontare problemi gravi come questo. Sento però la necessità di portare una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia».
Scrive «politica e istituzioni», ma si legge maggioranza e governo, quelli che sono in carica grazie a Berlusconi, alla sua scelta di sdoganare la destra missina, al suo 61 a zero, alle sue leggi ad personam, a Ruby nipote di Mubarak, a quella costante idea di smontare e rimontare le istituzioni a proprio uso e consumo.
Tutto questo Meloni e compagnia non devono dimenticarlo, la presidente di Mondadori mette le mani avanti rispondendo colpo su colpo ai pubblici ministeri. C’è un altro ragionamento sotteso alle parole di fuoco di Marina Berlusconi e riguarda le prese di posizione di palazzo Chigi. Il 6 luglio scorso la presidenza del Consiglio ha fatto uscire un comunicato, intestato a «fonti di Chigi», che era un attacco furente contro le toghe.
«È lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione», si leggeva. Era una difesa di Andrea Delmastro Delle Vedove, fresco di imputazione coatta, e di Daniela Santanchè, indagata e protagonista di una gestione allegra delle sue società. In realtà era anche altro, anticipava di qualche ora la grana La Russa con l’indagine per violenza sessuale a carico del figlio del presidente del Senato.
Parole di fuoco contro i magistrati quando sotto attacco finiscono i compagni di partito di Meloni e silenzio quando viene stritolato Dell’Utri, braccio destro del fondatore e custode di segreti. Così è toccato a Marina Berlusconi ricordare il «meccanismo diabolico, questa tenaglia pm-giornalisti complici, che rovina la vita ai diretti interessati ma anche condiziona, e nel caso di mio padre si è visto quanto, la vita democratica del paese, avvelena il clima, calpesta i più sacri principi costituzionali».
La debolezza degli azzurri
Parole per il governo, ma anche per Forza Italia proprio all’indomani dell’incoronazione di Antonio Tajani a leader. Salvare la roba è la precondizione per salvaguardare presente e futuro del partito azzurro che non è soltanto legato alla memoria del fondatore, ma è emanazione del suo impero. Ne rappresenta una costola, una protesi e anche un continuo impegno economico.
Le parole della primogenita sono un atto di debolezza di fronte all’assalto dei pubblici ministeri e, insieme, una richiesta al partito di mantenere alta l’attenzione sui temi cari al fondatore.
Così i berlusconiani si sono messi a tifare Nordio, ormai loro ministro di riferimento, per rottamare il concorso esterno in associazione mafiosa. Hanno anche presentato un’interrogazione parlamentare invocando gli ispettori per fare luce sulle manovre dei pm che indagano sui presunti mandanti esterni alle stragi. Un impegno che rischia di non bastare se Meloni continuerà a tacere. Così la primogenita ha deciso di ricordare che politicamente sono tutti figli di Silvio
© Riproduzione riservata