Un colloquio breve. Durato meno di un’ora. Ieri mattina il neo ministro della Cultura Alessandro Giuli, di ritorno dalla Buchmesse di Francoforte, la celebre fiera internazionale del libro, è stato sentito dai magistrati della procura capitolina sull’affaire Boccia-Sangiuliano.

Il motivo? Quello ufficiale è che il capo del dicastero di via del Collegio Romano sia persona informata sui fatti che coinvolgono il suo predecessore, Gennaro Sangiuliano, e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, che sognava un contratto al ministero, poi “strappato”. Il motivo ufficioso, invece, avrebbe a che vedere con Francesco Gilioli, l’ormai ex capo di gabinetto del Mic, sentito dai pm nelle scorse settimane e silurato da pochi giorni dal nuovo ministro per «fatti gravissimi», che però non sono mai stati specificati e che qualcuno crede – a questo punto – non esistano nemmeno. Nel caso, non è impossibile che Gilioli intenti azioni giudiziarie per difendere la sua onorabilità.

Gilioli viene citato in più di un passaggio nelle dodici pagine di denuncia dell’ex ministro contro Boccia: sarebbe stato proprio l’allora capo di gabinetto a comunicare alla donna la mancata concretizzazione della nomina promessa, quella di consigliera per i grandi eventi del ministero. Ma perché Giuli ha licenziato Gilioli, più volte citato da Sangiuliano nella denuncia contro Boccia, dopo che, come dicevamo, quest’ultimo è stato sentito dai magistrati a Roma? Un interrogativo che finora non ha trovato alcuna risposta e che potrebbe aprire a diversi scenari.

Un giorno in procura

«È come appare in televisione, è molto alto», è intanto quanto trapela ironicamente su Giuli dagli uffici di procura. Un commento che mira a glissare sulle domande sul veloce colloquio intercorso tra lo stesso Giuli, il procuratore capo Lo Voi, la pm Giulia Guccione e l’aggiunto Giuseppe Cascini. «Elegantissimo», dicono dalle segreterie.

Aggettivo ribadito anche da chi ieri il ministro l’ha visto attraversare i corridoi del secondo piano della palazzina C di piazzale Clodio attorniato dalla sua scorta. Giornalisti tenuti a distanza.
A ogni modo Giuli, nei giorni scorsi, si è detto aperto alla «massima collaborazione» con chi indaga sulla vicenda, per citarlo, dalle passioni tristi.

Lunedì ha di fatto aperto le porte del ministero ai carabinieri del nucleo investigativo romano che, su ordine di esibizione della locale procura, hanno ritirato una grande mole di documenti concernenti il caso, tra atti protocollati, carteggi e mail. Due giorni, tra l’altro, in base a quanto emerge, sono serviti agli uomini dell’Arma, recatisi quindi al Mic in più tranche, per raccogliere il materiale oggi al vaglio degli inquirenti.

I due fascicoli

Su Boccia e Sangiuliano com’è noto sono due i procedimenti aperti. C’è quello partito dalla denuncia dell’ex ministro nei confronti dell’imprenditrice, accusata di lesioni e minaccia a personalità politica, su cui sta lavorando appunto la procura di Roma.

E poi c’è il procedimento scaturito dall’esposto del parlamentare di Alleanza verdi sinistra Angelo Bonelli contro lo stesso Sangiuliano, assistito dall’avvocato Silverio Sica, per il quale si ipotizzano i reati di peculato e rivelazione di segreto. Quest’ultimo fascicolo la procura capitolina lo ha inviato al Tribunale dei ministri in base alla legge costituzionale numero 1 del 1989. Ciò che si sa è che il tribunale in questione sta compiendo le sue indagini, al termine delle quali ritrasferirà il fascicolo alla procura (e non è detto che lo faccia nei termini, meramente ordinatori, di novanta giorni). Quest’ultima potrà ordinare nuove verifiche, oppure potrà proporre l’archiviazione del caso: l’ultima parola su archiviare o meno però spetterà al Tribunale dei ministri.

Qualora, al contrario, la procura decidesse di esercitare l’azione penale, bisognerà chiederne l’autorizzazione alla giunta e cioè al parlamento. In altre parole il “futuro”, almeno giudiziario, di Gennaro Sangiuliano sarebbe in mano ai suoi ex colleghi.
Può darsi anche il caso, inoltre, che i carabinieri tornino al ministero della Cultura per acquisire nuovo materiale, anche su ordine del Tribunale dei ministri e non solo su quello della procura capitolina.

Se fosse effettivamente così i carabinieri troverebbero ancora una volta ad accoglierli e a fare gli onori di casa il fedelissimo della premier Meloni, il ministro Alessandro Giuli, oggi alle prese con una questione che sembrerebbe essere più pratica che teoretica. Le “incombenze”, cioè, lasciate in eredità da Gennaro Sangiuliano e dalla sua quasi consulente Maria Rosaria Boccia.

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