«Posso garantire che non utilizzeremo quelle telefonate» dice il procuratore reggente di Trapani Maurizio Agnello in una dichiarazione rilasciata a Repubblica. «Sia io che le colleghe siamo arrivati a Trapani due anni dopo che quelle intercettazioni erano state effettuate» ha aggiunto.
L’articolo di Domani sulle intercettazioni eseguite dalla Procura di Trapani nei confronti di cinque giornalisti italiani, mai iscritti nel registro degli indagati, è stato ripreso da vari media internazionali, meno invece da quelli italiani.
Gran parte dell’opinione pubblica ha espresso il suo sdegno sui social network e nella questione sono intervenuti anche diversi parlamentari, altri colleghi giornalisti e la Federazione nazionale stampa italiana.
Tra chi ha ripreso la notizia c’è Repubblica, che in un articolo ha raccolto le dichiarazioni del procuratore reggente di Trapani Maurizio Agnello.
«Posso garantire che non utilizzeremo quelle telefonate – dice Agnello – sia io che le colleghe siamo arrivati a Trapani due anni dopo che quelle intercettazioni erano state effettuate. Posso solo dire che non fanno parte dell’informativa sulla base della quale chiederemo il processo e che dunque non possono essere oggetto di alcun approfondimento giudiziario. Non conosco quelle intercettazioni che naturalmente abbiamo dovuto depositare ma che non useremo». Una giustificazione che non esula dalla gravità di ciò che è accaduto.
Al fianco dei giornalisti d’inchiesta si è schierato anche il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna che a Repubblica dichiara: «Tutte le iniziative a tutela del segreto professionale saranno valutate nelle sedi competenti. Ai colleghi la piena vicinanza e solidarietà per un’attività investigativa che ha impattato oggettivamente su fonti professionali».
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