Si stima che oggi in Italia siano circa 140mila le persone che vivono con l’infezione da Hiv, secondo i dati del Centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto superiore di Sanità (Iss) - aggiornati al 31 dicembre 2023 e pubblicati a novembre 2024. Si tratta di un report epidemiologico relativo all’infezione da Hiv e Aids nel nostro paese: nel 2023, sono state segnalate 2.349 nuove diagnosi di infezione da Hiv e l’86,3 per cento delle nuove diagnosi sono attribuibili alla trasmissione sessuale. Nell’ordine ci sono maschi che fanno sesso con maschi (Msm), maschi eterosessuali e femmine eterosessuali.

Un altro gruppo in cui sono aumentate le nuove diagnosi è quello della popolazione migrante, ma non solo: «Ci sono una serie di persone che sono a rischio di infezione come per esempio le donne eterosessuali, le sex worker, le persone transgender. Tutti questi gruppi sono definiti dall’organizzazione mondiale della Sanità (Oms) “popolazioni chiave”. Oltre a essere gravate da determinanti sociali sfavorevoli, queste persone molto più difficilmente accedono ai centri di cura, alla prevenzione, alla PrEP», dice a Domani Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico e dell’unità operativa complessa immunodeficienze virali dell’Istituto per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.

Fare prevenzione con la PrEP

Uno degli obiettivi di sviluppo sostenibili fissati dalla comunità internazionale per il 2030 è la fine dell’epidemia di Hiv/Aids. Tra gli strumenti a disposizione per la prevenzione delle nuove infezioni c’è la PrEP, ovvero l’uso di farmaci antiretrovirali in persone Hiv-negative che hanno il rischio di contrarre l’Hiv. Da maggio 2023 questa terapia rientra tra i farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale.

«La PrEP viene vista come un’importante prevenzione dell’infezione da Hiv nella popolazione di uomini gay, poco nelle donne cisgender e negli uomini che fanno sesso con donne. In alcuni casi gli utenti PrEP riferiscono di essere stati stigmatizzati, in quanto l’utilizzo del farmaco viene visto come un mezzo per avere sesso promiscuo e non come un’arma preventiva», dice la dottoressa Silvia Nozza, medico infettivologo dell’unità di malattie infettive dell’Irccs ospedale San Raffaele-Turro.

Una cosa è certa, come afferma Marco Bastian Stizioli, presidente del Brescia Checkpoint e cofondatore di PrEP Italia: «La PrEP ci permette di aprire una riflessione su cosa significa fare prevenzione: che non è dire alle persone cosa devono fare, ma offrire loro gli strumenti adatti alle loro specificità».

La PrEP prevede l’assunzione preventiva di alcuni medicinali e ci sono due modalità: continuativa oppure on demand. La prima consiste nell’assunzione di una compressa al giorno, tutti i giorni. Affinché il farmaco sia efficace, è necessario iniziare la profilassi alcuni giorni prima di avere dei comportamenti che possano esporre al virus Hiv. La modalità on demand, invece, consiste nell’assunzione circoscritta al periodo in cui si prevede di avere rapporti sessuali, ma sempre secondo modalità e tempistiche ben definite.

Il dottor Antinori parla di aderenza alla terapia: «La PrEP orale, che funziona molto bene se presa correttamente, è gravata da un’alta probabilità di bassa aderenza e anche da un rischio di interruzione della schedula PrEP».

PrEP iniettabile tra Lazio e Lombardia

Per migliorare e semplificare questo protocollo sanitario è partito un programma pilota di accesso gratuito alla PrEP iniettiva che va effettuata ogni due mesi. Il Cabotegravir – il farmaco della PrEP iniettabile – è autorizzato negli Usa dal 2021 e in Italia dallo scorso marzo, ma non è ancora rimborsabile.

Attualmente è in corso all’agenzia italiana del farmaco (Aifa) il percorso per l’approvazione della rimborsabilità. Come precisa Antinori: «La rimborsabilità della PrEP iniettabile renderebbe l’Italia il primo paese in Europa a raggiungere questo obiettivo. Inoltre, consentirebbe di avere a disposizione un ulteriore strumento da affiancare alla PrEP orale e di raggiungere un target di popolazione molto più ampio». A ogni modo la PrEP iniettabile non andrebbe necessariamente a sostituire quella orale.

«La PrEP iniettabile è per tutte le persone, di tutte le identità di genere e orientamenti sessuali. È utile a chi ha una intolleranza alla PrEP orale, a chi non piace prendere le compresse, a chi non sempre si ricorda di prenderle o non sa quando farà sesso e vuole essere sempre protettə», si legge nella newsletter Diritti sessuali di Marco Bastian Stizioli.

«Attualmente abbiamo una disponibilità limitata del Cabotegravir attraverso un programma pilota», afferma Antinori. Sono diversi i centri coinvolti tra Lazio e Lombardia: ci sono l’istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, il dipartimento di malattie infettive ospedale San Raffaele, l’ospedale Luigi Sacco e l’ospedale nuovo di Legnano.

«La PrEP iniettabile ha dimostrato di avere superiorità rispetto alla PrEP orale soprattutto per aderenza terapeutica. Le criticità sono l’attuale vincolo di somministrazione nelle strutture ospedaliere e l’impossibilità di seguire un regime on demand», dice la dottoressa Nozza del San Raffaele di Milano.

Un altro punto fondamentale è la questione territoriale, ossia l’assenza di centri PrEP distribuiti in modo capillare. Da un sondaggio compilato dai medici infettivologi si evidenzia come «la maggior parte delle persone che richiedono la PrEP sia in tre regioni: Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. In particolare, la città di Milano segue il 40 per cento di tutte le persone in PrEP in Italia», afferma Nozza.

Approccio community-based

Fare informazione e comunicazione sulla PrEP è un punto chiave e ad avere un ruolo rilevante sono i movimenti dal basso e le associazioni che spesso collaborano con il personale sanitario creando un rapporto di scambio e supporto. Queste sinergie sono efficaci quando adottano un approccio non medicalizzato.

«Stiamo lavorando per espandere l’accessibilità e la conoscenza della PrEP a tante persone», dice Marco Bastian Stizioli raccontando l’esperienza del Brescia Checkpoint: «Abbiamo organizzato eventi con test Hiv e sifilide con un approccio community-based, alla pari. È emerso che circa il 20 per cento delle persone non si era mai testato per Hiv».

Test rapidi, gratuiti e anonimi in un auditorium un po' dismesso con gente alla mano: questi sono – secondo Stizioli – alcuni degli elementi chiave del successo delle iniziative di prevenzione del Brescia Checkpoint: «Tutto questo funziona se ti metti al servizio delle persone, se le fai sentire a proprio agio, se dai informazioni chiare, cercando di sfatare i falsi miti».

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