- «La giovane età della bambina esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale», scrive Valeria Sanzari, procuratrice di Padova, nell'atto con il quale chiede al tribunale di modificare il certificato di nascita di una bambina di una coppia omogenitoriale, registrato nel 2017.
- La prima anomalia del ricorso è nella contestazione di un atto registrato addirittura sei anni prima, visto che ogni registrazione è stata sempre inviata alla procura.
- Resta una domanda posta dalla madre della bimba che per prima si è vista recapitare l’atto di rettifica: «Sono queste le priorità del sistema giudiziario italiano?». Una domanda che resta senza risposta.
«La giovane età della bambina esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale», scrive Valeria Sanzari, procuratrice di Padova, nell’atto con il quale chiede al tribunale di modificare il certificato di nascita di una bambina di una coppia omogenitoriale, registrato nel 2017.
La prima anomalia del ricorso è nella contestazione di un atto registrato addirittura sei anni prima, visto che ogni registrazione è stata sempre inviata alla procura. La seconda attiene al numero di atti impugnati, precisamente 33. «Sono casi uguali, non c’è nessun motivo per differenziare, le notifiche dell’impugnazione arriveranno a tutte le 33 coppie per le quali abbiamo chiesto al comune, ad aprile, gli atti anagrafici», ha fatto sapere Sanzari, procuratrice capo facente funzioni.
La terza riguarda, proprio, la considerazione esplicitata nell’atto della procura che la cancellazione del nome della madre non biologica, e la “rettifica” del cognome attribuito alla figlia, eliminando quello del secondo genitore, non possa avere ripercussioni sulla vita sociale del minore.
Sei anni fa e i precedenti
La decisione della procura di Padova segue una circolare del prefetto di Milano, Renato Saccone, nata dalle sollecitazioni delle destre, minoranza in comune, che aveva portato, lo scorso marzo, all’interruzione delle trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia.
Saccone aveva incontrato, pochi giorni dopo, i rappresentanti delle famiglie arcobaleno sottolineando la «difformità di trattamento tra comune e comune in una materia di competenza esclusiva dello stato». E infatti i comuni di Treviso e Padova avevano continuato le registrazioni. Ora, con la decisione della procura, anche Padova ha dovuto interrompere questa attività.
Nella richiesta di rettifica dell’atto, firmato dalla procuratrice, si menziona anche la decisione assunta dalle sezioni unite della suprema Corte, lo scorso dicembre. Ma quel verdetto si è espresso sul caso di due padri di un bimbo nato in Canada tramite gestazione per altri, altra materia rispetto all’atto contestato che riguarda bimbi nati da due mamme, una di queste biologica.
«È un’altra anomalia di questa decisione. La richiesta di rettifica della procura cita erroneamente la sentenza a sezioni unite della corte di Cassazione, ma non ha nessuna attinenza con gli atti registrati dal comune di Padova. Bisogna essere chiari su questo punto: la surrogazione di maternità non c’entra nulla perché la gestazione, la gravidanza, è per la coppia e non per altri. Le circolari del ministro dell’Interno e del prefetto di Milano hanno contribuito alla confusione citando quella sentenza, ma su questa materia le sezioni unite non si sono mai espresse», dice l’avvocato Alexander Schuster che difende da anni le famiglie arcobaleno.
L’interesse del minore
Negli anni scorsi, ci sono stati altri uffici giudiziari che hanno impugnato atti di registrazione, ma con quale esito? «Le prime impugnazioni sono state talvolta accolte, in altre occasioni rigettate, ad esempio per una questione di legittimazione del pubblico ministero. Quelle più recenti sono state tutte accolte annullando gli atti registrati anche in ragione dei pronunciamenti della corte di Cassazione che si è schierata espressamente a tutela della famiglia naturale», aggiunge l’avvocato.
In un altro passaggio, la procura richiama i compiti di vigilanza sullo stato civile attribuiti dal legislatore al procuratore della repubblica, un dato che solleva un ultimo quesito: il pm ha l’obbligo di chiedere la rettifica dell’atto?
«In realtà, con le modifiche normative di due decenni fa, la vigilanza spetta ai prefetti, non più ai pubblici ministeri. Non c’è nessuna legge che obbliga le procure a impugnare, il governo non può condizionare i magistrati, salvo ritornare all’epoca fascista, quando i magistrati rispondevano al potere esecutivo. Le sentenze della Cassazione non sono legge e quando si tratta di togliere un genitore, è possibile far prevalere l’interesse dei minori e richiamare il vuoto normativo denunciato dalla Corte costituzionale già nel 2021», conclude l’avvocato. «Si tratta di una persecuzione contro le famiglie arcobaleno», tuona Riccardo Magi, deputato di +Europa. Dal governo, invece, si plaude alla decisione.
Nella richiesta di rettifica dell’atto, che sarà discussa dal tribunale il prossimo novembre, un passaggio riguarda la giovane età della bambina la cui vita sociale, secondo la procura, non subirà ripercussioni.
Ma un bimbo al quale viene tolto un cognome e cancellati una madre e un fratello o una sorella (qualora ne avesse), diventa inevitabilmente un bimbo a metà. Orfano per volere dello stato. Così questa vicenda solleva un’altra domanda posta dalla madre della bimba che per prima si è vista recapitare l’atto di rettifica: «Sono queste le priorità del sistema giudiziario italiano?» Una domanda che resta senza risposta.
© Riproduzione riservata