- Mafiosi e camorristi hanno capito che Alfredo Cospito può essere utile nella loro storica battaglia contro il 41 bis, perché sull’anarchico non pesa lo stesso stigma che grava sulla criminalità organizzata.
- I camorristi, subito dopo Natale, con l’intensificarsi delle manifestazioni all’esterno a sostegno di Cospito, hanno cercato di supportare con comportamenti e dichiarazioni la battaglia contro il regime del carcere duro, non solo a Sassari, ma anche a Novara, Cuneo, in almeno quattro istituti.
- Venivano ascoltati mentre in cella sostenevano l’anarchico-terrorista incitandolo: «Dobbiamo fare qualcosa anche noi».
C’è un avverbio che pesa nei documenti che sono stati trasmessi, in questi giorni, al ministero della Giustizia sul caso Cospito. La parola è «astutamente», messa nero su bianco, per segnalare come la discutibile decisione di irrogare il 41 bis all’anarchico-terrorista si sia trasformata in una battaglia sostenuta anche dai mafiosi rinchiusi al carcere duro.
Proprio Domani aveva rivelato nei giorni scorsi i nomi dei detenuti con Alfredo Cospito ha condiviso le ore di socialità, ma soprattutto il loro interessamento per la battaglia contro il 41 bis che conduce l’anarchico in sciopero della fame da oltre cento giorni.
Si tratta di mafiosi di rango come Pino Cammarata e Pietro Rampulla, che ha confezionato l’esplosivo per la strage di Capaci, mafioso vicino a Leoluca Bagarella, stragista e ristretto proprio nel carcere duro di Sassari. Poi c’erano uomini della ‘ndrangheta, come Francesco Presta, e della camorra come Francesco Di Maio.
I criminali hanno capito che la battaglia di Cospito costruisce consenso nella pubblica opinione, consenso che non genererebbe una presa di posizione analoga da parte di un mafioso o camorrista.
Una relazione all’attenzione del dipartimento penitenziario recita: «La sua iniziativa non è passata inosservata e diversi detenuti 41 bis, camorristi, hanno manifestato la volontà di sostenere il detenuto nella sua battaglia comprendendo astutamente che questa potrebbe rappresentare un’occasione per minare ulteriormente il regime differenziato».
Camorristi che, subito dopo Natale, con l’intensificarsi delle manifestazioni all’esterno a sostegno di Cospito, hanno cercato di supportare con comportamenti e dichiarazioni la battaglia contro il regime del carcere duro, non solo a Sassari, ma anche a Novara, Cuneo, in almeno quattro istituti. Venivano ascoltati mentre in cella sostenevano l’anarchico-terrorista incitandolo: «Dobbiamo fare qualcosa anche noi».
Un anarchico reagisce
Dopo il nostro articolo, un anarchico amico di Cospito, imputato e condannato in un processo insieme al terrorista rinchiuso al 41 bis, ha voluto chiarire la posizione personale e degli anarchici sul tema. Non vuole parlare in palese, ma anonimamente vuole raccontare cosa pensa di quest’associazione.
«Voglio chiarire che noi anarchici, Alfredo compreso, non siamo dalla parte delle mafie perché le riteniamo una faccia dello stato. E se Alfredo ha scambiato due chiacchiere con i mafiosi a 41bis è semplicemente perché sono le uniche tre persone con cui può avere "socialità" in quel carcere. Non è un caso che abbiano intercettato Alfredo proprio quando era a Sassari e mai a Ferrara dove era in cella e in alta sicurezza con altri compagni anarchici», dice.
Per l’anarchico, condannato per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, il tutto sarebbe un tentativo di criminalizzare il movimento anarchico. Ma gli leggiamo passaggi delle relazioni, l’incitamento di camorristi e ‘ndranghetisti a Cospito, che è un fatto e non è un’illazione.
«Io sono spiazzato per l’associazione tra anarchismo e mafie, a me i camorristi hanno messo le pistole in bocca, volevano una camera in un posto occupato dove abitavo per dimostrare il loro controllo territoriale, gli ho detto sempre di no», dice.
Una posizione che viene sostenuta anche in alcuni siti anarchici dove si legge: «Non siete riusciti ad isolare un compagno nemmeno seppellendolo sotto diversi metri di cemento. Per voi tutto ha un prezzo, tutto è oggetto di compravendita (oh se le avete fatte e le fate le trattative con Cosa Nostra, altro che «fermezza»!), tutto segue precise gerarchie e catene di comando. Ma le compagne e i compagni non hanno bisogno di direttive né di istigatori né di pizzini. Trovano tutto quello che serve loro per pensare e per agire in qualcosa che non si può imprigionare: l’anarchia», si legge in una pagina di supporto.
Gli anarchici non hanno nulla a che fare con la mafia e la odiano come lo stato. Ma agli stragisti in carcere poco importa degli ideali, conta l’apertura di uno spiraglio, di una falla nel muro del carcere duro e per questo tifano Cospito, che nell’opinione pubblica ha più seguito di un padrino sanguinario stile Totò Riina. ù
© Riproduzione riservata