- Ora Di Maio è corteggiato dai centristi e da un pezzo di centrosinistra. «Se dovesse lasciare i Cinque stelle allora le interlocuzioni sarebbero più intense», aveva detto una fonte vicina al progetto che vorrebbe costruire un nuovo movimento attorno alla leadership del sindaco di Milano, Beppe Sala.
- L’Italia c’è sta preparando una presentazione ufficiale a settembre, a Milano, la città amministrata da Sala. Il primo cittadino non interviene, osserva, ripete che pensa solo «ad amministrare Milano». Eppure è la figura scelta per guidare un nuovo progetto politico, che lui definisce progressista–ecologista, altri riformista.
- Già a gennaio, durante un tour romano, Sala aveva incontrato diversi parlamentari di varie formazioni. «Alcuni di noi del Movimento 5 stelle siamo stati cercati da Sala, ha interloquito con noi, aveva intenzione di fare una sua iniziativa perché c’era bisogno di una forza politica progressista, liberale, ecologista», dicono alcuni di loro. Tra i tanti con cui ha parlato c’era anche il senatore Primo Di Nicola che ha lasciato, con Di Maio, il M5s.
Cosa farà Luigi Di Maio con la sessantina di parlamentari, tra Camera e Senato, che hanno lasciato il Movimento 5 stelle per seguirlo? È certamente la domanda che circola di più in queste ultime ore. C’è curiosità per la collocazione futura del ministro, un centrista nato, moderato naturale, nonostante nella sua prima vita nei Cinque stelle abbia spesso fatto ricorso all’armamentario lessicale più becero del vocabolario leghista. Sembra un secolo fa, ma era soltanto il 2017 quando l’allora leader del M5s accusava le ong di essere «taxi» del Mediterraneo. Due anni dopo lo ritroviamo a Parigi a solidarizzare con uno dei capi dei gilet gialli accusato di islamofobia.
Ora Di Maio è corteggiato dai centristi e da un pezzo di centrosinistra. «Se dovesse lasciare i Cinque stelle allora le interlocuzioni sarebbero più intense», aveva detto una fonte vicina al progetto che vorrebbe costruire un nuovo movimento attorno alla leadership del sindaco di Milano, Beppe Sala. Per ora esiste un’associazione, L’Italia c’è, che ha già un coordinatore nazionale, Piercamillo Falasca, e un gruppo di parlamentari che hanno aderito con l’obiettivo di salvaguardare in futuro l’agenda Draghi e contrastare il nazional-conservatorismo di Viktor Orbán, Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Progetti paralleli
L’Italia c’è sta preparando una presentazione ufficiale a settembre, a Milano, la città amministrata da Sala. Il primo cittadino non interviene, osserva, ripete che pensa solo «ad amministrare Milano». Eppure è la figura scelta per guidare un nuovo progetto politico, che lui definisce progressista–ecologista, altri riformista. Può essere un unico polo o, perché no, più realtà che si uniscono per sostenere il centrosinistra alle politiche del 2023.
Intanto, come raccontato, L’Italia c’è esiste ed è attiva. Ha commissionato una serie di sondaggi sul gradimento di Sala come leader e su quanto potrebbe valere il movimento in termini elettorali (all’incirca il 10 per cento). Sondaggi fatti prima che nei Cinque stelle deflagrasse la bomba Di Maio. Che fin dall’inizio è stato accostato al progetto L’Italia c’è o comunque a un polo progressista guidato da Sala.
La voce ha iniziato a circolare a metà maggio e ora è diventata qualcosa di più di retroscena giornalistico. Perché «Di Maio rappresenta la parte più moderata dei Cinque stelle in linea con il nuovo progetto», dice una fonte interna. «La vicenda Di Maio dimostra che era corretta la nostra prospettiva, e cioè la necessità di ribaltare un racconto nato morto come quello del campo largo Pd-M5s», è la tesi di molti nell’associazione L’Italia c’è.
Sala a Roma
Il dialogo con Di Maio era già iniziato e ora non potrà che intensificarsi. «Noi guardiamo con rispetto alla sua iniziativa parlamentare, ma siamo consapevoli che per costruire un soggetto politico ed elettorale non servono operazioni di sommatoria, ma processi di costruzione politica e programmatica. L’Italia c’è dialoga con tutti», è l’analisi di chi partecipa attivamente alla creazione del nuovo partito. Nelle ultime settimane il confronto ha coinvolto anche una pattuglia di una decina di senatori Cinque stelle che hanno seguito il ministro degli Esteri. Tra questi c’è Simona Nocerino, senatrice dimaiana, milanese, eletta in Lombardia.
Ma già a gennaio, durante un tour romano, Sala aveva incontrato diversi parlamentari di varie formazioni. «Alcuni di noi del Movimento 5 stelle siamo stati cercati da Sala, ha interloquito con noi, aveva intenzione di fare una sua iniziativa perché c’era bisogno di una forza politica progressista, liberale, ecologista», dicono alcuni di loro. Tra i tanti con cui ha parlato c’era anche il senatore Primo Di Nicola che ha lasciato, con Di Maio, il M5s.
Sala in quei giorni aveva ribadito che in ogni caso il suo sarebbe stato un ruolo più di federatore, di leader, ma escludeva una candidatura a premier di coalizione. La sua intenziona sarebbe quella di terminare il secondo mandato da sindaco, ruolo a cui tiene tantissimo, nel 2026.
Inoltre non è un mistero l’amicizia che lega il sindaco di Milano al comico e fondatore del Movimento, Beppe Grillo. Non si sa, tuttavia, se i due abbiano mai parlato del futuro politico e di questa formazione «ecologista-progessista». Sala in parlamento può contare su due persone di fiducia, ufficiali di collegamento con vari eletti. Al Senato c’è Francesco Laforgia, alla Camera Luca Pastorino. Entrambi di Liberi e uguali.
L’Italia c’è o altro?
Non è chiaro neppure se il progetto che ha in mente Sala coincida esattamente con quello in evoluzione nato attorno all’associazione L’Italia c’è. Di sicuro parla e si confronta con i vertici dell’organizzazione, di cui fanno parte alcuni esponenti di Italia viva, su tutti il deputato Gennaro Migliore.
Poi c’è Gianfranco Librandi, deputato e industriale di Saronno, definito internamente «il facilitatore» per le risorse investite sul progetto e i suoi contatti con settori economici disposti a finanziare la “nuova cosa” con Sala leader. La presenza dell’imprenditore in realtà potrebbe essere un problema per alcuni grillini di rito dimaiano, che non digeriscono facilmente i soldi dati da Librandi alla fondazione Open di Matteo Renzi, finita al centro dell’indagine per finanziamento illecito.
All’interno del partito dell’ex premier moltissimi sono attratti da L’Italia c’è. Persino Renzi avrebbe confidato ai suoi più stretti collaboratori che il futuro è lì. Certo è che una presenza forte del leader di Italia viva rischierebbe di allontanare altri nomi che in questi mesi si sono avvicinati all’associazione. Per esempio Federico Pizzarotti, l’ex sindaco di Parma, tra i primi dissidenti del M5s.
La ministra per il Sud, Mara Carfagana, che oltre a conoscere e stimare Falasca, il coordinatore nazionale de L’Italia c’è, è a conoscenza del progetto politico in costruzione, per ora «non ha sciolto le riserve». E il Pd? «Ci sono diversi parlamentari interessati. Intanto stiamo ricevendo molte adesioni di cittadini e amministratori locali», confermano dall’associazione. A settembre si vedrà se “la cosa” di Sala coinciderà con L’Italia c’è oppure sarà un nuovo movimento.
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