Nel settore dei trasporti le donne sono entrate tardi e sono sottoposte a una doppia esposizione: quella dell’ambiente lavorativo e quella dell’utenza. Già nel numero dei dipendenti di Atac, azienda di trasporti romana, c’è una grande sproporzione, e manca un discorso complessivo sulle molestie
I mezzi pubblici sono lo spazio in cui le donne sono più esposte alle molestie fisiche. A dirlo sono i dati Istat 2018, riferiti al periodo 2015-2016: il 27,9 per cento delle donne che le ha subite nel corso della vita, le ha subite su mezzi di trasporto pubblici. Seguono la strada, i locali e i luoghi di lavoro.
L’esposizione
«In quanto luoghi spesso molto affollati, i trasporti pubblici favoriscono i comportamenti molesti perché è più facile passare inosservati», spiega Greta Calabresi, dottoressa di ricerca in Ricerca sociale teorica e applicata all’Università di Roma Tre. «Lo street harassment, la molestia nello spazio pubblico», dice, «è una manifestazione della cultura patriarcale e incide fortemente sulla vita quotidiana di chi ne fa esperienza».
Ma quando i mezzi di trasporto pubblico sono anche il luogo di lavoro l’esposizione diventa maggiore. Secondo Giorgia d’Errico, sindacalista della segreteria della Federazione Italiana Lavoratori Trasporti Cgil, «la presenza femminile è ancora molto bassa, eredità di una cultura che intende le mansioni che hanno a che fare con i trasporti come tipicamente maschili, ma la tendenza sta cambiando».
D’Errico evidenzia come le donne in questo settore siano sottoposte a una doppia esposizione: quella all’interno dell’ambiente lavorativo, quindi con colleghi e superiori, e quello dell’utenza. Perché, spiega la sindacalista della Cgil, i comportamenti aggressivi da parte degli utenti «aumentano quando si trovano in presenza di una donna, in particolare giovane». Ma non solo: «È un settore che può prevedere turni notturni ed esporre a pericoli maggiori. Anche solo una donna che guida un autobus è esposta a battute e commenti perché è considerato un lavoro da uomini».
Per questo motivo, aggiunge, «stiamo lavorando per inserire il tema delle molestie all’interno dei nostri contratti, prevedendo articoli specifici sulla dignità della persona, molestie e violenze sui luoghi di lavoro. Ma, per quanto le donne siano maggiormente coinvolte rispetto agli uomini, non vogliamo che le molestie siano percepite come un problema solo femminile. Per questo usiamo un linguaggio universale, perché tutte e tutti si sentano nella posizione di denunciare i comportamenti subiti».
Sproporzione
Quello del trasporto pubblico è sempre stato un settore lavorativo a prevalenza maschile. Lo dimostrano i dati dell’Atac, l’azienda municipalizzata che gestisce i trasporti a Roma, disponibili sul sito, che evidenziano una chiara sproporzione nella composizione di genere: nel primo trimestre 2023 su un totale di oltre 10mila dipendenti, le donne sono poco più di 1.100, l’11 per cento. Solo cinque dirigenti sono donne su 31 in totale, mentre l’unica categoria in cui la composizione è equilibrata è quella degli impiegati.
La sproporzione diventa invece evidente nell'ambito dell’esercizio di metroferro, dove la presenza femminile è 182 su 815 (il 22 per cento circa), ed esercizio di superficie, 249 donne su 5.681 dipendenti (il 4,4 per cento circa). Le prime donne con il ruolo di conducenti Atac risalgono tra la fine degli anni Novanta e i primi anni 2000, fa sapere l’azienda.
«L’ingresso delle donne nell’azienda è relativamente recente», spiega Mara, autista di autobus Atac che chiede di restare anonima, «e ha trovato un’azienda allora totalmente impreparata. Oggi le cose sono cambiate, ma le donne restano una minoranza. Ti senti osservata dai colleghi, che guardano e commentano».
L’Atac spiega a Domani che si è dotata di un codice etico «per definire i propri valori di riferimento e disciplinare le condotte rilevanti di chi opera in azienda». La società evidenzia che «il documento contiene anche un preciso riferimento alle “Discriminazioni e molestie sul luogo di lavoro”. In queste eventualità il dipendente deve informare “immediatamente i propri superiori, anche senza rispetto dei vincoli gerarchici, e l’organo di vigilanza”. Tale indicazione è resa praticabile anche tramite l’attivazione di una procedura whistleblowing», uno strumento che permette l’invio di segnalazioni anonime.
Secondo l’autista però «sul tema delle molestie l’azienda non fa niente di specifico e di questo tema non si parla. Non ci sono corsi di formazione specifici né altri strumenti di prevenzione delle molestie. C’è uno sportello psicologico, ma è utilizzato perlopiù in caso di traumi legati a incidenti. Gli episodi di molestie di cui sono venuta a conoscenza in questi anni sono stati gestiti direttamente dalle persone coinvolte ma mai inseriti in un discorso complessivo».
L’azienda spiega che lo sportello di ascolto permette ai dipendenti di «accedere in modo gratuito e riservato a colloqui di sostegno psicologico per fronteggiare criticità relative sia alla sfera lavorativa che a quella personale. Si presta dunque per essere utilizzato anche da chi abbia subito molestie». Informa inoltre che «promuove percorsi formativi e informativi per tutto il personale come il recente percorso su “il valore delle differenze”».
Mara racconta che il corso di formazione sulla gestione dei conflitti seguito «è stato molto utile, ma era rivolto solo alle donne e non aveva un focus sulle molestie». Per l’autista, «sarebbe stato importante coinvolgere anche gli uomini e sarebbe importante attivare dei corsi di formazione sul tema delle molestie e più in generale del rispetto, sia per migliorare il clima interno sia perché per un’azienda così grande sarebbe un buon esempio per la città».
La percezione dello spazio pubblico
Nel rapporto Istat del 2022 sul benessere equo e sostenibile in Italia, emerge che la percezione della sicurezza nello spazio pubblico non è distribuita uniformemente nella popolazione, ma «le differenze di genere si mantengono in tutte le fasce di età». Il 70,9 per cento degli uomini si sente sicuro a uscire da solo al buio la sera, per le donne invece solo il 51 per cento. «Il senso di insicurezza delle donne è decisamente maggiore di quello degli uomini», si legge nel rapporto Istat sulla percezione della sicurezza del 2018, relativo agli anni 2015 e 2016: «Il 36,6 per cento non esce di sera per paura (a fronte dell’8,5 per cento degli uomini), il 35,3 per cento quando esce da sola di sera non si sente sicura (il 19,3% degli uomini)».
«Le donne si percepiscono come outsider nell’ambiente urbano», spiega Calabresi, «vivono la sensazione di non essere nel posto giusto, e questo ha a che fare con il modo in cui si è educate fin da bambine, anche allo spazio. L’aver subito molestie per strada, inoltre, ha effetti proprio sulla percezione dello spazio urbano, accresce la sensazione di insicurezza e limita la capacità di muoversi nei luoghi pubblici».
Per questo i mezzi di trasporto come i taxi possono in alcuni casi sopperire alla mancata percezione di sicurezza, soprattutto negli orari notturni. Diversi comuni negli ultimi anni hanno introdotto agevolazioni per le donne. Quelli che però sono uno strumento di tutela per le abitanti della città, per altre sono luoghi di lavoro.
L’associazione Tassiste di Roma è nata sei anni fa con l’obiettivo di promuovere iniziative a sfondo sociale, informare l’utenza e sostenere altre categorie di lavoratori nelle richieste di rispetto dei diritti, ma anche per contrastare la violenza di genere attraverso il sostegno a realtà che lavorano sul tema, come Befree e Differenza Donna. «Il primo nucleo», spiegano dall’associazione, «si è riunito per chiedere un turno che permettesse alle tassiste di conciliare il lavoro con la cura dei figli, sempre a carico delle donne». Ma oggi, spiega Claudia Sordi, socia dell’associazione e tassista da vent’anni, quel turno lo chiedono anche molti papà. «Noi donne a Roma siamo il 10 per cento sul totale degli autisti di taxi. Ma se parliamo di strutture organizzative, come radiotaxi o cooperative di lavoro, o di rappresentanza sindacale, la presenza femminile è praticamente nulla», prosegue Sordi.
Sordi racconta che «le prime donne alla guida sono state le vedove dei colleghi, negli anni Ottanta. È un ambiente in cui i legami familiari sono forti. Nel lavoro vero e proprio, non ci sono evidenti differenze di genere». Il rapporto con la clientela però non è lo stesso: «I clienti sono persone di ogni genere, ma se sono uomini la battuta o il commento fisico è dietro l’angolo. Questo succede ovunque, è parte di un sistema sessista, che è la stessa ragione per cui come tassiste siamo più esposte rispetto ai colleghi maschi».
«Non è solo il turno di notte a essere pericoloso», dice, «anche quello della mattina, che inizia alle 5.30 quando è ancora buio. Spesso le utenti che salgono per una corsa mi chiedono perché non c’è un vetro di protezione nella mia auto o altri dispositivi di sicurezza. Sono le donne a farci caso. Il nostro però è un lavoro solitario, e anche in questo tipo di organizzazione si agisce individualmente».
Secondo Sordi per cambiare la cultura delle molestie sarebbe necessario che gli uomini ragionassero su di sé, «che condividessero tra loro quello che pensano della violenza e in che modo li riguarda», aggiunge, «mentre io che ho un percorso vicino ai centri antiviolenza e alle associazioni femministe ho imparato quanto è importante per le donne e le altre soggettività mettersi insieme. Non dovremmo imparare a difenderci ma sentirci libere di muoverci nello spazio».
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