Le prime descrizioni dei sorbetti sembrano abbastanza lontane dal dolce freddo che siamo soliti gustare oggi. Quindi, ancora nel XVII secolo, i sorbetti sembrerebbero delle bevande liquide, più che dei composti solidi o semisolidi. Con la sorbettiera a manovella diventa più facile arricchire la ricetta, passando dal sorbetto al gelato vero e proprio.
La genesi del gelato è un po’ misteriosa e per noi italiani lo è forse ancora di più, tenendo conto delle varie declinazioni regionali. Quasi tutta l’Italia, in particolare il Mezzogiorno, è punteggiata da specialità dolci e fredde, la cui origine è quasi sempre antichissima; si va dalla celeberrima granita siciliana, all’altrettanto noto sorbetto di Napoli, passando per le meno note scirubetta calabrese e carapigna sarda.
Cerchiamo di mettere ordine in questo guazzabuglio. Le origini del gelato potrebbero essere trovate in Sicilia durante la dominazione araba, quindi, grossomodo, tra il IX e l’XI secolo, ma è più probabile che si tratti di qualcosa di molto simile alla nostra attuale granita, fatta con la neve e il succo di un frutto, o con qualche aroma particolare.
Le prime descrizioni dei sorbetti sembrano abbastanza lontane dal dolce freddo che siamo soliti gustare oggi; secondo il viaggiatore francese Jean Jacques Bouchard, che si trova a Napoli nel 1634, i sorbetti sono «certe acque di limoni e di altri frutti e fiori che essi [i napoletani] fanno in modo perfetto e che bevono continuamente anche per strada e nelle chiese». Quindi, ancora nel XVII secolo, i sorbetti sembrerebbero delle bevande liquide, più che dei composti solidi o semisolidi. È molto interessante anche lo stupore del francese di fronte allo spettacolo dei napoletani che si portano i sorbetti in chiesa, a conferma di una passione ormai dilagante e incontenibile. Del resto, qualche decennio dopo, sempre parlando del capoluogo campano, il famoso cuoco Antonio Latini notava come: «Qui a Napoli pare che ognuno nasca col genio, e con l’istinto di fabbricar Sorbette».
La ricetta originale
Di sorbetti si parlava da secoli, ma solo nell’ultimo scorcio di Settecento il grande cuoco napoletano Vincenzo Corrado nella sua fondamentale opera Il credenziere di buon gusto, ci fornisce una ricetta che utilizza in freddo in maniera indiretta.
Nella ricetta di Corrado abbiamo a che fare con un composto morbido e mantecato. La sorbettiera a manovella doveva ancora essere inventata e quindi ci si arrangiava con contenitori di terracotta che venivano inseriti in vecchie botti di legno a loro volta piene di neve e sale. In questo modo il freddo del composto refrigerante si trasferiva all’acqua zuccherata e aromatizzata contenuta nel recipiente di terracotta, la quale veniva mescolata con energia fino appunto alla solidificazione raggiungendo lo stato cremoso.
Da qui all’introduzione del latte, per ottenere il gelato vero e proprio, il passo fu breve, anche se non immediato. Noi non sappiamo quando sia stata perfezionata la ricetta del sorbetto moderno, o semisolido, se vogliamo chiamarlo così; possiamo solo supporre che la ricetta del celebre Procopio de’ Coltelli di fine Seicento fosse ancora un sorbetto senza latte, ma con le uova, e quindi l’invenzione del gelato vero e proprio si collochi grossomodo tra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo. In effetti, anche fuori dall’area di Napoli, troviamo alcune ricette di sorbetto con l’uovo: già il bolognese Vincenzo Tanara parla di un non ben precisato “sorbetto concentrato”, ma soprattutto abbiamo una ricetta in forma di poesia del celebre biologo e letterato toscano Francesco Redi, pubblicata nel suo Bacco in Toscana del 1685, che parte proprio dalla cottura dei tuorli zuccherati e montati.
Tutte queste ricette seicentesche, come anche quella successiva di Corrado, non solo non utilizzano più la neve come ingrediente, ma sfruttano ampiamente una scoperta scientifica di parecchio tempo prima, risalente almeno al 1550, vale a dire l’uso di mescolare il sale alla neve, per ottenere una miscela eutettica in grado di raggiungere temperature molto basse. Il primo a parlarne è il medico e scienziato spagnolo Blasius Villafranca, che proprio nel 1550 pubblica a Roma un trattato in latino di novanta pagine sull’argomento. A quell’epoca, il tema era ancora e solo quello di raffreddare il vino, ma ben presto la scoperta del geniale Blasius verrà applicata in molti altri ambiti, compresa la preparazione di sorbetti.
Il passaggio al gelato
Mentre si perfeziona la ricetta e si sfruttano importanti scoperte scientifiche, anche la tecnologia compie alcuni decisivi passi avanti. I contenitori di terracotta nel quale si metteva il composto da solidificare, a partire dal Settecento vennero progressivamente sostituiti con altri di stagno, in lamiera di ferro o rame. Bisognerà attendere la metà dell’Ottocento, però, perché in America venga brevettata la sorbettiera a manovella; più precisamente il 1843 e l’inventrice fu una donna Nancy Johnson di Philadelphia.
Con la sorbettiera a manovella diventa più facile arricchire la ricetta, passando dal sorbetto al gelato vero e proprio. Probabilmente l’aggiunta del latte o, meglio ancora, della panna avviene un po’ prima, a cavallo tra Settecento e Ottocento. Ancora una volta, sembra essere l’Italia il cuore di questa ulteriore innovazione. La sorbettiera di Nancy Johnson e le sue successive evoluzioni permetteranno una più veloce espansione di questo prodotto, rendendo molto facile anche l’avvio di piccole attività commerciali.
Se fino all’inizio del XIX secolo, il mestiere di sorbettiere ambulante era praticamente un’esclusiva della zona di Napoli e della Sicilia, dalla seconda metà del secolo, questi modesti, ma intraprendenti venditori si diffusero in tutte le città europee e americane. Il nome internazionale di “Italian Ice Cream”, però, non sarà dovuto alla loro instancabile attività, ma al successo delle fabbriche bolognesi di macchine per il gelato e a quello, altrettanto importante, dei preparati industriali per il gelato artigianale, anch’essi provenienti dalla zona di Bologna.
© Riproduzione riservata