«Dossieraggio illegale, anche per conto e nell’interesse di appartenenti al mondo politico». Ai pubblici ministeri della procura di Milano è chiaro lo “scopo associativo” del gruppo che dagli uffici di via Pattari avrebbe prelevato migliaia di informazioni da banche dati strategiche. «Ricattare, estorcere, condizionare gli avvenimenti politici», scrive chi indaga.

Non mancano nelle oltre mille pagine dell’atto di accuse dei pubblici ministeri riferimenti ai “clienti” politici, ossia partiti o singoli esponenti, della presunta associazione a delinquere. Un dato quest’ultimo che emerge dalle intercettazioni captate tra il presidente della Fondazione Fiera, Enrico Pazzali, e il “super poliziotto” Carmine Gallo, entrambi legati alla Equalize srl, al centro del fascicolo d’indagine.

«Mi controlli un nominativo di una signora che mi ha girato Forza Italia?», chiedeva il manager meneghino all’ex ispettore. Solo più tardi Pazzali rivelerà che ad avergli chiesto l’informazione in questione sarebbe stata la senatrice forzista Licia Ronzulli, berlusconiana di primissimo piano, fino all’avvento di Antonio Tajani la più vicina al Cavaliere. «Mi arriva, mi arriva dalla Ronzulli, mi fa un po’ paura», prosegue ancora Pazzali. Il report che sarebbe stato richiesto verte, pertanto, su tale «Simona Gelpi, di Autogrill». Lo scopo di Pazzali è anche capire se Gelpi abbia avuto coinvolgimenti «in qualche roba con Berlusconi».

«No, no, no, non ha mai fatto nulla da giovane, si è sempre occupata di comunicazione», precisa Gallo che dice pure di esserne certo perché possiede un rapporto completo sulle cosiddette “olgettine”. Perché dunque Ronzulli avrebbe chiesto informazioni sulla donna? A questo giornale la senatrice, una volta contattata, mostra subìto un certo nervosismo: «Siete dei cialtroni», è la prima parte del suo commento. Solo dopo in qualche modo fa una mezza ammissione: «E se avessi chiesto di controllare sarei stata a conoscenza degli illeciti commessi? No. Ho saputo della cosa ieri dai giornali», aggiunge.

Ecco le carte dell'inchiesta che citano Forza Italia e Ronzulli

Avversari politici

A ogni modo l’uso delle informazioni illecitamente raccolte serve anche per ottenere «notizie sul conto dei competitors politico-economici dello stesso Pazzali e di soggetti politicamente legati a quest’ultimo». Un esempio? Attilio Fontana, governatore leghista della regione Lombardia, vicino al manager di Fondazione Fiera.

Così vicini che è lo stesso Fontana a richiamare Pazzali a Milano e promuoverlo al vertice della Fondazione dopo che aveva lasciato Fiera di Milano spa coi bilanci in rosso.

A ottobre 2022, Pazzali aveva contattato Gallo con un obiettivo: voleva «acquisire eventuali notizie pregiudizievoli sul conto di qualcuno dei componenti del Consiglio Direttivo di Lombardia Migliore che, anche attraverso il sito "lombardiamigliore.it", promuove la candidatura di Letizia Moratti quale futuro Presidente della Regione Lombardia».

Il manager chiedeva, insomma, notizie contro gli avversari di Fontana. E in particolare, si legge nella richiesta dei pm, cercava informazioni su Marco Tizzoni. La storia di Tizzoni è particolare e riconduce al partito di Fontana: è l’ex leghista che presentò a Milano l’esposto in cui era adombrato il sospetto che l'Associazione Maroni Presidente «fosse stata tenuta nascosta ai consiglieri dovendo servire quale soggetto occulto di intermediazione finanziaria in favore della Lega o di terzi».

Un report, in altre parole, quello contro Moratti che allo stesso tempo avrebbe potuto colpire il “grande accusatore” del partito del Carroccio. In un altro caso relativo a un altro dossier da confezionare, Pazzali lasciava intendere che la richiesta arrivava direttamente dal governatore Fontana: «Attilio mi chie...Fontana mi chiede». I pm però scrivono che al momento non c’è alcuna prova dell’«effettivo coinvolgimento» del presidente.

Ma perché Pezzali aveva deciso di commissionare questo report? Se perché mosso da sentimenti di amicizia verso Fontana o, al contrario, perché “spinto” da un regista rimasto nell’ombra ancora non è dato sapere. Saranno gli inquirenti a chiarirlo.

L’inchiesta è ancora aperta. Ciò che è certo è che i “dossier” il manager Pazzali li avrebbe chiesti non solo su avversari politici, ma anche su “amici”, come il presidente del senato Ignazio La Russa e suo figlio Geronimo: «Esatto... va beh... fammene un'altra nel frattempo! Ignazio La Russa. E metti anche un altro se c'è. Eh... come si chiama l'altro figlio? come si chiama? Eh. Geronimo come si chiama Geronimo La Russa? Eh...prova Geronimo La Russa, ma non si chiama Geronimo... come cazzo si chiama Geronimo?", “Antonino? Metti Antonino La Russa», diceva Pazzali agli “spioni” di via Pattari.

E ci sarebbe anche Matteo Renzi tra le ricerche di Pazzali. Ma i suoi soci non condividono la scelta. “Magari noi lo vendiamo alla Monte Paschi di Siena… Ci incula, ci manda qua la Finanza, i Servizi, i contro servizi”, ribattono.

Eni e il caso Amara

Tra i dossier confezionati per i loro clienti politici e non, ce n’è uno anche su Piero Amara, l’ex legale della società di stato e coinvolto nel processo Eni, il grande caso giudiziario nato in procura a Milano e che ha travolto il pool che ha indagato sugli affari del colosso energetico in Nigeria. Negli atti è scritto che il gruppo sotto inchiesta (incluso Gallo) ha fornito i dossier su Amara e Francesco Mazzagatti (partner di Amara, ndr) «alla società petrolifera».

Per farlo hanno consultato anche banche dati in uso alla polizia, come lo Sdi: «Senti è arrivato per caso il, lo SDI di coso là, di Piero Amara?», chiedeva per l’appunto Gallo ai suoi “soci”. In un altro passaggio è spiegato il rapporto che lega il gruppo al potente e presunto cliente cui sarebbero stati inviati i dossier su Amara e Mazzagatti: «Quella roba di Eni, ha proprio un percorso diverso, c'è un contratto, c'è una richiesta, è figlio degli incarichi che ci abbiamo...». Un capitolo misterioso e da approfondire.

© Riproduzione riservata