Migliaia di informazioni prelevate da banche dati strategiche nazionali, come Serpico, lo Sdi o il sistema valutario legato alle Sos di Bankitalia. Ma soprattutto migliaia di informazioni prelevate con scopo «estorsivo e ricattatorio» scrivono gli inquirenti nell’ordinanza che ha disposto sei misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Milano su presunti dossieraggi. Un’inchiesta che conta ben 60 indagati i quali a vario titolo rispondono di concorso negli accessi abusivi. Tra di loro c’è anche Enrico Pazzali, il manager milanese, classe 1964, presidente della Fondazione Fiera nonché legato a Ignazio La Russa e agli ambienti di centrodestra.

Pazzali controlla al 95 per cento la Equalize e cioè la società al centro del fascicolo dei pm meneghini e dietro a cui avrebbe agito il gruppo criminale attenzionato dagli inquirenti al «fine di acquisire illecitamente dati, notizie e informazioni, anche pregiudizievoli (…), avvalendosi della collaborazione di pubblici ufficiali infedeli e, almeno in alcuni casi, corrotti muniti delle credenziali necessarie per poter interrogare la banca dati di volta in volta interessata»

L’organizzazione, inoltre, avrebbe agito per «danneggiare l’immagine dei competitor professionali e imprenditoriali dello stesso Pazzali e dei suoi avversari politici o di quelli a persone a lui legate».

Ed è nell’ordinanza firmata dal gip Fabrizio Filici che a un certo punto compare anche il nome della ministra del Turismo, Daniela Santanchè. Spiata? No. In base a quanto si legge Pazzali, in possesso di una serie di informazioni, ne «faceva ulteriore uso nei suoi rapporti con Santanchè». Per quale motivo? A che scopo dunque? Lo abbiamo chiesto alla diretta interessata. «Pazzali non mi ha mai proposto informazioni riservate. Mai. Lo escludo totalmente. A ogni modo non ho seguito l’operazione di oggi», dice a Domani la ministra.

Ma che tipo di informazioni Pazzali avrebbe messo a disposizione di Daniela Santanchè? Negli atti giudiziari si fa più in particolare riferimento a ricerche concernenti giornalisti e alti dirigenti.

«Abusivamente ci si introduceva – si legge nell’ordinanza – in sistemi informatici e telematici protetti da misure di sicurezza, e segnatamente nei dispositivi telefonici e nei dispostivi informatici in uso a Giovanni Dragoni, giornalista e caporedattore del “Sole 24 ore”; Giovanni Gorno Tempini, già Presidente di Fiera di Milano (fino al luglio 2019) e Presidente del cda di Cassa Depositi e Prestiti; Giuliana Paoletti, manager ed esperta di comunicazione, Guido Rivolta di Cassa Depositi e Prestiti; Giovanni Battista Pons, giornalista de “La Repubblica”».

Una volta all’interno dei dispositivi, pertanto, si acquisivano informazioni sui contatti dei «titolari di tali sistemi e sui loro spostamenti nonché esfiltrando, mediante utilizzo delle parole chiavi “Pazzali”, “Eur”, “Fiera”, “Fontana” e “Bonomi”».

Cosa si cercava? E perché di queste informazioni Pazzali parlava con Santanchè? Questa è un’altra delle numerose domande a cui gli investigatori stanno cercando di rispondere.

Domani ha sentito anche Giuliana Paoletti, che nel 2019 lavorava per Carlo Bonomi, all’epoca presidente di Assolombarda e poi ancora con lo stesso Bonomi l’anno successivo durante la corsa alla presidenza di Confindustria. Paoletti nell’ordinanza non solo risulta tra gli “spiati” ma anche la persona a cui Pazzali, al pari di quanto fatto con Santanchè, avrebbe passato informazioni. «Sono esterrefatta da quanto leggo ed è sconfortante vedersi manipolati da persone a cui avevo dato fiducia. Sono evidentemente parte lesa, insieme alla mia famiglia, in quanto, come si legge, ripetutamente intercettata e i miei messaggi, come ho avuto il sospetto, sono stati manipolati».

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