Continua con la sua 34esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.
La legalizzazione dell’azzardo aveva due scopi: limitare gli affari illegali e creare gettito erariale. Trent’anni dopo sfogliamo un bilancio appannato, con passività importanti e con un rendiconto sociale preoccupante.
Tra le colonne dei conti si nascondono dipendenza da azzardo e grandi interessi criminali, che si accompagnano a un gettito erariale solo parzialmente positivo. In ciascuno di questi casi si registra un’inerzia delle istituzioni: per prima cosa nel tutelare la salute dei cittadini, poi nel difendere gli operatori del settore dalle ingerenze e dalle infiltrazioni delle mafie, e in ultimo il bilancio dello stato, che risente di un contraccolpo dovuto all’intervento del servizio sanitario nazionale per curare chi si ammala di azzardo.
Un nuovo quadro normativo
Ecco perché è necessaria l’introduzione di una legge quadro che ridisegni i contorni di un fenomeno in continua crescita. E ne ridimensioni – senza proibirlo – l’uso smodato che ne viene fatto. Magari allineando gli standard del nostro paese a quelli di altri stati europei. È quanto emerge, in estrema sintesi, dal libro La pandemia da azzardo. Il gioco ai tempi del Covid: rischi, pericoli e proposte di riforma, edito da Altreconomia.
Una edizione aggiornata del volume, curato da Claudio Forleo e Giulia Migneco per Avviso Pubblico e in collaborazione con Fondazione Adventum, è stata presentata questo pomeriggio alla Camera dei Deputati.
Al tavolo dei relatori, oltre agli autori, anche la vicepresidente della Camera Anna Ascani, il vicepresidente della Commissione Antimafia Federico Cafiero de Raho, già procuratore nazionale antimafia, Andrea Bosi, vicepresidente di Avviso Pubblico e il deputato dem Gian Antonio Girelli.
La presentazione del libro è stata soprattutto l’occasione per discutere nel merito del disegno di legge delega al governo per la riforma fiscale in discussione in parlamento.
«Il gioco d’azzardo è un fenomeno in crescita che evidenzia due aspetti preoccupanti: il primo è il noto coinvolgimento delle criminalità, aspetto trattato anche dalla Commissione antimafia; il secondo è l’aumento di persone affette da ludopatia che spesso sono le più fragili ed esposte a vere patologie da dipendenza – spiega in apertura la vicepresidente della Camera Anna Ascani –. Serve sensibilizzazione e informazione dei gestori degli esercizi commerciali per prevenire il consumo eccessivo di prodotti da gioco in denaro e formazione di docenti ed educatori capaci di motivare gli studenti sul pericolo del gioco d’azzardo».
«La pandemia da azzardo è un titolo azzeccatissimo sia per il libro che per descrivere la realtà in cui ci troviamo, soprattutto quella italiana – le fa eco il presidente della Fondazione Adventum Franco Evangelisti – Il denaro, e il desiderio di averne sempre più, è il tema di questa educazione. Per questo come fondazione lavoriamo da anni per far conoscere il valore del denaro e quanto sia importante farne un uso corretto».
Le cifre che emergono dal convegno sono impressionanti. Più di diciotto milioni i giocatori ogni giorno in Italia sfidano il banco, puntando 111,7 miliardi di euro l’anno. Una cifra abnorme che supera di misura i bilanci dei quasi ottomila comuni italiani.
Un azzardo troppo grande per un paese che ha imparato presto a spendere fiumi di denaro senza nemmeno uscire di casa, o dalla scrivania del proprio ufficio. Sono sempre più, infatti, quelli che scelgono gli schermi di computer e smartphone alle sale scommesse o alle luci delle slot machine.
Un fenomeno che a dispetto di una pandemia messa quasi alle spalle, sconta il cosiddetto “effetto covid”. I lockdown hanno infatti generato una strana entropia, spostando l’equilibrio dell’azzardo verso le giocate telematiche.
La raccolta fisica è crollata sotto il 40 per cento, quella telematica ha superato il 60 per cento. E una grande porzione del quadro è occupata dai giovanissimi. Si conta che dei 12 milioni di conti gioco aperti nel 2021, 1 milione e 300 mila sono riconducibili a giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Mentre non si hanno cifre ufficiali sui tanti minorenni che quotidianamente puntano denaro online, registrandosi con falsi profili.
Un mercato gigantesco difficile da controllare, e nel quale operano anche le mafie che riciclano ingenti quantità di capitali accumulati illegalmente. Le maggiori agenzie investigative del paese, a partire dalla Direzione investigativa antimafia, inserisce il gioco d’azzardo tra i principali settori di interesse della criminalità organizzata, insieme al traffico di droga.
Perciò questo tipo di legalizzazione non solo non ha intaccato gli interessi criminali, ma ha finito suo malgrado per ampliarli.
Il business
Secondo la procura nazionale antimafia le organizzazioni mafiose gestiscono circa 20 miliardi di euro, un quinto dell’intero mercato dell’azzardo. E l’Unità di informazione finanziaria (Uif) di Bankitalia calcola che circa mezzo miliardo finisca in operazioni di riciclaggio. Secondo la Dia le mafie preferiscono l’azzardo perché è un affare più redditizio di altri, se rapportato agli enormi guadagni e agli scarsi rischi penali.
Eppure, stando alla relazione di apertura del Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, le stime per il 2022 potrebbero toccare un nuovo record grazie all’azione di repressione del gioco illegale, arrivando a sfiorare i 140 miliardi di euro giocati.
Somma che magari è stata sottratta al controllo criminale, ma che non rassicura sul fronte dell’azzardo patologico. Tuttavia le inchieste giudiziarie dimostrano come l’attuale organizzazione del comparto azzardo favorisca le mafie e come esse continuino a gestire parti del settore legale e illegale.
«Ci sono decisioni su questioni aperte inerenti all’azzardo che la politica ha rinviato per troppo tempo. Criticità che le varie maggioranze, succedutesi nel corso degli anni, hanno contribuito a creare», spiegano gli autori del libro.
Un ruolo che da oltre un decennio suppliscono regioni ed enti locali. In primo luogo con l’informazione e la sensibilizzazione sui rischi del gioco d’azzardo patologico e la limitazione di orari e distanze dai luoghi sensibili. Un’esperienza di cui le istituzioni centrali dello Stato potrebbero avvalersi e che invece nella maggior parte dei casi si limita ad annunciare una vaga compartecipazione al gettito erariale.
«Dato il ruolo di regioni ed enti locali, richiamato anche nel corso delle audizioni e nei testi degli emendamenti alla legge delega, è assolutamente imprescindibile un loro diretto coinvolgimento nella concertazione sulle regole che investono da vicino gli enti territoriali», spiega Andrea Bosi, vicepresidente di Avviso pubblico e assessore ai Lavori pubblici e alla Legalità del comune di Modena.
«La loro compartecipazione al gettito erariale non ci sembra sia una risposta corretta alle criticità legate al dramma rappresentato dalla dipendenza, ma rischia semmai di alimentare un circuito vizioso. Riteniamo – conclude Bosi – che sia inconciliabile quanto si propone la legge delega: combattere la dipendenza da gioco d’azzardo mantenendo l’attuale gettito erariale garantito dall’attuale mercato. Il gioco legale va tutelato attraverso il suo ridimensionamento, nel numero dei punti vendita e nell’offerta di tutti i giochi».
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