È la prima cosa che ingeriamo quando veniamo al mondo, ed è praticamente la costante della nostra vita. Ci accompagna nei primi mesi, senza mai abbandonarci né durante lo svezzamento né durante la nostra intera esistenza. È il latte, vero e proprio filo conduttore dell’intero arco vitale di uomini e donne. All’inizio utile per l’alimentazione di base, alla fine, durante la senilità, prezioso per il suo calcio quanto mai indispensabile per le ossa di un anziano.

Dall’animale uomo si assume appena nati, per poi passare allo stesso prodotto naturale di altre specie. Mucca, per lo più. Ma anche capra e pecora. In forma liquida, solida, come semplice ingrediente “nascosto” in dolci e ciambelloni, anche in versione “derivata”: il latte, nel frigo come nella pancia, non manca mai. Anche se con le differenze del caso.

Perché c’è latte e latte. Quello “di mamma” in particolare è speciale. Rispetto al latte vaccino, quello preso dal seno ha meno proteine, il che lo rende più digeribile per il neonato. Inoltre il latte materno ha più acidi grassi insaturi, questi ultimi necessari per lo sviluppo cerebrale e dell’organismo. Contiene esattamente ciò che serve in questo momento esatto della vita, a differenza di un latte vaccino sicuramente buono e polivalente per utilizzo alimentare ma poco utile per l’essere umano nei suoi primi mesi. Per questo motivo quando l’allattamento del neonato non dovesse risultare possibile si ricorre al latte artificiale.

Le caratteristiche del latte vaccino non rendono quest’ultimo somministrabile per il primo anno di vita di ciascuno. Da lì in poi, piano piano, tutto cambia. Il latte di mamma viene sostituito con quello di stalla e fattoria, per non sparire più. Latte in tazza per inzuppare biscotti o corn flakes, o per macchiare il caffè. Mozzarella per caprese o per la pizza, besciamella per la pizza, formaggi stagionati da assaporare da soli o con una lacrima di miele, o da grattugiare sulla pasta per dare quel tocco di sapore in più. Colazione, pranzo o cena, il latte scandisce la vita di tutti i giorni, anche come semplice bevanda rinfrescante, da sola o accompagnata da altre bevande. Chi non ha mai assaporato il gusto prodotto dall’accostamento di latte e menta durante l’estate, almeno una volta nella vita?

Il versante salato

Generalmente i bambini sono golosi, si sa. In questo fase di fanciullezza caramelle, cioccolata e dolciumi attirano fantasie e desideri, e prodotti pensati per l’infanzia non mancano mai. Quando poi crescendo si scopre il gusto per il salato, il latte nelle sue diverse declinazioni culinarie dà sapore alla vita di tutti. Almeno finché ce lo si può permettere. Diventare adulti e poi, “saggi”, può avere un prezzo. Da una parte il colesterolo, che impone un regime alimentare povero di grassi e che, inevitabilmente, si traduce nell’impossibilità di mangiare formaggi stagionati così come il quelli spalmabili. Ma soprattutto intolleranze e allergie alimentari, che per quanto riguarda la bevanda bianca chiama in causa un elemento specifico: il lattosio.

Quest’ultimo rappresenta circa il 98 per cento degli zuccheri del latte, e quando l’organismo umano inizia a non digerire più il lattosio assumerlo diventa complicato se non addirittura impossibile. Dolori addominali, gonfiore, persino diarrea: ecco che il latte, da amico dell’uomo diventa improvvisamente nemico, e occorre rifugiarsi nella versione non zuccherina, più nota come latte senza lattosio. Se si vuole continuare a fare uso di mozzarelle, mangiare la pizza, intingere biscotti o affogare i cereali nel latte, bisogna acquistare questo tipo di latte. Grandi alternative non ve ne sono, visto che anche il latte di capre contiene lattosio, in quantità e concentrazioni diverse da quello vaccino, ma non tali da renderlo meno indigesto.

Questione di assimilazione

Che l’uomo possa risultare intollerante al lattosio non è una novità. Al contrario la capacità di assorbire il disaccaride ha accompagnato il cammino evolutivo. L’organismo ha imparato ad assimilarlo nel tempo, ma nella società contemporanea il caso di problematiche legato agli zuccheri del latte si propone con rinnovata prepotenza, tanto che solo in Italia la Simg (Società Italiana dei Medici di Medicina Generale e delle Cure Primarie) stima che tra il 40 per cento e il 50 per cento della popolazione del paese debba vivere e convivere con questa intolleranza.

Una persona su due, dunque, solo in Italia, ha nel latte “tradizionale” un alimento da evitare. Ma non è un problema solo per gli italiani, si tratta al contrario di un fenomeno talmente in crescita che la Commissione europea ha dovuto rimettere mano al regolamento del 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Con una modifica al testo introdotta nel 2020, viene stabilito per legge quando una confezione di latte è da ritenersi “senza lattosio”.

Nello specifico, perché il latte o qualunque prodotto contenente latte possa essere considerato “senza lattosio” occorre che vi sia un residuo di lattosio inferiore a 0,1 g per 100 grammi o 100 millilitri. Una norma in vigore anche in Italia, e resa necessaria a livello europeo vista l’esplosione di prodotti “lactose-free” avvenuta solo negli ultimi anni sulla scia di problematiche sempre più diffuse con il latte.

Leggere le targhette al momento di fare la spesa è un’accorgimento che non va limitato solo ai cartoni del latte o alle confezioni delle mozzarelle. Se l’intolleranza al lattosio è grave, ricorda l’istituto superiore di sanità (Iss), «è importante fare attenzione e leggere accuratamente le etichette degli alimenti: il lattosio, infatti, è utilizzato in molti cibi pronti».

Intolleranze alimentari e problemi di trigliceridi non impediscono a uomini e donne di tutte le età di continuare il loro viaggio di vita con l’alimento che accoglie chiunque esca dal grembo materno. Perché comunque, anche in caso di colesterolo, non tutti i prodotti a base di latte o contenenti latte vanno aboliti. Potranno dunque cambiare le diete, le caratteristiche, la produzione animale, i processi di lavorazione, ma il latte resta comunque una costante. Un alimento che ci accompagna fin dal primo giorno, e fino alla fine dei nostri giorni. Un lungo e gustoso filo rosso, anzi, bianco, che porta fino alla terza età. Si calcola che una persona anziana dovrebbe assumere almeno 1200 grammi di calcio al giorno per mantenere in forma l’intero sistema osseo. Da dove arriva il calcio? Ma dal latte, naturalmente. Una delle poche certezze della vita.

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