Nella città azera di Yevlakh i rappresentanti dei separatisti hanno incontrato la delegazione dell’Azerbaigian, dopo la resa. La questione al centro è tutelare gli armeni che si trovano sul territorio. L’Armenia a Ginevra denuncia «la pulizia etnica»
La tregua tra Baku e l’autoproclamata repubblica di Artsakh sembra ancora fragile, con le forze separatiste che hanno accusato l’Azerbaigian di aver violato il cessate il fuoco (si sono sentiti degli spari a Stepanakert) e il ministero della Difesa azero che ha negato. Intanto, però, si sono conclusi i colloqui tra la delegazione azera e i rappresentanti armeni del Nagorno-Kabarakh a Yevlakh. Al centro dell’incontro, il tema della «reintegrazione» della regione nell’Azerbaigian e in particolare quali saranno le sorti della popolazione di etnia armena che ci abita.
La protezione degli armeni
Alla vigilia dei negoziati, il presidente azero Aliyev ha assicurato che per quanto riguarda gli armeni (circa 120mila persone, secondo Minority Rights) «tutti i loro diritti saranno assicurati. Il diritto all’educazione, i diritti culturali, i diritti alle elezioni municipali».
L’area, che era collegata alla vicina Armenia tramite un territorio conosciuto come corridoio Laçin, da mesi è isolata. Il corridoio è stato bloccato in dicembre, rendendo quasi impossibile l’approvvigionamento di alimenti, medicinali, energia elettrica.
I negoziati cadono proprio nel giorno dell’indipendenza dell’Armenia, e con l’occasione l’ambasciata statunitense a Ereven ha riportato le parole del segretario di stato Anthony Blinken: «L’Armenia si è messa sul sentiero della libertà e dell’autodeterminazione quando ha dichiarato l’indipendenza dall’Unione sovietica nel 1991», dice il messaggio, «gli Stati Uniti supportano la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Armenia, e si impegnano a promuovere una pace dignitosa e durevole nella regione, dove tutti i diritti siano rispettati».
La tutela dei diritti e della sicurezza degli armeni sul territorio conteso è presente anche nelle raccomandazioni di Putin al presidente azero, che ha sentito al telefono. Aliyev si sarebbe scusato per la morte di alcuni peacekeeper russi, che si sono trovati sotto il fuoco di armi leggere mentre tornavano da un checkpoint vicino a Dzhanyatag. Secondo fonti di Ria Novosti il comandante delle forze azere ritenute responsabili della sparatoria è stato sospeso. Le autorità russe stanno indagando sulla dinamica dell’agguato, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Entrambi i leader hanno sottolineato l’importanza di applicare con costanza l’accordo trilaterale del 2020, in particolare per quanto riguarda lo sblocco dei collegamenti, il chiarimento dei confini e l’abbozzo di un trattato di pace tra Baku e Erevan.
La denuncia di «pulizia etnica»
Nel frattempo, in Armenia, l’opposizione ha annunciato un processo di impeachment nei confronti del primo ministro Nikol Pashinyan. Dopo l’inizio dell’attacco ci sono stati scontri davanti al palazzo del governo tra manifestanti e forze dell’ordine: Pashinyan non avrebbe fatto abbastanza per la causa armena.
Si è distanziato anche dall’accordo di cessate il fuoco, che richiedeva alle forze separatiste armene di deporre tutte le armi e smantellare le loro unità, sostenendo che l’Armenia non ha una presenza militare sul territorio, e che la responsabilità di garantire sicurezza degli armeni che vivono lì sta ora in capo alle forze di pace russe.
In primavera, ricorda la Bbc, si sarebbe detto pronto a riconoscere la zona del Nagorno-Kabarakh come parte dell’Azerbaigian se fosse stata assicurata la protezione della popolazione armena lì residente. Al momento dell’attacco azero, Pashinyan ha accusato l’Azerbaigian di star compiendo un’azione di «pulizia etnica». Termine ripreso dall’ambasciatore armeno Andranik Hovhannisyan davanti al Consiglio per i diritti umani dell’Onu a Ginevra, come riporta l’Ansa: «Questa non è una semplice situazione di conflitto, è un crimine contro l'umanità e dovrebbe essere trattato come tale».
Per il ministero della Difesa russa, dall’inizio dell’attacco sono state evacuate circa 3mila persone, e 1.340 civili sono rimasti nella base del contingente di pace. Secondo le forze separatiste armene, i morti sarebbero circa 200, e più di 400 i feriti.
Su richiesta di Francia e Armenia, l’Onu ha indetto una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza.
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