Come era facile prevedere, il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina 2023 è stato assegnato a Katalin Karikó e Drew Weissman. I due scienziati sono stati premiati per le loro scoperte che hanno permesso lo sviluppo di efficaci vaccini a mRNA contro il Covid-19. Grazie a loro, siamo riusciti ad avere in breve tempo vaccini efficacissimi e super-sicuri contro il Covid, che hanno salvato la vita ad almeno 20 milioni di persone
Come era facile prevedere, il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina 2023 è stato assegnato a Katalin Karikó e Drew Weissman. L'annuncio è stato dato oggi, lunedì 2 ottobre, al Karolinska Institute di Stoccolma, in Svezia, e la motivazione recita: «Katalin Karikó e Drew Weissman sono stati premiati per le loro scoperte sulla modificazioni delle basi nucleosidiche che hanno permesso lo sviluppo di efficaci vaccini a mRNA contro il Covid-19».
Il premio a questi due scienziati è stra-meritato, perché si stima che questi vaccini abbiano salvato la vita ad almeno 20 milioni di persone che altrimenti sarebbero morte di Covid.
Katalin Karikó è una biochimica nata in Ungheria nel 1955, che si è trasferita negli Stati Uniti nel 1985 e ha acquisita la cittadinanza americana. Drew Weissman è uno scienziato e medico americano nato nel 1959, professore della Facoltà di Medicina alla Pennsylvania University di Philadelphia, e che in passato ha lavorato all’NIH - l’Istituto Nazionale per la Salute - sotto Antony Fauci.
Le scoperte di Katalin Karikó e Drew Weissman ci hanno permesso di produrre vaccini a RNA contro il Covid, ma la stessa tecnologia da loro perfezionata ci permetterà in futuro di generare “vaccini” contro molti tipi di cancro e varie altre malattie. Ma in cosa consistono?
I vaccini a RNA, come quelli Pfizer-Biontech e Moderna, i più efficaci e sicuri contro il Covid, sono costituiti da goccioline di lipidi ognuna delle quali contiene migliaia di copie dell’RNA messaggero che codifica la proteina spike del coronavirus: quando il vaccino ci viene iniettato nel braccio, le goccioline di grasso si fondono con la membrana lipidica delle nostre cellule vicine al sito di inoculazione e iniettano al loro interno le molecole di RNA; quelle nostre cellule si mettono a produrre la proteina spike del coronavirus, poi la espongono sulla loro membrana esterna, i nostri linfociti B e T la riconoscono come estranea e imparano ad attaccarla, e così attaccheranno e neutralizzeranno anche il vero coronavirus qualora infettasse il nostro corpo.
Il primo ad avere l’idea di iniettare l’RNA dentro le nostre cellule usando goccioline di lipidi fu Robert Malone. Nel 1987, quando era ancora uno studente al Salk Institute di La Jolla, in California, mescolò molecole di RNA a goccioline di grasso, che poi versò su colture di cellule umane, le quali assorbirono l’RNA e cominciarono a produrre le proteine codificate da quell’RNA. Malone intuì il grande potenziale della sua scoperta: se le cellule possono creare proteine da un RNA iniettato dentro di esse, scrisse, «è possibile usare l’RNA come farmaco» anche per produrre vaccini.
Ma c’era un problema: negli anni ’90, Katalin Karikó e Drew Weissman, due scienziati che allora lavoravano entrambi alla Pennsylvania University di Philadelphia e che stavano cercando di sviluppare un vaccino a RNA contro l’Aids, osservarono che se l’RNA veniva iniettato nei topi da esperimento scatenava una massiccia risposta infiammatoria che portava quegli animali alla morte, e quindi non poteva essere usato per un vaccino umano. Però i due ricercatori scoprirono che se l’uracile - una delle piccole molecole che compongono l’RNA - veniva sostituita con un’altra molecola chiamata pseudouridina, l’RNA iniettato nel topo diventava innocuo, quindi si poteva usare anche nell’uomo.
Perché Karikò e Weissman stavano cercando di sviluppare un vaccino a RNA? Perché un vaccino a RNA sarebbe stato molto più sicuro ed economico dei vaccini fino ad allora prodotti. Prima, per vaccinare un essere umano contro un virus gli si inoculava un virus “attenuato”, cioè “vivo”, quasi identico a quello selvaggio “cattivo” che provocava la malattia, ma indebolito: l’immunità contro questo virus indebolito proteggeva anche da quello cattivo. Però, alcuni di questi virus “buoni” potevano mutare ridiventando “cattivi”, e in quel caso scatenavano una malattia grave, come accadeva talvolta con il vaccino antipolio Sabin, a virus attenuato, che talvolta poteva causare la poliomiemite in chi lo riceveva.
Oppure, gli scienziati generavano vaccini a virus “inattivato”, che cioè contenevano virus identici a quello selvaggio ma “morti”, cioè incapaci di replicarsi e di mutare, e perciò di dare la malattia: il vaccino antipolio Salk contiene virus inattivato. Però la produzione industriale di vaccini a virus attenuato è lunga è complessa: i virus vanno cresciuti all’interno di cellule di organismi ospiti - più spesso embrioni di pollo all’interno dell’uovo-, richiede tempo e soldi, e spesso le proteine contaminanti dell’uovo possono scatenare reazioni immunitarie in persone ad esse allergiche.
Invece, i vaccini a RNA possono essere prodotti in scala industriale, a bassi costi e velocemente; inoltre, l’RNA modificato come avevano escogitato Karikò e Weissman è una molecola praticamente inerte, innocua per l’uomo, che viene degradata in breve tempo da speciali enzimi all’interno delle nostre cellule, e quindi, dopo avere esercitato la sua funzione, scompare senza lasciare traccia. I vaccini a RNA sono vaccini innocui, puliti, economici e perfetti.
Quando, a gennaio del 2020, gli scienziati identificarono il SARS-CoV-2 come il virus responsabile della pandemia di Covid, e subito dopo scoprirono che esso utilizzava la sua proteina spike per attaccarsi alle nostre cellule e infettarle, e quindi era probabile che
fosse quella più immunogena, molte grandi case farmaceutiche iniziarono a sviluppare vaccini anti-Covid, che erano essenzialmente di tre tipi - vaccini a RNA, vaccini a vettore virale e vaccini a virus inattivato - ed erano tutti diretti contro la proteina spike del coronavirus. Katalin Kalikò, che dal 2013 era stata assunta dalla Biontech fino a diventarne la vice-presidente, convinse la sua compagnia a sviluppare un vaccino anti-Covid a mRNA in collaborazione con la Pfizer. La compagnia biotech Moderna decise di fare lo stesso.
Sapete tutti come è andata a finire. I vaccini a RNA – come quelli di Pfizer-Biontech e Moderna - si sono dimostrati quelli più sicuri e più efficaci contro il Covid. Hanno un’efficacia del 95%, mai raggiunta prima, danno effetti collaterali in casi rarissimi, meno di 1 su un milione, e non possono avere effetti a lungo termine poiché l’RNA viene degradato in breve tempo dalle nostre cellule. Invece, i vaccini a vettore virale, come Astrazeneca - seppure molto più sicuri di quelli del passato, hanno causato rari effetti collaterali quali trombosi atipiche specie in donne adulte, mentre i vaccini a virus attenuato sono di difficile fabbricazione e meno efficaci, e vengono ormai prodotti in nazioni dotate di una tecnologia biomedica superata, come la Cina e la Russia.
Quindi, dovremmo essere tutti grati a Katalin Karikó e Drew Weissman perché ci hanno permesso di avere in breve tempo vaccini efficacissimi e sicuri, e di salvare milioni e milioni di vite umane.
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