Le ricerche dei due scienziati sono alla base dello sviluppo dei vaccini mRna contro il Covid19. L’anno scorso aveva vinto lo svedese Svante Pääbo, l’inventore della paleogenomica
Sono Katalin Karikó e Drew Weissman i vincitori del premio Nobel del 2023 per la medicina (più correttamente: per la fisiologia o la medicina): «per le loro scoperte sui nucleosidi che hanno permesso di sviluppare efficaci vaccini mRna contro il Covid-19».
Katalin Karikó, biochimica ungherese, è vicepresidente di Biontech, l’azienda che ha sviluppato il vaccino Pfizer, ed è la tredicesima scienziata a vincere il premio Nobel per la medicina. Drew Weissman, statunitense, è professore all’università della Pennsylvania, e direttore del Penn Institute for Rna Innovation. È stato borsista al National Institutes of Health, nel laboratorio allora diretto da Anthony Fauci.
La leggenda, raccontata dal Washington Post, vuole che Karikó e Weissman si fossero incontrati in coda davanti alla fotocopiatrice del dipartimento di Neurochirurgia all’università della Pennsylvania, alla fine degli anni Novanta: Karikó gli avrebbe parlato della molecola Rna su cui si stava concentrando, e Weissman si sarebbe detto interessato a un’eventuale applicazione nel campo dei vaccini contro l’Hiv. Karikó sperava in realtà che le sue ricerche portassero a una terapia per gli ictus, ma insieme scoprirono che l’Rna era in grado di provocare una risposta infiammatoria.
L’acido ribonucleico messaggero (mRna) codifica le proteine in base alle “istruzioni” contenute nel dna: l’idea di Karikó e Weissman era introdurre nell’organismo un mRna sintetico con le informazioni necessarie per sintetizzare gli antigeni che sarebbero andati poi a stimolare la produzione di anticorpi. Dopo più di quindici anni di ricerche, non solo scientifiche ma anche di finanziamenti per i loro studi, lo scoppio della pandemia ha dato un’accelerata al lavoro.
A differenza della maggior parte degli altri premi, che vengono proclamati all’Accademia reale svedese, questo è stato trasmesso dal Karolinska Institutet.
Gli altri papabili
Dei premi Nobel, in genere, non si conoscono i nomi dei candidati. Gli appassionati, tuttavia, amano fare ipotesi sui nomi e pure scommettere sui possibili vincitori.
Lo scienziato Santo Fortunato, racconta la rivista Nature, ha persino chiesto a ChatGpt (versione gratuita) di predire i vincitori: questo esperimento non ha dato i risultati sperati, prima di tutto perché l’intelligenza artificiale si rifiuta di predire il futuro, e poi perché nello scandagliare le scoperte scientifiche più rilevanti è andata a ripescare scoperte già premiate, o scoperte di studiosi già morti. Il Nobel, infatti, non può essere assegnato postumo.
In ogni caso, anche Clarivate Analytics, che ha azzeccato più di 70 volte il vincitore di un Nobel, ma non quest’anno, starebbe testando l’intelligenza artificiale per implementare il proprio metodo.
Nella sua lista di nomi papabili c’erano Carl H. June, direttore del Centro per l’immunoterapia cellulare dell’università della Pennsylvania, Steven A. Rosenberg, del Centro per la ricerca sul cancro del National Cancer Institute, e Michel Sadelain, direttore del Centro di ingegneria cellulare del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, per le loro ricerche sull’antigene ricettore delle cellule T e la sua applicabilità nella cura contro i tumori.
Un’altra possibilità era Rob Knight, direttore del Centro per l’innovazione del microbioma, cioè l’insieme dei microrganismi presenti nel corpo umano e delle loro interazioni con l’ambiente in cui si trovano, per la sua ricerca sull’ecosistema microbico nell’organismo.
Gli ultimi nomi fatti da Clarivate sono Clifford B. Saper, professore di neurologia al Beth Israel Medical Center e all’Harvard Medical School, Emmanuel Mignot, professore di medicina del sonno alla Stanford University e Masashi Yanagisawa, direttore dell’Istituto internazionale per la medicina integrata del sonno, dell’università di Tsukuba in Giappone, per i loro studi sul ciclo sonno/veglia, e la scoperta del ruolo dell’oressina come regolatore del sonno e causa della narcolessia.
Le origini
I premi sono stati istituiti per testamento da Alfred Nobel, chimico e industriale nonché inventore della dinamite: il suo intento era celebrare chi, tramite i propri studi o il proprio operato, fosse riuscito a portare i migliori benefici alla storia umana, nei campi della letteratura, della fisica, della medicina, della chimica e della pace. I vincitori, oltre alla gloria, a una medaglia e a un diploma, ricevono circa 11 milioni di corone svedesi, quasi un milione di euro.
Il primo premio Nobel per la medicina è stato assegnato nel 1901 a Emil von Behring per i suoi studi nel campo della sieroterapia: sua (e del collega Shibasaburo Kitasato) la scoperta del siero contro la difterite.
Da allora, il premio Nobel per la medicina, che è stato sospeso solo durante gli anni delle due guerre, nel 1921 e nel 1925, è stato vinto da 225 persone, di cui 12 donne. La prima è stata Gerty Theresa Cori, nel 1947, che insieme al marito scoprì la sintesi del glicogeno nell’organismo umano: il ciclo metabolico di Cori prende il nome proprio dalla coppia di studiosi.
Nel 1986, il premio è andato alla prima e per ora unica italiana della lista, Rita Levi Montalcini, per le sue scoperte sul fattore di crescita nervoso (Ngf), una proteina il cui studio è ancora oggi fondamentale per individuare possibili cure per malattie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica e l’Alzheimer.
L’anno scorso il premio è stato assegnato al biologo e genetista svedese Svante Pääbo, a cui si deve una disciplina mai esplorata prima, la paleogenomica. La motivazione infatti è stata: «per le sue scoperte riguardanti i genomi degli ominidi estinti e l'evoluzione umana». Mappando il dna degli uomini primitivi, Pääbo ha potuto individuare le differenze genetiche che esistono tra gli esseri umani di oggi e gli ominidi estinti.
Pääbo è a sua volta figlio di un premio Nobel, Sune Karl Bergström. Bergström lo vinse nel 1982, quarant’anni esatti prima del figlio, per le sue ricerche sulle prostaglandine, molecole prodotte dall’organismo con un ruolo importante nei processi infiammatori.
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