- Il papa dovrà dire quale ruolo andrà a ricoprire monsignor Gänswein ora che non ha più incarichi in Vaticano, tuttavia in gioco c’è anche la gestione della memoria di Benedetto XVI, fin qui usata fin troppo strumentalmente per attaccare papa Francesco.
- Secondo le volontà del papa emerito le sue carte private andrebbero distrutte. Ma c’è un precedente: monsignor Dziwisz disattese la stessa volontà espressa da Giovanni Paolo II.
- Diverse le critiche arrivate a monsignor Gänswein anche da ambienti conservatori: il card. Muller e il presidente dei vescovi americani, mons. Broglio non hanno gradito gli attacchi pubblici rivolti al papa in questi giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Joseph Ratzinger.
Monsignor Georg Gänswein è stato richiamato all’ordine da papa Francesco. Troppe e obiettivamente sgangherate le uscite dell’ex segretario del papa emerito Benedetto XVI nei giorni successivi alla morte di Joseph Ratzinger.
Così ieri mattina il pontefice lo ha ricevuto in udienza. Un incontro al centro del quale non poteva che esserci la gestione di questi turbolenti giorni, ma anche un’indicazione sull’incarico che spetterà a Gänswein ora che il suo mandato come collaboratore di Ratzinger è finito (in qualità di prefetto della Casa pontificia era stato esautorato da tempo dallo stesso Francesco).
Le posizioni tradizionaliste di Gänswein rendono difficile una sua collocazione alla guida di una diocesi tedesca, in Germania infatti la conferenza episcopale, fortemente impegnata sul fronte del rinnovamento ecclesiale, non gradirebbe troppo una presenza ingombrante come la sua, anche se forse sarebbe la soluzione più semplice e naturale.
Tuttavia, pure in questo caso, molto dipende da cosa deciderà di fare Francesco. Del resto il papa ha detto chiaramente, in questi giorni, cosa pensa del caos suscitato dalle varie dichiarazioni di monsignor Gänswein.
Domenica scorsa durante l’Angelus, pur non facendo esplicito riferimento alla vicenda, il papa ha affermato: «Chiediamoci: io sono una persona che divide o condivide? Pensiamo un po’: io sono discepolo dell’amore di Gesù o un discepolo del chiacchiericcio, che divide? Il chiacchiericcio è un’arma letale: uccide, uccide l’amore, uccide la società, uccide la fratellanza. Chiediamoci: io sono una persona che divide o una persona che condivide?».
Il fronte tradizionalista
Di certo c’è che il tentativo di gettare discredito sul papa in carica usando la memoria del suo predecessore appena scomparso, per di più facendo di fatto pubblicità a un libro in uscita di cui è autore lo stesso Gänswein (titolo “Nient’altro che la verità. La mia vita accanto a Benedetto XVI”), non sembra aiutare più di tanto la causa del fronte conservatore che si oppone a Francesco.
L’“operazione Gänswein” è stata criticata anche dal cardinale Ludwig Gerhard Muller, tedesco, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che pure non ha lesinato critiche al papa argentino nel corso degli anni, e dal capo dell’episcopato americano, l’ultraconservatore monsignor Timothy Broglio, ordinario militare.
Entrambi si sono detti consapevoli che le controversie pubbliche non aiutano la chiesa, anche perché contrapporre un papa a un ex papa indebolisce l’istituzione tout court.
Bruciare le carte private
Fra le altre cose, Gänswein ha annunciato di voler distruggere le carte, gli scritti privati, del papa emerito aderendo così alla sua stessa volontà. Tuttavia in questo senso c’è un precedente interessante: Giovanni Paolo II, nel suo testamento, ha espresso una volontà assai simile, ma è stato il suo segretario personale, il futuro cardinale, Stanislaw Dziwisz, a disattenderla perché si trattava di un materiale di valore che andava studiato e affidato ai posteri.
Wojtyla aveva scritto nel suo testamento: «Non lascio dietro di me alcuna proprietà di cui sia necessario disporre. Quanto alle cose di uso quotidiano che mi servivano, chiedo di distribuirle come apparirà opportuno. Gli appunti personali siano bruciati. Chiedo che su questo vigili don Stanislao, che ringrazio per la collaborazione e l'aiuto così prolungato negli anni e così comprensivo».
Dziwisz aveva spiegato così la sua scelta: «Non ho avuto il coraggio di bruciare le carte e i quaderni degli appunti personali da lui lasciati, perché contengono informazioni importanti sulla sua vita».
In effetti a nove anni dalla morte, nel 2014, la Libreria editrice vaticana aveva pubblicato un volume di 600 pagine che raccoglieva gli scritti inediti di Wojtyla dal 1962 al 2003.
Altre carte, corrispondenze private con leader politici dell’epoca, sarebbero state conservate invece dallo stesso Dziwisz. Gli appunti di Wojtyla, fra l’altro, contengono diverse indicazioni importanti sui fatti salienti della sua vita e del suo pontificato, anche rispetto alla prospettiva futura che immaginava per la chiesa e la fede.
Il ruolo di Gänswein
Secondo Austen Ivereigh, scrittore e biografo di papa Francesco intervenuto nel dibattito via Twitter, la pubblicazione di appunti riservati presenti nel libro di monsignor Gänswein – in particolare alcune osservazioni del papa emerito inviate a Bergoglio su un’intervista rilasciata a Civiltà Cattolica nel 2013 e in relazione ad Amoris laetitia, l‘esortazione post Sinodo sulla famiglia – andrebbero a scalfire il giuramento di fedeltà fatto da Ratzinger a Francesco (che invece l’emerito aveva rispettato) e violerebbero il dovere di riservatezza che pure lo stesso Gänswein aveva nei confronti di entrambi visto la funzione che ricopriva nella curia vaticana.
Per Ivereigh, in ogni caso, il libro non contiene rivelazioni particolari. La sensazione generale è che dalla vicenda emerga, oltre a un aspetto pubblico inerente alla crisi della chiesa, anche uno privato, in cui il vero protagonista non è più Ratzinger ma lo stesso monsignor Gänswein.
È lui infatti a diventare interprete privilegiato dell’ex papa, una funzione che non appare in grado di assolvere in modo equilibrato. Sembra anzi che questa preoccupazione di far emergere eventuali dissidi fra i due papi, contrapposizioni e fastidi reciproci, abbia almeno una doppia motivazione: da una parte cercare di creare un clima favorevole alle dimissioni di Francesco, ma dall’altra è il segno che la stessa rinuncia di Benedetto XVI non è stata mai metabolizzata e accettata dai suoi sostenitori più agguerriti.
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