- La lettera di Meloni al Corriere è stata pubblicata online nel pomeriggio, in perfetta concomitanza con la partenza del corteo degli anarchici a Roma.
- In piazza Vittorio a Roma il presidio, poi diventato corteo senza autorizzazione, non si è trasformato in una guerriglia urbana.
- «Non ci sono allarmi particolari», spiega un’autorevole fonte dell’antiterrorismo. «Il mondo anarco insurrenzionalista è monitorato da un decennio e non abbiamo segnali particolari di innalzamento del livello di scontro».
Per ora il pericolo anarchico è solo nelle parole della presidente del consiglio Giorgia Meloni. Lo ha detto l’altro giorno e lo ha fatto capire ieri con una lettera al Corriere della Sera online.
Ha difeso ancora una volta i suoi Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli (vice presidente del Copasir) e Andrea Delmastro Delle Vedove (sottosegretario alla Giustizia), dopo la diffusione delle relazioni riservate sui colloqui tra l’anarchico insurrezionalista Alfredo Cospito e alcuni boss di mafia reclusi al 41 bis. Quel materiale era stato usato per colpire l’opposizione, accusata platealmente in aula di stare dalla parte di terroristi e mafiosi. Tuttavia, secondo Meloni non meritano le dimissioni e possono stare al loro posto.
Il pericolo anarchico, invece, si riferisce anche alle manifestazioni che si sono tenute ieri. La lettera di Meloni al Corriere è stata pubblicata online nel pomeriggio, in perfetta concomitanza con la partenza del corteo degli anarchici a Roma.
Lì è filato tutto liscio o quasi: all’appello hanno risposto 500 persone tra studenti, militanti dei centri sociali e anarchici. Solo alla fine, intorno alle 18.30, un piccolo gruppo di incappucciati si è staccato, rompendo vetri, incendiando una centralina elettrica e ribaltando tre cassonetti della spazzatura.
L’azione non è stata condivisa da tutti, a tal punto da creare tensioni tra i partecipanti presenti in quello spezzone di corteo. Sono così partite le cariche della polizia. Il tutto è durato pochi minuti e poi tre persone sono state portate in Questura. Ma è stato un lampo di violenza in una giornata di assoluta tranquillità. Anzi, sono proprio gli anarchici sul furgone di apertura del corteo a denunciare: «Hanno caricato un corteo mentre entrava nel quartiere. Ci sono due ragazzi con la testa spaccata. Sono stati manganellati».
Dal muro di casse piazzato sul furgoncino bianco che apre il corteo il suono è potente: non ci sono Bella ciao o Bandiera rossa, all’inizio è musica techno da rave party, l’altra grande entità nemica numero uno di questo governo. I cori, invece, quelli sì, richiamo la Resistenza («ora e sempre»), le lotte contro il potere, «pagherete caro, pagherete tutto» e naturalmente la libertà, «Alfredo libero dal 41 bis».
In piazza Vittorio a Roma il presidio, poi diventato corteo senza autorizzazione, non si è trasformato in una guerriglia urbana. La manifestazione per sostenere la battaglia contro il carcere duro (41 bis) portata avanti dall’anarchico Cospito, condannato tra le altre cose per la gambizzazione del manager di Ansaldo Nucleare, è stata pacifica. Cospito è in sciopero della fame da 108 giorni.
Inizialmente ristretto a Sassari, è stato trasferito a Milano nel penitenziario di Opera, sempre al 41 bis ma con la possibilità di cure che in Sardegna non sarebbe stato possibile assicurargli, visto il suo stato di salute sempre più fragile.
«La Questura ce l’ha messa tutta a descriverci come mostri in combutta con la mafia, saremmo demoni disposti a tutto secondo questa narrazione», dice una delle militanti a lato del furgone addobbato con la bandiera rossa e nera.
Terrorizzare
Ma c’è un fatto che fa capire bene il tentativo di creare un clima di paura nel paese. È accaduto nei giorni che hanno preceduto il sabato della manifestazione per Cospito. Le forze dell’ordine, con i vigili urbani in testa, «sono passati negozio per negozio a suggerire ai negozianti di chiudere le serrande», denunciano gli organizzatori. E in effetti attorno alla piazza, e nei dintorni, è un deserto: i locali sono chiusi e i commercianti sono a casa.
Eppure c’è un chiosco aperto. Il titolare conferma a Domani il racconto degli anarchici: «Hanno seminato er terrore, er panico», dice in romanaccio mentre serve caffè e birre in bottiglie di vetro. «Volevano farci chiudere, e io gli ho detto che avrei tenuto aperto visto che non esisteva un’ordinanza formale che mi impediva de lavorà. Sapevamo che sarebbe stato tutto tranquillo».
Questo racconto spiega a meraviglia il clima che vorrebbe creare chi gestisce l’ordine pubblico, fondato sui messaggi inviati dal governo contro il pericolo anarchico. «Non ci sono allarmi particolari», spiega un’autorevole fonte dell’antiterrorismo. «Il mondo anarco insurrenzionalista è monitorato da un decennio e non abbiamo segnali particolari di innalzamento del livello di scontro».
Gli errori del governo
Di certo, per adesso, la tensione è cresciuta nel paese per merito del governo e della gestione del caso Cospito. La coppia Donzelli e Delmastro Delle Vedove ha contribuito molto a scaldare gli animi e le piazze. Con le loro dichiarazioni e le loro allusioni, rivolte soprattutto all’opposizione del Pd.
Non è stato solo un pasticcio, il metodo Donzelli ha innalzato il livello dello scontro, e potrebbe avere conseguenze anche sulle proteste, soprattutto su quelle future. Molto dipenderà da cosa accadrà nei prossimi giorni.
Dalla decisione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha ricevuto i pareri richiesti sul mantenimento o meno del 41 bis per Cospito.
La procura nazionale antimafia e antiterrorismo guidata da Giovanni Melillo è stata chiarissima: non chiedono la proroga del carcere duro per l’anarchico. A differenza della procura generale di Torino, che vorrebbe la conferma. Tocca perciò al governo fare il governo. E sbrogliare la matassa con le armi della politica e non della propaganda, che per sua natura vede e individua nemici ovunque.
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