Viaggio a Biella e Rosazza, nel giallo dello sparo al veglione dei patrioti. Il ruolo del caposcorta amico. I limiti di età. I silenzi sull’ispezione interna
I ricordi del duce, l’amico scelto come capo scorta nonostante i sopraggiunti limiti d’età, il rapporto quasi simbiotico con la polizia penitenziaria e una rete di fedelissimi con i quali dividere non solo le scorribande politiche, ma anche un affare immobiliare. È tutto questo e un poco di più il regno dell’avvocato, deputato, sottosegretario, Andrea Delmastro Delle Vedove. Le cronache hanno spostato l’attenzione poco distante dal suo feudo, Biella, in un borgo dove i misteri sono di casa. A Rosazza con 200 euro si percorrono i luoghi dell’esoterismo, tra simboli massonici e le suggestive eredità architettoniche di Federico Rosazza Pistolet, che fu senatore due secoli fa. L’ultimo mistero nel piccolo borgo, dove sindaca è la sorella del sottosegretario, Francesca, riporta al 31 dicembre. Di quel giorno resta ancora una domanda senza risposta: chi ha sparato alla festa di Capodanno ferendo accidentalmente Luca Campana?
Per capirlo non dovrebbe servire né un’indagine, indagato è il deputato subito ripudiato, Emanuele Pozzolo, né una seduta spiritica, pratica diffusa ai tempi in queste zone. Quella notte c’erano diversi pubblici ufficiali, consiglieri, assessori, agenti di polizia penitenziaria, in una parola: lo stato. E, invece, a distanza di un mese siamo appesi a una perizia balistica, dopo lo stub positivo (l’analisi di tracce di polvere da sparo), con Pozzolo che nega, dice e non dice, e gli altri che continuano a indicarlo come il pistolero del veglione. Il fatto è che tutti i protagonisti sono legati tra loro: il ferito e Pablo Morello, il caposcorta di Delmastro e suocero della vittima. Quella notte c’erano anche altri commensali, accomunati da rapporti amicali, politici, d’affari. Tutti attorno all’ospite d’onore della serata, il senatore Delmastro.
Il regno di Delmastro
Figlio d’arte, il padre avvocato è stato senatore di An, nostalgico dei tempi andati e del saluto romano. «Delmastro è uno che può darti tutto, ma se viene tradito è implacabile, nessuno si metterebbe contro di lui», racconta chi lo conosce bene. Durante il periodo natalizio in un incontro istituzionale in prefettura ha sollevato un polverone per un cerimoniale che non aveva gradito. «Si sentivano le urla», racconta chi c’era.
Stessa pasta del padre che un giorno, ricordano da queste parti, alla Camera si era scambiato insulti con i leghisti: le perquisizioni in una sede del Carroccio l’oggetto della contesa. «Siete fascisti, vigliacchi, figli di...», urlavano i bossiani scatenando la reazione proprio di Sandro Delmastro che, con gesti eloquenti, chiamava alla contesa rusticana gli alleati, nemici per un giorno: «Vieni a dirlo qui imbecille». Poi di nuovo alleati.
Delmastro, negli anni duri della militanza, alla contesa non si è mai sottratto, anzi, sempre vive le nostalgie dei gerarchi che hanno fatto la storia come Achille Starace, galoppino del duce. Del capo fascista scriveva sui social: «M. (Mussolini) il Mondo lo ha conosciuto e per esso ha conosciuto l’Italia». Quando la presa del potere era un sogno lontano ha incontrato Giorgia Meloni, diventandone un fedelissimo. Prima avvocato e poi inamovibile uomo di governo. È espressione dell’amichettismo della presidente del Consiglio. «Andrea è uno sopra le righe, che non ha saputo gestire il passaggio da peones al ruolo di potere. Con molta disinvoltura ha scaricato Pozzolo che proprio lui aveva fortemente voluto in lista (e poi portato in palmo di mano in questo periodo). Comunque noi gli crediamo, stava fuori da quella sala, ma prima Cospito e ora lo sparo, deve darsi una calmata, ma solo il capo (Meloni, ndr) glielo può dire», dice un alto dirigente di Fratelli d’Italia. Per Meloni, tuttavia, resta inamovibile. Delmastro garantisce anche le relazioni con la polizia penitenziaria togliendo voti e consensi alla Lega, il suo feudo biellese si fonda anche su questo storico connubio, eredità del padre.
La scorta senza età
Per capire il suo potere e il suo regno incontrastato bisogna tornare proprio alla scelta del caposcorta, l’ispettore capo Pablo Morello, presente la notte di Capodanno e dopo il fattaccio ritiratosi in ferie in attesa della pensione. Morello in passato ha fatto anche politica con il sottosegretario con il quale è legato da vecchia amicizia, ma c’è anche altro. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha risposto a un’interrogazione del senatore Matteo Renzi, chiarendo che la scelta è stata assunta dal provveditorato competente, quello piemontese, e non dal protetto.
Proprio dopo i fatti di Capodanno circolava l’ipotesi di aprire un’ispezione interna per verificare le anomalie di quella serata, a partire dalla ragione della mancata prossimità del caposcorta dall’obiettivo tutelato. Il sottosegretario ha raccontato che nel momento dello sparo accidentale si trovava da solo all’esterno della sala. Perché, dunque, Morello non lo ha seguito? Un’ispezione interna avrebbe potuto chiarire la dinamica, quindi per quale motivo è stata accantonata? Il ministero della Giustizia, contattato da Domani, non ha fornito alcuna risposta. Così come nessun chiarimento richiesto è stato fornito sulla questione relativa ai requisiti per la scelta di Morello.
Nel decreto ministeriale del 21 dicembre 2018 l’articolo 8 fissa i criteri di accesso e modalità di reclutamento del personale per le scorte. Tra i criteri c’è l’età, massimo 50 anni, Morello li aveva abbondantemente superati, è nato nel 1964, li ha compiuti nel 2014. L’articolo 2 del decreto citato prevede che per istituire un nucleo operativo occorra un nulla osta del capo di gabinetto e una richiesta del capo del dipartimento. È stato rilasciato? Nessuna risposta anche a questa domanda.
E Morello? Introvabile al telefono e pure a casa, dove sulla parete esterna del garage campeggia una scritta: polizia penitenziaria. Così abbiamo provato con Rita Russo che guida il provveditorato competente per la scelta della scorta quando Delmastro ritorna a casa. «Nessuna dichiarazione né tecnica né di altro», risponde. Morello aveva superato i 50 anni, perché è stato scelto? «Non voglio assolutamente parlare». Silenzio anche quando chiediamo della tramontata ispezione interna. Nel regno dell’amichettismo impera la reticenza.
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