La sentenza della Corte Ue contro l’Uefa rimette in pista l’ex presidente juventino, che un anno fa toccava il punto più basso della sua parabola. Come Giambruno ad Atreju, ha seminato il panico arrivando via Zoom alla videoconferenza del nemico Ćeferin. È un candidato al ruolo di commissioner della Superlega. La voglia di rivincita potrebbe avere altri bersagli. Anche in famiglia.
Come Giambruno ad Atreju. Un altro Andrea presente in terra improvvisamente nemica, con imbarazzo e fibrillazione degli organizzatori. C’è nuovo mare da solcare intorno all’ultimo degli Agnelli a capo della Juventus, forse adesso di nuovo con l’ambizione di tornare in cima alla società bianconera dopo che la sentenza della Corte di giustizia europea ha rimesso fortemente in campo l’ipotesi della sua Superlega. Durante la conferenza stampa tenuta via Zoom da Aleksander Ćeferin, presidente dell’Uefa, nelle ore immediatamente successive al pronunciamento dal Lussemburgo, l’avatar di Andrea Agnelli ha fatto capolino nella lista dei circa 300 contatti collegati da remoto.
Pare sia stato estromesso quasi subito, quando gli amministratori del meeting hanno notato la sua presenza. Segno di nervosismo da parte dell’Uefa e soprattutto del suo presidente. Che al solo udir nominare l’ex compare di battesimo – Ćeferin è il padrino di sua figlia – sente impennare la pressione, figurarsi come avrebbe potuto accogliere un eventuale intervento da remoto, in un momento drammatico come quello di giovedì pomeriggio. Pura cazzimma.
In cerca di riscatti (e vendette?)
Resta il fatto che adesso Andrea Agnelli torna in ballo. E può anche permettersi di aleggiare, balenare, lanciare messaggi che hanno un testo esplicito e un sottotesto ancor più carico di contenuti e significati. Come nel caso del post rilasciato su X, l’ex Twitter, immediatamente dopo la pubblicazione della sentenza. Un frammento del brano degli U2 Where the streets have no name. Un testo che parla di muri da abbattere e di una vita da riprendersi, di sole in faccia e nuvole di polvere che si dissolvono. Il tutto accompagnato dallo slogan «fino alla fine», il mantra del popolo juventino. Un testo che non deve essere stato scelto a caso, visto il suo carattere fortemente evocativo. Tutto in linea con un profilo da novello Conte di Montecristo costretto a sparire dai radar, quasi condannato alla damnatio memoriae, ma che adesso può respirare e pensare a regolare qualche conto. Con chi? Qui la lista rischia di farsi lunga, ma soprattutto di sconfinare dal mondo del calcio.
Rimanendo in quel perimetro, certamente ci sono tutti gli ex amici persi per strada man mano che la fortuna diventava avversa e trasformava il presidente dei nove scudetti consecutivi nel presidente delle plusvalenze incrociate, del profondo rosso nei conti, dell’azzardo fallito della Superlega. Adesso che quell’azzardo si dimostra meno campato in aria, chissà se qualcuno tornerà a cercarlo. Ma è soprattutto fuori dal calcio che Andrea Agnelli potrebbe dirigere le proprie ansie di riscatto.
L’etichetta di “ultimo Agnelli” tiene incorporato il riferimento al cugino John Elkann, col rimando a una saga da parenti serpenti che lo ha visto uscire sconfitto. Sconfitto ma non vinto, a questo punto. Sfumatura non soltanto semantica, poiché a seconda della piega che le cose prenderanno dopo la sentenza della Corte di giustizia europea si potrebbe aprire lo spazio per la rivincita. Lui per il momento oscilla fra presenza e assenza. E già questo esserci e non esserci, o apparire in video-conferenza come un fantasma da tragedia shakespeariana, si presenta come una variabile impossibile da controllare nel gioco politico del calcio europeo e negli equilibri dinastici di casa Agnelli-Elkann.
Una vita da commissioner
Il suo impegno per lo sviluppo del progetto di Superlega era stato annunciato giusto un anno fa, quando gli è toccato uscire dalla Juventus per lasciare posto a una compagine dirigenziale formata da commercialisti e avvocati. E in quel momento pareva una cosa buttata lì, poiché parlare di Superlega nel periodo tra fine 2022 e inizio 2023 era come andare a caccia di Gronchi rosa. Lui è andato avanti.
Durante questo anno di lontananza dalla Juventus e dal calcio italiano ha continuato a vedersi con Florentino Pérez presidente del Real Madrid (“è diventato il suo fantoccio”, ha scritto in modo spietato il quotidiano londinese Times lo scorso febbraio), e a mantenere i contatti con Joan Laporta, presidente del Barcellona. Per Agnelli, libero dall’incombenza di gestire un club, è stato prospettato adesso un ruolo da commissioner per l’organizzazione che nel frattempo ha cambiato concetto e format: una Superlega un po’ meno nobiliare e un po’ più meritocratica.
Se così dovesse essere, ci sarà da vedere come andrà a comporsi il rapporto con Bernd Reichart, il giornalista tedesco che dopo essere stato nominato Ceo di A22 Sport Management (la società che dovrebbe organizzare il torneo) ha preso a parlare il linguaggio della mediazione e del dialogo con le istituzioni calcistiche e gli stakeholders.
La sentenza del 21 dicembre è stata un suo grande successo personale. Subito dopo Reichart ha cominciato a compiere qualche infortunio comunicativo. Come quello che lo ha portato a sminuire la presenza dell’Union Berlino nell’attuale edizione di Champions League, e che gli è valso una risposta piccata da parte del club tedesco. Adesso Reichart dichiara a destra e a manca di essere in contatto con numerosi club europei, compresi quelli che ufficialmente prendono posizione contro la Superlega. Forse sta iniziando ad andare fuori misura, adesso che giocoforza non può più permettersi di tenere il profilo basso. Il comunicatore è meno bravo a comunicare che a tessere? Resta il fatto che l’arrivo di un Andrea Agnelli nel ruolo di commissioner porrebbe la questione del ruolo di Reichart. Anche per lui il ritorno in scena dell’ex presidente bianconero potrebbe essere un problema.
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