I familiari della vittima hanno depositato in procura a Cosenza una querela contro il compagno della ragazza ipotizzando uno scenario estraneo alla fatalità
Troppi dubbi, troppe ombre, troppe domande ruotano attorno alla morte di Ilaria Mirabelli, la 38enne di Cosenza, trovata senza vita nella frazione di Lorica a 50 metri dall’auto su cui viaggiava lo scorso 25 agosto. Dopo una prima ricostruzione, l’Anas classifica il caso come «incidente stradale autonomo»: la macchina su cui si trovava la donna, insieme al compagno Mario Molinari di 44 anni, non si sarebbe scontrata né con un altro veicolo né contro altri ostacoli. Tutto farebbe dunque pensare a una tragica fatalità dovuta all’auto che all’improvviso sbanda, seppur sul terreno non siano stati rinvenuti segni di frenata.
«Ma com’è morta davvero Ilaria?», si chiedono i familiari della vittima che intendono vederci chiaro. Motivo per cui, non convinti delle “versioni ufficiali”, hanno appena depositato in Procura, a Cosenza, una querela contro lo stesso Molinari per ipotesi di omicidio e omicidio stradale.
I punti controversi
Sono diversi, in questa storia, gli “elementi” che d’altronde non tornano. In primis, le ferite riportate dalla donna in tre punti differenti del corpo e che, in base all’esame autoptico, non sarebbero compatibili con quelle provocate da un incidente stradale. Poi ci sono i dubbi su chi effettivamente guidasse quella notte d’estate sulla Statale 108 bis.
Molinari avrebbe più volte ribadito che al volante della Volkswagen di proprietà di suo padre - macchina trovata col parabrezza semidistrutto e la parte anteriore intatta - ci fosse la compagna. Ma è una versione, quest’ultima, che non convince l’avvocato della famiglia Mirabelli, Guido Siciliano, che si sta avvalendo della collaborazione di due periti di parte: il medico legale Maurizio Chimenz e l’ingegnere Fabrizio Coscarelli.
«Dai nostri riscontri abbiamo notato una maglietta azzurra, a terra, lato guidatore, una volta che la macchina ha fermato la sua corsa - dice a Domani il legale Siciliano -. Quella stessa maglia, rinvenuta dall’ingegnere Coscarelli sul luogo dei fatti, di taglia XXL, sembrerebbe quella indossata da Molinari poco prima dell’incidente: ci sono dei filmati che lo dimostrano».
Ci sarebbe, infine, un ulteriore particolare che amplifica dubbi e perplessità. Sulla strada su cui Ilaria Mirabelli ha trovato la morte, la stessa che conduce alle montagne della Sila e che non risulterebbe esser stata chiusa a seguito del fatto, sarebbero stati trovati due cellulari: uno della vittima, l’altro di Molinari, risultato positivo, inoltre, all’alcol test. Solo successivamente un secondo telefono appartenente a Ilaria sarebbe comparso, consegnato agli inquirenti dallo stesso Molinari. Cosa c’è in quel telefono?
La Procura di Cosenza ha intanto aperto un fascicolo sul caso. La pm Donatella Donato indaga per omicidio colposo contro ignoti, mentre l’avvocato Siciliano invoca la possibilità «di aprirlo, il fascicolo, contro noti, in modo che le attività di indagine possano avere ulteriore impulso». La città bruzia è sconvolta dall’accaduto.
Mirabelli era ultrà del Cosenza Calcio, una vera e propria fede laica nei confronti della squadra rossoblù che condivideva col compagno con cui invece si frequentava da poco tempo. Un divorzio alle spalle, la donna avrebbe voluto aprire un laboratorio orafo. Ai suoi funerali Mario Molinari non è stato presente. «La famiglia - dice ancora l’avvocato Guido Siciliano - era preoccupata da questa relazione, non ne era felice».
Verità e giustizia
«È stato un incidente? Vogliamo saperlo. Non è stato un incidente? Vogliamo saperlo ugualmente», scrive il collettivo Fem.In sui social, chiedendo verità e giustizia sulla morte di Ilaria Mirabelli. Le attiviste cosentine parlano di «negligenza nelle indagini» e così continuano: «Vogliamo che, come dovrebbe accadere di fronte ad ogni tragedia di questa portata, venga fatta luce su cosa è successo a Ilaria. È un nostro diritto di cittadine e cittadini saperlo».
Un commento arriva anche dalla fondazione cosentina che porta il nome di Roberta Lanzino, la 19enne violentata e uccisa oltre trent’anni fa mentre percorreva in scooter la strada che porta al Tirreno cosentino e il cui omicidio è tuttora rimasto impunito. «A chi di competenza chiediamo di non fare errori madornali, di non trascurare nessun dettaglio che possa aiutare a dare risposte di verità», scrive la fondazione da sempre accanto alle donne. «Una stella risplende», è invece la scritta che campeggia su uno striscione esposto allo stadio San Vito-Marulla di Cosenza. Su quegli spalti s’era seduta Ilaria Mirabelli pochi giorni prima di trovare la morte all’ombra dei pini larici e dei boschi secolari della Sila.
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