Dopo la nota pubblicata dalla regione, l’incontro organizzato dalla scuola in collaborazione con Ics è stato spostato a data da destinarsi. Un mediatore culturale avrebbe dovuto raccontare la propria storia, ma per la regione è una visione di parte. Il Consorzio: «Vige l’idea autoritaria per cui le informazioni devono provenire solo dalle istituzioni, non può esistere un altro punto di vista»
Avrebbero dovuto incontrare gli studenti dell’istituto comprensivo Italo Svevo di Trieste per parlare di accoglienza e inclusione. Ma questa mattina il mediatore culturale Ismail Swati e il Consorzio italiano di solidarietà non lo hanno fatto. «Appuntamento sospeso, non ce lo ha comunicato la scuola, lo abbiamo saputo dai giornali ma poi, una volta contattato il docente che aveva organizzato l’incontro, abbiamo ricevuto conferma. Una decisione assunta probabilmente a seguito della posizione assunta dall’assessorato regionale rispettivamente all’Istruzione e alla Sicurezza», commenta il presidente del Consorzio, Gianfranco Schiavone.
«Visione univoca della realtà»
Per questa storia bisogna infatti fare un salto indietro, fino alla nota del 15 maggio della Regione Friuli Venezia Giulia che aveva mostrato diverse perplessità in riferimento all’appuntamento.
«Grave che all’interno di uno spazio pubblico come una scuola, a dei giovani studenti, su un tema estremamente complesso come l’immigrazione irregolare, venga offerta una visione univoca della realtà, argomentata da chi riceve soldi pubblici per gestire l’emergenza e da chi potrebbe essere arrivato illegalmente in Italia», si legge appunto nella nota della Regione Friuli Venezia Giulia.
Per gli assessori all’Istruzione e alla Sicurezza è necessario capire se per l’evento in questione sia «stata valutata l’opportunità di organizzare un incontro così politicamente orientato in piena campagna elettorale». Ma soprattutto per gli assessori «una scuola pubblica dovrebbe offrire una rappresentazione della realtà riportata primariamente dalle istituzioni che hanno competenza in materia: la prefettura sull’accoglienza, la polizia sui flussi irregolari e sul rilascio dei permessi, il Comune sulla gestione dei minori non accompagnati, la regione sulle norme di settore». Da qui l’annuncio di voler chiedere un approfondimento all’Ufficio scolastico regionale.
«Inopportuno dare voce a un migrante irregolare»
Domani ha dunque contattato Alessia Rosolen, assessora all’Istruzione, che è ferma nella sua posizione ma garantisce che «la scuola non ha ricevuto alcuna richiesta circa la sospensione dell’incontro da parte della regione». Un incontro «inopportuno – continua Rosolen – perché su temi così delicati bambini di 12 o 13 anni dovrebbero ascoltare le istituzioni, dalla questura alla prefettura. E invece – chiosa – si è scelto di dare la parola a un migrante irregolare e a una cooperativa politicamente schierata».
Quando facciamo notare che forse si sarebbe trattato di una testimonianza diretta, di una storia raccontata di chi l’ha vissuta sulla propria pelle per l’assessora non ci sono ragioni. «A parlare a dei ragazzini non può essere un migrante irregolare».
Il Consorzio italiano di solidarietà è attivo nel campo dell’accoglienza a Trieste dal 1998. «Abbiamo attraversato venti governi – dice ancora il presidente Schiavone –, ma mai come oggi affrontiamo un’epoca fatta di assoluta aggressività. Dicono che non ci sia stata nessuna richiesta da parte della Regione? Per noi c’è un nesso di casualità invece e la vicenda è assai bizzarra. Dicono che Ismail sia un irregolare? Non sanno come stanno le cose. Lui avrebbe soltanto raccontato la sua vita».
Comprare il silenzio
Per Schiavone, che guida il Consorzio da molti anni, l’elemento che colpisce è «l’idea autoritaria per cui le informazioni devono provenire solo dal mondo istituzionale, non può esistere un altro punto di vista. Ciò che viene dalle istituzioni, quando sono da loro controllate (dalla maggioranza ora al governo, ndr) deve essere l’unica fonte». Il presidente di Ics sottolinea come non sia ammessa «una pluralità» e si rifiuti l’idea che una visione alternativa o differente possa essere comunque autorevole.
In questa storia si aggiunge però un ulteriore elemento. Ics collabora con le istituzioni da circa trent’anni, gestendo diversi centri di accoglienza e Sai, il sistema di accoglienza diffuso.
Un’attività di sensibilizzazione come quella proposta alla scuola, nella visione dell’amministrazione regionale, prosegue Schiavone, «non può arrivare dagli enti che hanno rapporti di cooperazione con le istituzioni medesime», perché «non è pensabile che questi enti abbiano una loro esistenza e autonomia al di fuori di quel contratto»: «Ciò che viene comprato non è il servizio, è il silenzio», conclude il presidente di Ics.
Egemonia culturale
Il Movimento di cooperazione educativa (Mce), che si impegna nel rinnovamento della didattica e lavora per una pedagogia popolare, ha espresso solidarietà all’istituto Italo Svevo, che, come Pioltello, è un altro esempio «di una politica che usa la scuola per costruire la sua egemonia culturale», si legge nel comunicato.
L’Mce la considera una «grave violazione dell’autonomia scolastica, fondamentale per un’istruzione che rispetti la libertà di insegnamento e il pluralismo culturale», minando, continua il movimento, la fiducia nel sistema educativo, che dovrebbe custodire i valori democratici e dell’inclusione.
Si chiede dunque alla politica di evitare future ingerenze nel campo educativo, affinché la scuola non si trasformi in un campo di battaglia politica.
Questo giornale ha provato a mettersi in contatto con la dirigente scolastica dell’Ic Italo Svevo ma finora non è stato possibile raggiungerla. Nell’attesa c’è un dato di fatto: oggi gli studenti non ascolteranno quella storia di accoglienza, unica come tutte le storie, simile a tutte le storie. Ma magari aprendo il libro sul proprio banco si imbatteranno in quella di Trieste, che ai primi del Novecento accolse James Joyce, straniero in un paese straniero.
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