Estorsione mafiosa. Simone Di Marcantonio è accusato dalla procura antimafia di Roma di essere il mandante di una spedizione per bloccare l’incasso di un assegno. Con l’aggravante di averlo fatto utilizzando il metodo della mafia. L’inchiesta è solo l’ultimo atto di una serie sul potere criminale egemone a Latina e provincia, incarnato da due sigle, due famiglie: Di Silvio e Ciarelli. Di Marcantonio in questo contesto di minacce, violenza, controllo del territorio, è stato arrestato perché sospettato di aver incaricato due esponenti del clan di Latina di intimidire un suo «prestanome», ora collaboratore di giustizia. In pratica gli uomini della cosca armati di pistola hanno scortato la vittima fino alla banca per assicurarsi che non incassasse un assegno. Fin qui potrebbe sembrare una normale operazione contro i clan locali, il «mandante» tuttavia ha una storia particolare, tra politica e sindacato.

Di Marcantonio, infatti, è una creatura politica di Claudio Durigon, il potente ex sottosegretario del governo Draghi che si è dovuto dimettere dopo varie figuracce, in ultimo la sparata sul parco Falcone e Borsellino da intitolare al fratello di Benito Mussolini. Durigon è anche il capo della Lega nel Lazio, uomo di assoluta fiducia di Matteo Salvini, tanto che nonostante il passo indietro ha lasciato che Durigon ponesse un veto sul suo sostituto per l’incarico di sottosegretario all’Economia. Era presente anche all’ultimo incontro con Mario Draghi sulle pensioni, in qualità di responsabile Lavoro della Lega. Di Marcantonio, nel 2018, diventa responsabile dei settore partite iva del sindacato, nominato con tanto di foto di rito, da Armando Valiani, coordinatore regionale del sindacato fino a giugno e anche della Lega a Latina. Alle prime relazioni sospette emerse da alcune indagini, Valiani aveva fatto sapere di aver rimosso Di Marcantonio perché «poco produttivo». Di certo l’Ugl e la Lega di Salvini nel Lazio hanno un rapporto simbiotico. Valiani nel frattempo con un tempismo perfetto si è dimesso da segretario della Lega Latina, il giorno prima dell’arresto di Di Marcantonio.

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Estorsione

Nelle carte dell’ultima inchiesta della squadra mobile di Latina, guidata da Giuseppe Pontecorvo, e coordinata dalla procura capitolina diretta da Michele Prestipino c’è molto materiale su Di Marcantonio. É documentata per esempio l’azione estorsiva che lui ha ordinato agli esponenti del clan Ciarelli, di origine nomade come i più noti Di Silvio con cui si contendono il territorio della cittadina pontina. Sullo sfondo dell’estorsione ideata dall’ex sindacalista nominato da Durigon c’è l’eterno scontro tra i gruppi della criminalità organizzata che governano il territorio. Famiglie che sono state spesso usate dai candidati per le campagne elettorale, è il dato emerso in numerose indagini dell’antimafia di Roma. In una di queste è indagato per voto di scambio l’europarlamentare della Lega, Matteo Adinolfi.

La vittima dell’estorsione nel caso Di Marcantonio si chiama Emilio Pietroboni. È un ragazzo del giro, «vicino ai Di Silvio» e si definisce prestanome dell’uomo di Durigon. Da qualche tempo è un collaboratore di giustizia, che ha così ricostruito la violenza subita: «Loro mi hanno visto, mi hanno seguito, mi hanno fermato, mi ha fatto vedere la pistola che aveva nella cinta dei pantaloni e mi ha fatto salire in macchina portandomi sino alla banca. Siamo entrati in banca dove seguendo le loro indicazioni ho cercato di bloccare l’assegno». I soldi, oggetto del contendere, sono di una delle aziende riconducibili a Di Marcantonio, e che, spiega Pietroboni ai magistrati, «aveva preso su ordine» di un altro personaggio legato ai clan in attrito con il sindacalista nominato dall’ex sottosegretario.

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La nomina di Durigon

Di Marcantonio è stato nominato nel maggio del 2018 dirigente Ugl, con tanto di lettera firmata da Durigon che, per qualche mese, aveva mantenuto l’incarico nel sindacato anche dopo le elezioni del 4 marzo, data della sua elezione in parlamento. Dopo il sindacato(lasciato un anno dopo l’incarico), Di Marcantonio si avvicina anche alla Lega. Non è la prima volta che il nome di Di Marcantonio è citato in documenti giudiziari dell’antimafia.

Lo ritroviamo, per esempio, nella richiesta di sequestro di beni nei confronti di un imprenditore originario della Calabria, Sergio Gangemi, secondo gli investigatori legato alle famiglie della ‘ndrangheta e condannato in secondo grado per un’estorsione: «Di Marcantonio risulta essere un prestanome di Gangemi», si legge nel provvedimento del tribunale di Roma che ha disposto il sequestro milionario nei confronti dell’imprenditore. Nello stesso documento troviamo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Riccardo Agostino, lo stesso che accusa i leghisti di contiguità con le cosche locali: «Gangemi ha un prestanome, Simone Di Marcantonio. Quando gli abbiamo fatto un’estorsione è intervenuto Gangemi e ci ha detto che dovevamo lasciarlo stare». Gangemi e Di Marcantonio, sempre secondo il pentito di Latina, conducono a un altro uomo di Durigon e della Lega: Andrea Fanti, che ha curato la campagna elettorale del sottosegretario nel 2018 e tuttora è militante del partito.

Quando Fanti si è candidato nel 2016 al consiglio comunale del capoluogo pontino, nella lista di centrodestra, Di Marcantonio «ci chiamò per dirci che avremmo dovuto fare di tutto per aiutare Fanti. Fanti era il migliore amico di Di Marcantonio, di Gangemi e di tutto il gruppo» aveva detto ai magistrati di Roma l’ex boss di Latina. Domani aveva contatto Di Marcantonio all’epoca dell’ultimo articolo pubblicato sui legami pericolosi di Durigon, che ha beneficiato, inoltre, dell’appoggio elettorale di un altro professionista in rapporti con il clan di Latina. Di Marcantonio rispondendo alle nostre domande aveva assicurato che «relativamente alle vicende citate tutto verrà chiarito nelle sedi opportune». Sono le ultime parole prima dell’arresto per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Di certo chi indaga vorrà sapere da lui molte cose, a partire dai rapporti con la politica locale, che a Latina ha fatto il salto nazionale.

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