A San Siro la prima partita dell’Inter dopo gli arresti dei capi ultrà. I dirigenti delle curve non indagati rassicurano: «Il tifo continuerà». Intanto dalle carte emergono nuovi fatti
In un San Siro scosso dalla cronaca giudiziaria, la sfida di Champions League tra Inter e Stella Rossa ha un sapore diverso dal solito. Le attenzioni, questa volta, non sono rivolte solo sulle performance di Lautaro e compagni. Il giorno dopo il blitz che ha decapitato i vertici delle due curve milanesi, le luci, oltre che sui 22 uomini in campo, sono puntate su un settore preciso dello stadio: il secondo anello verde, casa del tifo organizzato nerazzurro.
La parola d’ordine di entrambe le tifoserie è «normalità», fare finta di niente. Gli ultrà del Milan, in Germania per la trasferta contro il Leverskusen, si sono mossi compatti in corteo verso lo stadio. Per l’Inter, impegnato in contemporanea al Meazza, la linea l’ha dettata Nino Ciccarelli, esponente storico del panorama ultrà (non indagato) che insieme a Marco Ferdico (ora in carcere) è il volto social della Nord: «Il tifo ci sarà. Bisogna cantare. Non molliamo niente!», ha detto in un video pubblicato sul suo seguitissimo profilo Instagram.
Ma fare finta di niente è impossibile. A San Siro una prima novità c’è già stata: l’assenza dello striscione con cui gli ultrà interisti fino a ieri si identificavano, come anticipato dallo stesso Ciccarelli. Le “pezze” espote in curva, nella logica ultrà, dicono molto sui rapporti di potere tra i vari gruppi che siedono nello stesso settore. E proprio l’adozione di uno striscione unico – prima “Curva Nord 1969”, poi solo “Curva Nord” – dice molto sulla rapidissima scalata di Antonio Bellocco.
C’è un passaggio, nelle carte dell’inchiesta, che spiega bene il ruolo del rampollo di ‘ndrangheta e il legame simbiotico che si era venuto a creare tra tifo, affari e criminalità: «Bellocco, forte della sua fama criminale (…), spalleggiava Ferdico e Beretta (l’assassino di Bellocco, ndr) per riunire il tifo organizzato interista sotto un’unica regia, “sopprimendo” tutti gli altri gruppi del tifo organizzato così garantendosi in esclusiva i guadagni derivanti dalla gestione delle attività illecite». Anche per questo Beretta ha imposto «la consegna dello striscione che identificava ciascun gruppo ultrà della curva».
Bellocco si era trasferito a Milano appena dopo l’omicidio dello storico leader della Nord Vittorio Boiocchi, in un momento di «riorganizzazione della Curva Nord». Le date permettono di unire i puntini. Boiocchi viene ucciso il 30 ottobre del 2022. Il 12 novembre, scrivono gli inquirenti, è provata la «comparsa sulla scena di un ulteriore soggetto di origini calabresi»: Bellocco, appunto.
Arrivato all’ombra della Madonnina «grazie a Ferdico, che gli procurava alloggio e occupazione lavorativa fittizia», una delle prime conseguenze è stato l’allontanamento di altri gruppi, come gli Irriducibili, «deputati a succedere a Boiocchi», e l’effetto deterrente verso altre famiglie calabresi che, nel vuoto di potere che si era creato, volevano mettere le mani sugli affari che ruotano attorno a San Siro. Lo spiega bene Beretta in una conversazione con lo stesso Bellocco: «Tu fai quello che devi fare, cioè mandare via i tuoi paesani».
La prima questione, si legge nelle carte dell’inchiesta, «riguardava la gestione della biglietteria». Un business non indifferente, dove a volte – come nel caso della finale di Champions a Istanbul – gli ultrà rivendevano biglietti a un prezzo dieci volte superiore rispetto a quello a cui li acquistavano dalla società. «Da 80 li rivendono a 900», spiega in una conversazione intercettata l’ex giocatore dell’Inter, Marco Materazzi. Un giro d’affari che frutta fino a «600 mila euro» l’anno, dice Ferdico, «200 mila a testa» da dividere con Beretta e Bellocco.
E poi c’è il grande tema dei parcheggi, con Bellocco che, dietro compenso e grazie al suo cognome, garantiva a Giuseppe Caminiti, anche lui finito in carcere, che nessun’altra cosca si sarebbe interessata della gestione dei posti macchina.
Ma ci sono anche giri che partono dalla Curva ma che non hanno a che fare con le attività intorno allo stadio. Come la richiesta di protezione che un imprenditore aveva chiesto a Bellocco e Beretta per tramite di un suo «amico sardo» che aveva «subito delle prepotenze» da due soggetti legati ai Boys Roma, gruppo ultrà nerazzurro della capitale. Anche qui le cifre sono a quattro zeri: «40 mila euro corrisposti ad Antonio Bellocco attraverso prestanome».
E sempre i soldi sono uno degli elementi all’origine delle coltellate con cui Beretta lo scorso 4 novembre ha ucciso Bellocco che, secondo quanto emerge, aveva un piano per farlo fuori. Perché a detta del rampollo calabrese, Beretta teneva per sé una torta troppo grande dei circa 600 mila euro che ogni anno riusciva a guadagnare con il suo negozio di merchandising di Pioltello. «Io gli ho dato le chiavi in mano a loro (…). È tutto mio». Uno smacco per chi si vantava di avere ormai il pieno controllo della Curva Nord.
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