I palazzi della politica restano in silenzio di fronte al caso del capo della polizia, Vittorio Pisani, e ai vitalizi ottenuti in famiglia grazie al riconoscimento dello status di «vittima del dovere». Tutto legittimo, certo. Ma la questione è di opportunità e di possibili conflitti di interessi con l’incarico ricoperto. Nella maggioranza l’auspicio è che la cosa passi sotto silenzio.

La nomina del prefetto è stata fortemente voluta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, da sempre estimatore di Pisani, e dal vicepremier leghista, Matteo Salvini, con l’assenso obbligato del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. La linea è quella di tenere “bassa” la vicenda.

Ma, se il silenzio della maggioranza era prevedibile, sorprende l’immobilismo delle opposizioni. Ad annunciare a Domani la presentazione di un’interrogazione è solo Angelo Bonelli di Alleanza verdi-sinistra. Nei prossimi giorni il deputato di Avs, Devis Dori, depositerà alla Camera l’atto per chiedere alla ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, e al titolare del Viminale Piantedosi «di fare chiarezza sulla vicenda».

Bocche cucite nel Pd: il partito non assumerà iniziative e, al momento, neanche i singoli parlamentari hanno annunciato atti ispettivi. E il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte? Frenati gli ardori degli esordi in parlamento, nessuno proferisce parola su una questione che riguarda i vitalizi (seppure non di politici).

Del resto nel 2019, quando la stella di Pisani è tornata a brillare con la nomina a vicedirettore dell’Aisi, a palazzo Chigi c’era Conte alla guida della coalizione Lega-M5s. La nomina arrivò grazie alla spinta di Salvini che lo aveva apprezzato da responsabile dell’immigrazione al ministero.

Tra i deputati del M5s c’è l’ex procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, che non ha voluto commentare l’inchiesta, ma conosce benissimo Pisani. Nel 2011 entrarono insieme nel covo di Michele Zagaria, il boss del clan dei Casalesi, per catturarlo. Tra i due, comunque, non c’è mai stato particolare feeling.

I fatti

Il caso crea imbarazzi. Come raccontato da Domani, Pisani ha ottenuto per sé la possibilità di avere un assegno mensile, di almeno 2mila euro, più l’elargizione di un indennizzo una tantum a seguito di un’istanza presentata nell’aprile 2023 per diventare beneficiario delle misure destinate alle «vittime del dovere».

La domanda è stata depositata quando Pisani era vicedirettore dell’Aisi, i servizi segreti interni, e poche settimane prima di diventare capo della polizia. L’incidente che ha innescato la richiesta risaliva al 1996, quando il poliziotto riportò un infortunio al polso. Un acciacco fisico riconosciuto dipendente da causa di servizio con contestuale concessione di un precedente «equo indennizzo».

Già in precedenza, però, Pisani aveva maneggiato in famiglia una richiesta per ottenere lo status di «vittima del dovere». La battaglia era iniziata in favore del suocero, Vincenzo Pirone, ex ispettore della squadra mobile di Napoli.

Pisani, nonostante il legame di parentela, aveva firmato nel 2010 un rapporto sulla vicenda. In quel documento ricordava l’impegno di Pirone in «particolari condizioni ambientali», uno dei fattori dirimenti nella richiesta della famiglia.

Dopo una serie di bocciature delle istanze del Viminale, nel 2020 c’è stato il pronunciamento di un giudice del lavoro che ha accolto il ricorso. Il rapporto di Pisani è stato citato nelle motivazioni del verdetto, che ha aperto le porte al vitalizio agli eredi di Pirone, tra cui Giulia Pirone moglie dell’attuale capo della polizia. L’attesa è per la risposta del governo all’interrogazione.

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